Spettacoli

Otello – Teatro Municipale, Piacenza

Piacenza, Teatro Municipale, 17/12/2023

La stagione d’Opera 2023/2024 del Teatro Municipale di Piacenza si inaugura con Otello di Giuseppe Verdi.

“Temete, signor, la gelosia! È un’idra fosca, livida, cieca, col suo veleno sé stessa attosca, vivida piaga le squarcia il seno.” Con queste parole Arrigo Boito, librettista di Otello, ripropone i celebri versi di William Shakespeare. La gelosia, che per Marcel Proust è “[…] solo un inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell’amore” è al centro del dramma di Shakespeare, musicato da Giuseppe Verdi nel 1887. Questo spettacolo nasce come coproduzione tra il Teatro Municipale di Piacenza, il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, il Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia, il Teatro Coccia di Novara e il Teatro Sociale di Rovigo.

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Gregory Kunde e Francesca Dotto

Italo Nunziata sposta l’azione nell’Ottocento, una regia misurata la sua, minimalista, che sfrutta pochi elementi sul palco e le belle scene di Domenico Franchi. Il rosso, colore della passione, tinge i grandi pannelli mobili in scena. Uno spazio mentale, più che reale, come leggiamo nelle note di regia, uno spettacolo garbato che lascia il primo piano alla musica e al canto. Ben pensate le luci a cura di Fiammetta Baldisseri. Riuscitissimi i costumi del sempre bravo Artemio Cabassi che si ispirano alla moda del secolo decimo nono. 

Ottimo il versante musicale dello spettacolo.

Merito, senza dubbio, di un terzetto di protagonisti vocalmente ben amalgamato e scenicamente affiatato. 

Si dice Otello, si legge Gregory Kunde. Il tenore americano vanta, infatti, una frequentazione ultra decennale con il personaggio del Moro di Venezia, ruolo con il quale ha raccolto diversi trionfi sui principali palcoscenici del mondo. Inevitabile, quanto inutile sottolineare il naturale impoverimento degli armonici in una vocalità dal timbro che non ha più la freschezza di un tempo. Ma è altrettanto strabiliante constatare l’infaticabile tenuta di una linea saldissima, che si dispiega nelle previste (e alquanto numerose) incursioni verso il registro acuto con facilità ed ampiezza impressionanti. Se l’ingresso in primo atto viene sciorinato con spavalda fermezza, è dall’atto successivo che Kunde sembra dare fuoco alle polveri addomesticando la propria vocalità con un controllo tecnico assoluto e che testimonia la grandiosità di una carriera che ha superato i quattro decenni di attività. Non solo voce, però in questo Otello, ma grande attenzione alle sfumature e ai segni d’espressione, per poter sbalzare al meglio tutte le contraddizioni di un personaggio roso dal dubbio e dalla gelosia. Ciliegina sulla torta è, infine, il finale, quel “Niun mi tema” di toccante, quanto emozionante, disperazione.

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Luca Micheletti e Antonio Mandrillo

Al fianco di un Otello tanto maiuscolo, trionfa lo Jago di Luca Micheletti, protagonista di una prova semplicemente perfetta. Il baritono bresciano possiede una vocalità preziosa che, con spiccata morbidezza, sembra adattarsi come un guanto alla scrittura verdiana. Se i centri sono rigogliosi, gli acuti sono folgori e, grazie al totale dominio tecnico, non si avverte alcuna sbavatura, neppure nel passaggio più insidioso. Se l’esecutore è ottimo, l’interprete è sorprendente. La cura e la ricercatezza del fraseggio fanno di questo Jago un uomo elegante e raffinato, ma, al tempo stesso, insinuante e di spietata freddezza. Ogni frase viene valorizzata con la giusta intenzione espressiva e nulla è mai lasciato al caso, financo il più piccolo movimento. Quello di Micheletti, per quello che abbiamo ascoltato in questa occasione, è già uno Jago di riferimento, giustamente accolto al termine della recita con un meritato boato di acclamazioni. 

Tra questi due leoni, la Desdemona di Francesca Dotto si ritaglia un buon successo personale. Atttaverso una vocalità calda e brunita, il soprano disegna un personaggio autentico e di grande umanità, meno fanciulla e più donna, vittima consapevole di un mondo così tanto maschilista. La totale immedesimazione nel ruolo, testimoniato dalla costante ricerca della verità del fraseggio, rende questo personaggio ancora più coinvolgente e ne accresce la forza drammaturgica nell’opera. Da un punto di vista vocale, si nota l’intenzione di affrontare la scrittura con morbidezza e linearità, quasi a voler suggerire la spontaneità, e quindi la modernità di questo carattere. Una prova complessivamente di valore che trova il proprio culmine della delicata e raffinata esecuzione della “canzone del salice” e la seguente preghiera in quarto atto. 

