La forza del destino – Bologna, Comunale Nouveau
Il Teatro Comunale di Bologna mette in scena La forza del destino di Giuseppe Verdi, proponendo l’allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro Regio Parma, il Massimo di Palermo, l’Opéra di Montpellier e presentato nel corso del Festival Verdi 2022. La direzione è affidata ad Adam Fisch e la regia a Yannis Kokkos, il quale riadatta la produzione alle particolari dimensioni del palcoscenico del Comunale Nouveau. Da questa operazione – non semplice, come dichiarato dallo stesso regista, autore anche di scene e costumi, mentre la drammaturgia è di Anne Blancard– gli spazi ne escono ridotti in altezza e lateralmente allungati, conferendo alla vicenda una dimensione più intima e concentrata. Il piano per le proiezioni al centro della scena viene inclinato e, anche se più piccolo rispetto alla versione di Parma, si impone in maniera forte come apertura sull’anima. Gli ambienti contratti e la spietata essenzialità degli arredi fanno emergere i caratteri di una tragicità classica schietta e tagliente, dove il pessimismo storico sconfina nel fatalismo.
La grande croce inclinata che pende su Leonora e il Frate Guardiano si conferma come una delle soluzioni di maggiore effetto, sottolineando l’elemento cristologico e più ampiamente religioso tra asprezza e consolazione. Efficaci anche le luci di Giuseppe Di Iorio e le nuove proiezioni di questa edizione, per mano di Sergio Metalli, come l’infilata di stanze che materializza al primo atto il labirinto della psiche di Leonora e in certa misura anche di Don Alvaro, oppure la croce luminosa che ci viene incontro tra le colonne di una buia navata. Suggestiva quindi la vestizione, grazie anche al corteo dei monaci, ben organizzato dalla coreografia di Marta Bevilacqua; emozionante il finale con le figure contro un fondo che da oscuro diviene abbagliante: immagini che ci rimandano ad un Verdi laico ed anticlericale che, in mezzo alle tragedie del mondo, si va interrogando su una possibile pace che sta forse nell’oltre.
Sono invece risolte con meno inventiva le scene corali come la taverna, l’accampamento e il sagrato del convento, realizzate con la pressoché esclusiva presenza delle masse con abiti di scarso rilievo e movimenti convenzionali, mentre la danza macabra al campo militare è di grande originalità, ma si configura come un episodio a sè, non amalgamata con il resto dello spettacolo.
La direzione di Adam Fisch esprime la partitura in una forma organica e narrativa, rappresentandone con piglio deciso l’inventiva melodica e la potenza drammatica. Il flusso sonoro si mantiene compatto ed elastico, ora massiccio ora delicato nella varietà dei temi e nel loro complesso intrecciarsi. La sinfonia si impone con accordi definiti e battute marcate, con evidenza delle pause nel passaggio da un motivo all’altro e dei colori orchestrali specialmente nella sezione centrale. I tempi si dimostrano sempre adeguati e la tensione è costante, senza cedimenti, così come il sostegno alle voci. Serrata e travolgente la scena iniziale, concitata quella del convento senza però essere nervosa, per distendersi nella solenne austerità di un suono trasparente e purificato da ogni contrasto. Screziato ed analitico il preludio al quarto atto; di notevole spessore tragico le scene conclusive con accenti terribili e scolpiti.
Fisch inoltre costruisce con rigore ogni concertato e rende con accuratezza ed equilibrio anche i grandi quadri d’insieme come la taverna ed il Rataplan, con il Coro del Teatro Comunale di Bologna energico e vigoroso, sotto la direzione di Gea Garatti Ansini. Mistico e dolente il canto dei pellegrini e quello dei frati, ben armonizzato e vivace il “Fate la carità” dell’atto conclusivo.
Erika Grimaldi incarna il tormento di Leonora con una vocalità potente ed estesa, in cui spiccano acuti proiettati con limpidezza ed una salda tenuta delle note. Oscilla tra il sofferente e l’appassionato nella scena iniziale ed è lacerante nella supplica “Madre, pietosa Vergine”; è poi assertiva e vigorosa nel dialogo con il Frate Guardiano fino alla preghiera alla Vergine degli Angeli, dove il canto si fa trasparente ed armonico, purificato da ogni contrasto. Ritorna intensamente drammatica in “Pace mio Dio”, con un suono che vorrebbe essere angelico, perfettamente armonizzato, ma che resta venato di graffiante tragicità.
Eroico e romanticamente tormentato il Don Alvaro di Roberto Aronica, continuamente diviso tra nobiltà d’animo e violenza delle passioni. Voluminoso e rotondo, esibisce salite in acuto di grande forza ma non sempre adeguatamente controllate. Di grande irruenza in ogni scambio, con un canto robusto e a piena voce manca tuttavia un po’ di sfumature nell’aria “La vita è inferno all’infelice”. Orgoglioso nel contegno, sbalza con fermezza l’ambivalenza psicologica nello scontro del finale.
Gabriele Viviani interpreta Don Carlo di Vargas con voce omogena ed un articolato fraseggio. Ha un canto rifinito e sbalzato al secondo atto, con una dizione particolarmente scolpita, ed esegue con estrema accuratezza ed espressività “Urna fatale del mio destino” e la successiva cabaletta. Per tutta l’opera e soprattutto nel finale, raffigura con vividezza la cieca determinazione del personaggio, che da nulla viene scalfito nel suo proposito di vendetta.
Brillante e passionale la Preziosilla di Nino Surguladze, con una vocalità consistente e controllata. Energica e dinamica nelle scene della taverna e sul campo di guerra, dimostra una sicura agilità e una moderata carica di seduzione.
Solido e carismatico il Frate Guardiano di Rafal Siwek, dall’emissione compatta e la linea modulata. Ieratico ma partecipe alla sofferenza di Leonora, rende poi con accenti scanditi e solenni la scena della vestizione.
Sergio Vitale interpreta un Fra’ Melitone vivace e solare, con un canto agile e ordinato, ricco di sottolineature che delineano un personaggio buffo e grossolano ma di estrema schiettezza.
Con un timbro prezioso e profondo Cristian Saitta è un Marchese di Calatrava autorevole e orgoglioso, di spiccata espressività anche se la dizione non risulta sempre perfettamente scandita.
Intonato e grottesco, il Mastro Trabucco di Orlando Polidoro dà forma ad un gustoso siparietto nell’arietta al terzo atto.
Federica Giansanti esprime efficacemente la determinazione di Curra rispetto alle incertezze di Leonora, con un canto pulito e lineare. Melodico l’Alcade di Fabrizio Brancaccio e ben impostato il Chirurgo di Tong Liu.
Entusiasmo del pubblico per Erika Grimaldi, applauditissimi Aronica, Viviani e Fish; accolta senza slanci la parte registica.
LA FORZA DEL DESTINO
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave
Direttore Asher Fisch
Regia, scene e costumi Yannis Kokkos
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Luci Giuseppe di Iorio
Coreografie Marta Bevilacqua
Projection Designer Sergio Metalli
Drammaturgia Anne Blancard
Donna Leonora Erika Grimaldi
Don Carlo di Vargas Gabriele Viviani
Don Alvaro Roberto Aronica
Padre Guardiano Rafal Siwek
Fra’ Melitone Sergio Vitale
Preziosilla Nino Surguladze
Mastro Trabucco Orlando Polidoro
Marchese di Calatrava Cristian Saitta
Curra Federica Giansanti
Un Alcade Fabrizio Brancaccio
Un chirurgo Tong Liu
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Foto: ©Andrea-Ranzi