Spettacoli

I Lombardi alla prima crociata – Festival Verdi 2023, Parma

Il Festival Verdi 2023 è stato inaugurato con I Lombardi alla prima crociata, la quarta opera, in ordine cronologico, di Giuseppe Verdi.

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Antonio Corianò, Michele Pertusi, Lidia Fridman e Zizhao Chen*

“Io buco; passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere” così sosteneva Lucio Fontana a proposito dei sui famosi “tagli” e come in un grande omaggio all’artista argentino, sulle prime note de I Lombardi alla prima crociata, la statuaria Giselda di Lidia Fridman, squarcia, con un gesto simbolico, la scena creando un enorme taglio nel grande ledwall. Pier Luigi Pizzi firma in questa produzione regia, scene, costumi e video: un progetto giocato su tinte chiare, luci accecanti e candide, a cura di Massimo Gasparon. I grandi video, che riempiono totalmente la scena, evocano i luoghi previsti dal libretto con disegni in computer grafica essenziali e stilizzati, tutto è permeato da una luce accecante e mistica, alternata a momenti di buio. Una produzione che ha i suoi punti di forza nella eleganza e nella cura registica ma una certa debolezza nelle poche idee e trovate sceniche. Forse, uno dei punti più riusciti, è l’assolo di violino, previsto in terzo atto, quando, la bravissima Mihaela Costea, prima violinista, si esibisce sul palco, illuminata solo da un faro: parla la musica, giustamente al centro della scena. Altra nota negativa è data dai costumi poco elaborati a cura dello stesso Pizzi: larghe tuniche colorate, non bellissime da vedersi e un po’ dissonanti dal resto della idea artistica. Un allestimento che gioca, insomma, su una forma essenziale e bidimensionale dove luce ed ombra si alternano, come spesso accade nelle produzioni del regista milanese. Suggestivo il movimento scenico dato dalle riuscite coreografie di Marco Berriel.

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Lidia Fridman

A tenere le fila del discorso musicale è il Maestro Francesco Lanzillotta che, non essendosi ancora del tutto ristabilito dall’incidente stradale in cui è stato coinvolto recentemente, dirige la partitura su una sedia a rotelle. Lanzillotta imprime al dettato verdiano una lettura energica e teatrale, pervasa da sonorità limpide ed asciutte. Il racconto progredisce così, scena dopo scena, con notevole compattezza in un susseguirsi rigoroso e composto di dinamiche ora più accese, ora più chiaroscurate. Le scene corali risultano ben sottolineate in tutto il loro afflato risorgimental-patriottico, così come egualmente efficaci sono le oasi liriche, opportunamente sbalzate nel loro poetico lirismo. Alla pregevole prova direttoriale concorre anche la rilevante preparazione della Filarmonica Arturo Toscanini, particolarmente coesa nel delineare le atmosfere caratterizzanti di questo Verdi giovanile. Ben assestati, infine, gli interventi della Orchestra Giovanile della Via Emilia.

Il Coro del Teatro Regio di Parma, con l’infaticabile e quanto mai insostituibile guida del Maestro Martino Faggiani, appare in forma smagliante rilucendo, ancora una volta, per intensità e varietà di gamme e colori. Una menzione d’onore è, quindi, la trascinante esecuzione della pagina “O Signore dal tetto natio” che vale alla massa corale l’applauso particolarmente caloroso del pubblico.

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I Lombardi alla prima crociata, Festival Verdi, 2023.

Affidare a Michele Pertusi un ruolo da “basso verdiano” significa andare sul sicuro e se lo si fa a Parma, il successo è garantito. Il trionfo per il basso parmigiano c’è stato ed è stra meritato quando ci si trova davanti ad un artista di tale levatura. La carriera pluriennale ha portato un inevitabilmente appannamento dello smalto vocale, ma, ad un contempo, ha conferito alla linea una suggestiva brunitura che ben si addice a rappresentare la evoluzione psicologica di questo Pagano. L’esecuzione vocale è sempre misurata e raffinata, senza mai perdere di compattezza o morbidezza, neppure laddove la scrittura diventi più concitata. L’interprete, poi, giganteggia e sfoggia una padronanza della “parola verdiana”, da autentico fuoriclasse, unita alla capacità di infondere, con una certa naturalezza, la giusta espressività al corrispondente momento drammaturgico.

Nell’impervio ruolo di Giselda, il soprano Lidia Fridman, al suo atteso debutto al Regio di Parma. Il soprano colpisce per uno strumento singolare dal colore screziato e dal timbro vellutato. L’esecuzione vocale mette in luce una tecnica ben sorvegliata e una adeguata compattezza della linea che si piega, con una certa facilità, alla ricerca di una autentica quanto assoluta espressività, anche a costo di occasionali spigolosità nell’emissione. Al netto di qualche tensione nella regione più acuta (vedasi, in tal senso la cabaletta di quarto atto), Fridman viene così a capo di una parte tanto complessa grazie, tra l’altro, ad un fraseggio incisivo unito ad una presenza scenica a dir poco magnetica. Si prenda, ad esempio, l’aria di secondo atto “Se vano è il pregare”, ricamata con suggestivi arabeschi vocali, mentre la longilinea figura del soprano viene illuminata da un cono di luce che sembra sbalzarla dal buio circostante. Un momento particolarmente suggestivo dello spettacolo, giustamente premiato dal pubblico con un grande applauso a scena aperta.