Perfettamente a fuoco il Cassio di Antonio Mandrillo, in possesso di un mezzo dalla buona musicalità e dalla evidente facilità nell’emissione.

Molto brava anche Carlotta Vichi, la sua Emilia è un cameo di eleganza vocale ed interpretativa.

Incisivo e ben scolpito il Lodovico di Mattia Denti.

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Luca Micheletti

Andrea Galli infonde in Roderigo la limpidezza di un timbro chiaro. 

Completano la locandina Alberto Petricca e Eugenio Maria Degiacomo che ben si disimpegnano nei ruoli, rispettivamente, di Montano e un araldo. 

Sul podio, il Maestro Leonardo Sini offre una lettura coinvolgente e a tratti trascinante del capolavoro verdiano. Nella prova di Sini si percepisce un lavoro meticoloso sulle sonorità orchestrali in un più ampio discorso musicale complessivo scandito da ritmi incalzanti e dalla spiccata presa teatrale. Sini si addentra, così, nelle radici del dramma verdiano e lo restituisce al pubblico nella sua essenza di viscerale e profonda disperazione. Un plauso particolare, grazie all’apporto di una Filarmonica Arturo Toscanini in grande spolvero, alla capacità del direttore di ricercare il giusto equilibrio tra le grandi scene corali e quelle più intime e raccolte dove si consuma il dramma dei protagonisti. 

Molto bene ha fatto il Coro del Teatro Municipale di Piacenza che, sotto la guida di Corrado Casati, protagonista di una prova di avvolgente intensità.

Adeguato, infine, l’apporto del Coro di voci bianche del Conservatorio Giuseppe Nicolini preparato da Giorgio Ubaldi.

Al termine dello spettacolo, il numerosissimo pubblico presente (ben pochi post liberi in sala), accoglie tutto il cast e direttore con grande calore, riservando un trionfo al calor bianco per i tre protagonisti. Piccola nota di colore: l’infuocata esecuzione del duetto “Sì pel ciel marmoreo giuro” tra Otello e Jago in secondo atto, scatena un tale entusiasmo da parte della sala, da costringere Kunde e Micheletti ad uscire alla ribalta dove i due si stringono in un grande abbraccio tra le acclamazioni generali.

Una grande serata di musica e teatro per una grandiosa inaugurazione di stagione. 

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

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Luca Micheletti, Carlotta Vichi, Francesca Dotto, Gregory Kunde

Il Teatro Municipale di Piacenza inaugura la stagione d’opera coi fuochi d’artificio! Applausi, ovazioni e chiamate alla ribalta hanno scandito il ritmo di questo Otello davvero emozionante.

Lo spettacolo di Italo Nunziata, con scene di Domenico Franchi, luci di Fiammetta Baldiserri e i bei costumi di Artemio Cabassi, non può certamente rivaleggiare con gli allestimenti dei grandi teatri, ma se la cava bene, con cura, semplicità e una piacevole trasposizione temporale. Meno riuscito è il trucco nero del protagonista, che scompare sotto i riflettori e fa un effetto lampadato.
Questo è il genere di spettacoli che maggiormente piace alla moderna provincia italiana: fatto bene, pulito, didascalico, senza troppi fronzoli, molto vicino alla filologia originale. Ma qualche volta sarebbe bello osare un po’ e offrire al pubblico qualcosa su cui riflettere, nel bene e nel male.

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Luca Micheletti, Gregory Kunde

Musicalmente è gioia pura, a partire dalla direzione di Leonardo Sini che scava nello spartito e lascia uscire dei dettagli molto interessanti. Bellissimo il suo dialogo col palcoscenico. In forma smagliante l’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini, soprattutto nella sezione ottoni. Strabiliante il Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato da Corrado Casati e affiancato dal bravo Coro di Voci Bianche del Conservatorio Nicolini preparate da Giorgio Ubaldi.

