Spettacoli

La rondine – Teatro Verdi, Pisa

Brillante e raffinata, in un felice accordo di musica e regia, l’edizione andata in scena al Teatro Verdi di Pisa de La rondine, opera tra le meno rappresentate di Giacomo Puccini, ma che nel centenario della morte viene proposta da diversi teatri, tra i quali la Scala e il Regio di Torino. Al carattere energico e scintillante di questa produzione contribuisce in maniera decisiva la direzione del maestro Valerio Galli che guida l’Orchestra Arché con vigore e sicurezza, in un flusso sonoro compatto e screziato, nella varietà dei ritmi e dei colori, con certune particolari evidenze dei fiati e delle percussioni. La sua lettura è minuziosa e protesa costantemente a sbalzare ogni dettaglio, tanto nella sua bellezza quanto nel suo valore drammaturgico. Fin dal principio, momenti leggieri ed umoristici si alternano a passaggi più lirici e sognanti; di grande coesione l’intero secondo atto, pur con un attacco poco amalgamato del Coro Archè diretto da Marco Bragagna, che però dà poi forma, in sintonia con l’orchestra, ad un magnifico concertato del brindisi. Molto coinvolgente anche il terzo atto, in uno stile appassionato che tuttavia esprime efficacemente il disincanto, culminando in un finale interrogativo ed evanescente.

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Claudia Pavone

La direzione di Galli si dimostra altresì ben coordinata con il valido cast dei cantanti, tra i quali eccelle Claudia Pavone, con una vocalità piena e rotonda, acuti proiettati con forza,  e rigore, nitide mezze voci ed una ricca modulazione. La sua Magda si impone con rilievo sulla scena ed è ora la raffinata signora di mondo, ora la nostalgica che ritrova nell’amore una fresca ingenuità, ma anche la donna disillusa che rifugge le convenzioni e che forse – chissà – ha il coraggio di intraprendere una propria personale ricerca. Trasparente in “Chi il bel sogno di Doretta”, briosa nel siparietto delle carte e morbida e malinconica nell’arioso “Come la rondine”. Intensamente poetica nel duetto da Bullier, la troviamo infine drammatica al terzo atto, con un canto più grintoso ed interiorizzato.

Naif e passionale il Ruggero di Matteo Falcier, omogeneo e saldo in acuto e con un fraseggio curato e di ampio respiro. Assai melodico al secondo atto, rende poi con intensità il duetto conclusivo con Magda, dove tuttavia si avverte un po’ di stanchezza e qualche sfocatura nell’intonazione.

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Matteo Falcier e Claudia Pavone

Chiaro e luminoso il Prunier di Vassily Solodkyy, con una linea che si distingue per eleganza tanto nei momenti aulici, come la canzone di Doretta, quanto in quelli più teneri ed umoristici, come il duettino al primo atto e quello conclusivo con Lisette.

Quest’ultima è interpretata con vivace ironia ma anche con tenerezza da Maria Laura Iacobellis, che nel quadro iniziale esibisce un canto agile ed incisivo e che risulta poi lirica e dolce nel duettino affettuoso e nel finale con Prunier.

Profondo e tornito il Rambaldo di Francesco Verna, con un’espressività signorile ma di tagliente cinismo. Spumeggiante il trio delle amiche con la melodica Bianca di Sevilay Bayoz, la brillante Suzy di Michela Mazzanti e l’agile Yvette di Benedetta Corti. Validamente assortito e pieno di brio anche il terzetto degli uomini con il Pèrichaud di Giorgio Marcello, il Gobin di Mentore Siesto e il Crèbillon di Tommaso Corvaja.

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Vassily Solodkyy e Maria Laura Iacobellis

La regia di questo allestimento, coprodotto dal Teatro di Pisa con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi e l’Opèra Thèâtre de l’Euromètropole di Metz, è di Paul-Èmile Fourny il quale, avvalendosi delle accurate scenografie di Benito Leonori e delle luci soffuse di Patrick Méeüs, realizza un teatro nel teatro, creando una doppia cornice alla rappresentazione . Il salotto di Magda, Bullier e perfino la spiaggia vengono infatti inquadrati all’interno del boccascena di un teatrino tardo ottocentesco, che pare versare in uno stato di semi-abbandono con palchi un po’ rovinati, una mezza fila di poltroncine e qualche arredo coperto da teli. Gli eleganti e colorati costumi di Giovanna Fiorentini al primo atto sembrano collocare l’azione nella Parigi degli anni Cinquanta mentre quelli delle scene successive si richiamano a fogge di qualche decennio precedente. Il vecchio teatro ci si presenta quindi come un luogo da dismettere ma anche come un laboratorio e un cantiere: è il palcoscenico della mondanità, con le sue frivolezze e le sue convenzioni, gli entusiasmi e le insoddisfazioni, e allo stesso tempo lo spazio dove i personaggi, in primis la protagonista, ingaggiano la ricerca di una propria misura di felicità, oltre le regole e perfino oltre le trasgressioni. Il teatro si delinea inoltre come il luogo della sperimentazione stilistica, accennando in questo alla ricerca di un nuovo linguaggio musicale che Puccini porta avanti anche nella composizione de La rondine. In questa prospettiva, alla fine lo sfondo non saranno più gli ambienti chiusi del salotto o del locale alla moda, ma lo spazio aperto del mare, che evoca la libertà ed una possibile metamorfosi, tanto nella musica quanto nella vita.

Spettacolo meritatamente applauditissimo, con particolari tributi alla Pavone e al maestro Galli.

LA RONDINE

Commedia lirica in tre atti su libretto di Giuseppe Adami

Musica di Giacomo Puccini

Magda Claudia Pavone
Lisette Maria Laura Iacobellis
Ruggero Matteo Falcier
Prunier Vassily Solodkyy
Rambaldo Francesco Verna
Périchaud  Giorgio Marcello
Gobin Mentore Siesto
Crébillon Tommaso Corvaja
Yvette Benedetta Corti
Bianca Sevilay Bayoz
Suzy Michela Mazzanti

Direttore Valerio Galli

Regia Paul Èmile Fourny
Scene Benito Leonori
Costumi Giovanna Fiorentini
Luci Patrick Méeüs

Orchestra Arché
Coro Arché
diretto da Marco Bargagna

Foto by Kiwi