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Mihaela Costea

Antonio Poli dona al personaggio di Oronte il vigore di una vocalità salda e ben tornita. L’aria di secondo atto, “la mia letizia infondere” risalta per il giusto squillo, così come la successiva cabaletta, nella quale il tenore evidenzia un certo gusto nella escuzione di alcune variazioni nella ripresa. Toccante, infine, il terzetto della morte.

Promosso anche Antonio Corianò, un Arvino dotato di pregevole musicalità, oltre che di elegante presenza scenica.

Tra le parti di fianco spicca la melodiosa ed aggraziata Viclinda di Giulia Mazzola.

Bene ha fatto anche Luca Dall’Amico, un Pirro dalla buona incisività vocale e scenica.

Puntuale e sempre a fuoco nei propri interventi William Corrò, cui spetta il compito di vestire i panni di Acciano, il tirannò di Antiochia.

Dalla fila dell’Accademia Verdiana provengono, infine, Zizhao Chen e Galina Ovchinnikova, adeguati nei rispettivi ruoli di un priore e Sofia.

La recita inaugurale della XXIII edizione del Festival, il primo dell’attuale dirigenza del Regio, si conclude tra le acclamazioni generali del pubblico che premia con grande entusiasmo gli interpreti principali, il direttore e il team registico.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

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I Lombardi alla prima crociata, Festival Verdi, 2023.

15 ottobre 2023.

Dopo tre anni dalla programmazione originale, annullata causa Covid, l’edizione critica de I Lombardi alla prima crociata a cura di David R. B. Kimbell arriva al Festival Verdi, ma perdendo il primato, poiché già eseguita a Venezia lo scorso anno, tra l’altro con tre medesimi protagonisti.

Opera che racconta sentimenti molto attuali – l’amore che unisce le differenze razziali e religiose – attraverso una vicenda storica, è qui messa in scena da Pier Luigi Pizzi, che perde una grande occasione per esprimere concretamente qualcosa di nuovo, ancorandosi dietro una tradizione vecchia e polverosa. È il solito spettacolo bianco e nero; i soliti praticabili rumorosi; il solito cerchio in mezzo al palcoscenico; i soliti specchi ai lati; le solite luci bianche; i soliti costumi neri per tutti, bianco per la protagonista, con qualche macchia di colore, stoffe prese al metro e buttate addosso alle persone. È talmente privo di idee che per fare accadere qualcosa di diverso si mettono in scena alcuni musicisti. Se questa inaugurazione è da considerarsi il biglietto da visita della nuova dirigenza, ci si può aspettare un futuro di prudente tradizione a discapito di coraggiosa innovazione. Vedendo anche il calendario 2024 ci si domanda dove sono scomparsi Don Carlos e Les vêpres siciliennes.

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Antonio Corianò
, Michele Pertusi
 e Lidia Fridman

Fortunatamente il fronte musicale è di una qualità decisamente superiore. La direzione di Francesco Lanzillotta è tenace, vigorosa, ricca di accenti azzeccatissimi, complice una Filarmonica Arturo Toscanini ai massimi livelli, che si prodiga in suoni pulitissimi e precisi. Eccellente il preludio al terzetto col violino di Mihaela Costea.

Michele Pertusi, rispetto alle precedenti edizioni parmigiane de I Lombardi, porta in scena un nuovo Pagano, meno eroico e più introspettivo, maggiormente concentrato sul senso di colpa e il desiderio di redenzione. Il canto mostra un fraseggio variegato che ha pochi eguali, ricco di una chiara esperienza quarantennale che ha portato l’artista ad essere un riferimento per l’interpretazione verdiana.

Lidia Fridman debutta a Parma e nel difficile ruolo di Giselda con estrema disinvoltura. La voce si è formata, ma non ha ancora piena coscienza del legato, oltreché di colori e accenti; pertanto l’ascolto è maggiormente piacevole nel suono piuttosto che nell’espressività. Inoltre il giovane soprano dovrebbe portare attenzione a certi portamenti bassi – presumibilmente a cercare delle nuance che non ha, ma che non sono necessarie dato il suo bel timbro naturale – che rischiano di affossarla.

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Antonio Corianò
, Michele Pertusi
 e Lidia Fridman

Discorso simile vale per l’Oronte di Antonio Poli, voce tipicamente italiana, calda, morbida, sensuale, luminosa e squillante, ma troppo concentrata sulla forza dell’emissione andando a discapito delle sfumature.

Molto bene per l’intenso Arvino di Antonio Corianò e la brillante Viclinda di Giulia Mazzola.

Eccellente oltre ogni misura il Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani.

William Fratti

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA
Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
dal poema omonimo di Tommaso Grossi
Musica di Giuseppe Verdi

Arvino Antonio Corianò
Pagano Michele Pertusi
Viclinda Giulia Mazzola
Giselda Lidia Fridman
Pirro Luca Dall’Amico
Un Priore della città di Milano Zizhao Chen*
Acciano William Corrò
Oronte Antonio Poli
Sofia Galina Ovchinnikova*
Violino solista Mihaela Costea
*Allievi dell’Accademia Verdiana

Filarmonica Arturo Toscanini
Orchestra Giovanile della Via Emilia
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia, scene, costumi e video Pier Luigi Pizzi
Luci Massimo Gasparon
Coreografie Marco Berriel

Foto: Roberto Ricci