Gregory Kunde continua a vestire con estremo agio i panni del Moro di Venezia, con una disinvoltura tale da “diventare” il personaggio. La sua voce è sempre smaltata, dalla prima all’ultima nota, dalla zona più grave a quella più acuta, dai pianissimi ai fortissimi.
Lo affianca l’elegantissima Francesca Dotto nel ruolo della sfortunata Desdemona, ruolo che sembra scomparire accanto ai due leoni, ma Dotto sa farsi strada con un canto preciso e raffinato. Una grande lezione di belcanto al servizio del Verdi più maturo.
Eccellente oltre ogni misura Luca Micheletti. Ascoltandolo si capisce perché Verdi, dopo aver scritto Jago per Victor Maurel, lo scelse anche per Falstaff. Fraseggio di gran classe, accenti ricercati, acuti brillanti, solide note basse, sono solo alcune delle sue carte vincenti.

Molto bene anche per il luminoso Cassio di Antonio Mandrillo, lo scuro Montano di Alberto Petricca e la vellutata Emilia di Carlotta Vichi.

William Fratti

Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni, 14/01/2024

Un Otello che scava nell’anima, sgomentando nella sua composta essenzialità e commuovendo senza tuttavia consolare. Un’edizione, quella andata in scena a Modena e coprodotta con i teatri di Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, che spalanca l’abisso ma purifica il cuore, grazie soprattutto alla bravura degli interpreti nonché all’ eloquenza delle scelte registiche. In linea con la tinta plumbea dell’opera, l’allestimento di Italo Nunziata, con le scene di Domenico Franchi, colloca ogni quadro nell’oscurità, dentro la quale le luci di Fiammetta Baldisserri ritagliano spazi di zenitale chiarore o di livida pesantezza. I costumi di Artemio Cabassi traspongono la vicenda nel secondo Ottocento, appunto negli anni di composizione dell’opera, delineando un piccolo mondo antico dove si va continuamente incrinando la superficie rassicurante dell’ordine borghese. Grezzi pannelli di pietra, in contrasto con il decoro dei pochi arredi posti sopra pedane, si muovono a definire differenti ambiti scenici e psicologici, rimandando con la loro rudezza ad elementi primitivi ed ancestrali. E proprio mentre deflagra la follia del protagonista, compare sul fondo un frammento di una testa che ricorda quella del Davide, figura dell’uomo universale.

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Gregory Kunde e Luca Micheletti

Suggestivo il gran tableau d’apertura con il suo gioco di ombre notturne e la vela che prende a sventolare staccandosi dal buio; di notevole effetto anche i cambi d’abito di Jago ed Otello, prima in divisa poi con giacca lunga, in abiti eleganti e signorili. Raffinato e vedovile al terzo atto il costume di Desdemona della quale colpisce l’inginocchiarsi da sola, senza essere spinta dal marito. Di straordinario impatto drammatico l’intera sequenza della camera, con un’illuminazione tenue ma tersa, in cui spiccano il bianco e l’azzurro di vesti e lenzuola; il letto è al centro e intorno ad esso la scena si restringe, quasi collassa, incorniciando i corpi esanimi dei due protagonisti, mentre una nera cortina discende a coprire l’orrore di questa grande tela romantica.

Il compito di ricreare la complessa partitura dell’opera è affidato a Leonardo Sini, che guida con attenzione e fermezza l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, offrendoci una lettura particolarmente intimistica e coinvolgente delle sezioni più liriche. L’attacco manca però di tensione, con un’iniziale difficoltà a comporre tutti quanti gli elementi e senza che venga impressa alla scena la necessaria terribilità. Un soffice e screziato tappeto sonoro avvolge poi il duetto d’amore, con accurati interventi dei violoncelli ed una seducente chiusura in pianissimo. Grande cura del dettaglio anche nell’introduzione al secondo atto e costruito con rigore il quadro degli ambasciatori. Raffinato l’inizio del quarto atto con il tema dei contrabbassi delineato con rigore ed eleganza e di grande unità l’intera scena, dove un flusso continuo e disteso sbalza un insieme di sublime tragicità.

Anche il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto da Corrado Casati, esordisce con qualche esitazione, mancando di forza e di coesione, mentre “Fuoco di gioia” riesce invece più compatto e brillante. Dolce e screziato l’intervento al secondo atto con il Coro delle Voci bianche Nicolini di Piacenza, diretto da Giorgio Ubaldi, e ben amalgamato l’ampio concertato al terzo atto.

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Francesca Dotto

Con un “Esultate!” proiettato con piglio gagliardo entra in scena l’Otello di Gregory Kunde, che si dimostra da subito estremamente efficace negli slanci eroici, ma non parimenti incisivo negli scambi affettuosi. L’interpretazione diviene però via via più penetrante, a partire dal duetto con Iago, dove Kunde alterna luminosissime aperture in acuto con una declamazione scolpita e variata, con mezze voci e cadute nel grave. Sempre di straordinario vigore nelle impennate furenti, è comunque meno convincente nelle parti più introspettive durante lo scontro con Desdemona. È poi tragico e imponente per l’intero quarto atto, con una dizione sbalzata in forme solenni e laceranti. Nell’imminenza della morte è intensamente commovente, quando, nella coscienza dell’orrore e del proprio fallimento, sembra ritrovare qualcosa della sua antica nobiltà, cantando con la faccia per terra e chiedendo “un bacio ancora… un altro bacio”.

La Desdemona di Francesca Dotto ci offre un canto legato e trasparente, di considerevole omogeneità e di ottima estensione, pur perdendo talora un po’ di eleganza negli acuti. Di raffinata delicatezza nel duetto d’amore iniziale, delinea poi una donna offesa e indignata che è capace di tenere testa con grinta al marito. Nella scena degli ambasciatori la ritroviamo però già ripiegata su se stessa, con uno stile più drammatico e dolente. Interpreta la Canzone del Salce con una tecnica sicura ed un’espressività asciutta e struggente, in un contegno di rassegnata afflizione. L’Ave Maria è infine di straordinario nitore, creando una sospensione profondamente toccante.

Luca Micheletti è uno Jago dall’emissione potente e rotonda, declinata in un’amplissima varietà di modulazioni, dall’accorta regolazione del volume alla resa multiforme dei cromatismi; figura sinistra e proteiforme, che in taluni frangenti evoca il “Mefistofele” di Boito, mentre in talaltri, in abito chiaro da elegante borghese, pare un personaggio uscito dai “Demoni” di Dostoevskij. Fin dalla scena del brindisi, esprime con forza la doppiezza rabbiosa dell’uomo frustrato ed ha un attacco magnetico in “Credo in un dio crudel che m’ha creato”, realizzando il monologo in una grande varietà di accenti e con un’intensità che richiama l’abisso (degno di nota il passaggio dell’ ”E poi?” che sembra introdurci in una pagina del Requiem). Tutto il primo dialogo con Otello risulta di estrema tensione e si configura come uno dei momenti più significativi di questa produzione. Molto efficace e magnificamente controllata anche l’aria “Era la notte”, dove Micheletti schiarisce la voce imitando lo stile di Cassio per poi sprofondare nel grave.

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Francesca Dotto e Gregory Kunde

Nobile e di moderato volume il Cassio di Antonio Mandrillo che, con un timbro luminoso ed una linea definita, delinea efficacemente l’ingenuità del personaggio. Andrea Galli, da parte sua, rende con slanci e toni sofferti il desiderio ed il rancore di Roderigo.

Omogenea e trasparente l’Emila di Sayumi Kaneko, con un contegno raccolto e sofferente;di spiccata espressività nel finale con il suo sgomento cristallino in “Otello ha ucciso Desdemona” e nel racconto che segue.

Profondo e articolato nel fraseggio il Lodovico di Mattia Denti, che ben tratteggia questa figura dell’autorità che porta ordine nel delirio.

Saldamente impostato il Montano di Alberto Petricca, con proiezioni vigorose e spessore drammatico; valido e incisivo l’Araldo di Eugenio Maria Degiacomi.

Grande commozione in sala al chiudersi del sipario. Applauditissimi tutti gli interpreti, ovazioni per Sini e la Dotto; un autentico trionfo per Kunde e Micheletti, che erano già stati richiamati alla ribalta alla fine del secondo atto.

Andrea Poli

OTELLO
Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi

Otello Gregory Kunde
Jago Luca Micheletti
Cassio Antonio Mandrillo
Roderigo Andrea Galli
Lodovivo Mattia Denti
Montano Alberto Petricca
Un araldo Eugenio Maria Degiacomi
Desdemona Francesca Dotto
Emilia Carlotta Vichi (17/12), Sayumi Kaneko (14/01)

Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini
Direttore Leonardo Sini
Voci bianche del Conservatorio Nicolini
preparate da Giorgio Ubaldi
Regia Italo Nunziata
Scene Domenico Franchi
Costumi Artemio Cabassi
Luci Fiammetta Baldiserri

Foto Piacenza: Gianni Cravedi
Foto Modena: Rolando Paolo Gurezoni