Spettacoli

Les Huguenots – Opéra Municipal, Marsiglia

Les Huguenots, Il capolavoro di Giacomo Meyerbeer va in scena all’Opéra Municipal di Marsiglia.

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Enea Scala, Nicolas Courjal e Karine Deshayes

“Marsiglia colpisce per la violenza dei colori, degli odori, dei temperamenti. Marsiglia sfavilla, millanta, puzza, gridacchia, gesticola. Persino la Madonna dorata, generosa protettrice delle prostitute e dei marinai, luccica con quasi rabbioso zelo dal suo piedistallo roccioso”. Così Klaus Mann racconta Marsiglia, una città aspra, piena di contrasti e di suggestioni. La “città di luce e di vento” di Jean Claude Izzo, la ribelle per antonomasia, proprio da qui partì la fama del rivoluzionario inno francese, ha anche un cuore di classicità e tradizione: l’Opéra. Il grandioso teatro, a pochi passi dal porto vecchio, nasce nel 1787 per poi essere ricostruito dopo l’incendio del 1919 avvenuto durante le prove dell’Africaine di Meyerbeer. La riedificazione, iniziata nel 1920 da Gaston Castel in stile art déco, pone al centro della sala il grande bassorilievo di Emile-Antoine Bourdelle che evoca l’arte teatrale. Il grand-opéra di Meyerbeer in scena a Marsiglia in questi giorni nasce nel 1836 per l’Opéra di Parigi. Un racconto, basato sul libretto di Eugène Scribe ed Émile Deschamps, che ci porta nel 1572, nella notte di San Bartolomeo in cui avvenne uno dei più tragici massacri della storia: compiuto dai cattolici parigini ai danni degli ugonotti, protestanti calvinisti. Nel mezzo di questo tragico evento nasce l’amore fra il protestante Raoul e la cattolica Valentine, un rapporto ostacolato dalla diversa fede religiosa e che immancabilmente finirà in dramma. Questo complesso affresco storico è reso dal regista Louis Désiré con assoluta semplicità e linearità, l’idea è quella di non seguire i dettami del genere grand-ópera e fornire una lettura che si concentri sul canto dei protagonisti. Scelta che, in parte, non rende certo giustizia ai fasti di questo genere musicale e che lascia interdetti per l’eccessivo senso di vuoto e noia che si sussegue per tutti i cinque atti. Le scene di Diego Méndez-Casariego si limitano a pochissimi elementi: prevalentemente tavoli e sedie, che in più punti dell’opera vengono sporcati di sangue con la discesa di quinte dipinte di rosso che ci ricordano l’eccidio imminente verso cui l’opera costantemente tende. Eleganti, pur nella loro sobrietà, i costumi dello stesso Méndez-Casariego, sempre adatte e funzionali le luci di Patrick Méeüs. Se visivamente lo spettacolo non ci ha particolarmente entusiasmato sicuramente più riuscito è il comparto musicale.

Dal podio, il Maestro José Miguel Pérez-Sierra affronta questa complessa ed articolata partitura come un racconto unitario e coeso, pervaso da una sempre vibrante ed appassionata tensione narrativa. La scelta dei tempi, equilibrati e pertinenti, unitamente alla ricerca di colori orchestrali sfumati ed avvolgenti, mette in evidenza una certa pertinenza stilistica che ben riflette il carattere epico di questo grand-opéra francese. Enfasi amorosa, esaltazione religiosa, lealtà, congiura e vendetta si fondono così, con grande coesione e compattezza, in un affresco musicale ben assestato che dialoga con la giusta efficacia con il palcoscenico. Merito anche della buona prova dell’Orchestra dell’Opéra di Marsiglia che risponde con attenzione e precisione alle indicazioni ricevute dal direttore. 

Ben amalgamato, nel complesso, il cast.

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Nicolas Courjal e Karine Deshayes

Il ruolo di Raoul de Nangis è tra quelli vocalmente più temibili per difficoltà ed estensione. A vestire i panni dell’infelice ugonotto, il cui primo interprete fu il grandissimo Adolphe Nourrit, è chiamato Enea Scala che ritrova questo personaggio dopo averlo portato sulla scena lo scorso anno al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles. Il tenore siciliano affronta la parte, qui eseguita nella sua integralità e quindi con anche la riapertura dell’arioso di terzo atto, con la giusta sicurezza vocale e con una pregevole immedesimazione interpretativa. La linea, corposa e di buon volume, è caratterizzata da un timbro brunito che conferisce una naturale sensualità al canto. L’aria di primo atto e il duetto con la regina nel quadro successivo sono condotti con leggerezza, mentre a partire da terzo atto e, soprattutto nel grande finale, la vocalità acquista ancora maggiore intensità per meglio disegnare l’evoluzione del dramma. La pregevole organizzazione del mezzo e il buono squillo del registro superiore consentono di vincere i numerosi scogli della partitura con la giusta souplesse esecutiva. Particolarmente curato è, poi, il fraseggio, sempre sfumato ed espressivo. In tal senso, gli ultimi due atti, ovvero il lungo duetto con Valentine e il finalone, si annoverano tra i momenti più emozionanti della prova di Scala. Sempre disinvolto il gesto scenico, grazie anche alla atletica presenza.

Convince pienamente la Valentine di Karine Deshayes. Il mezzosoprano francese sfoggia una vocalità dal colore chiaro e dal timbro cristallino che trova la propria zona d’elezione nel registro superiore dove suona penetrante e ricca di armonici. La linea vocale è musicale e ben controllata, tanto nell’aria di quarto atto, quanto nel successivo duetto con Raoul e nel grande terzetto conclusivo dell’opera. Convincente l’interprete che, con un fraseggio misurato ed elegante, riesce a risultare appassionata e credibile.

Bravissimo il Marcel di Nicolas Courjal. La sua è una autentica voce di basso, dal suadente colore notturno, che accarezza la partitura con pregevole duttilità e notevole compattezza. La canzone ugonotta di primo atto è affrontata con la giusta souplesse esecutiva; nel finale, poi, il canto acquisisce quella solennità propria di chi si prepara al martirio. Il fraseggio è scolpito e solenne, quale si conviene a questo personaggio nel quale albergano ideali religiosi talmente radicati da risultare al limite del fanatismo.

Florina Ilie dona a Marguerite de Valois la freschezza di una vocalità aggraziata e dalla buona musicalità. Il colore chiaro e il timbro cristallino sono ben adeguati nel dipingere il ritratto di una giovane regina cui non manca un pizzico di civetteria. Le numerose difficoltà della frastagliata scrittura vengono superate agevolmente (non si comprende tuttavia il taglio della ripetizione della cabaletta), pregevole il controllo del canto sul fiato. Il soprano possiede, inoltre, una presenza scenica leggiadra che, combinata ad accenti vaporosi, conferisce credibilità a questa regina, più romantica e sognatrice che autoritaria, così come voluto da Meyerbeer.

Éléonore Pancrazi possiede l’esuberanza scenica e la malizia nel fraseggio che sono propri del paggio Urbain. Vocalmente si apprezzano i centri ben torniti e vibranti, ma il registro acuto suona costantemente stridulo e, spesso, al limite del grido.

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Enea Scala e Florina Ilie

Note positive per il Nevers di Marc Barrard, la cui linea vocale possiede la giusta nobiltà d’accento e la fierezza proprie del rango nobiliare di appartenenza. Ben sbalzato il momento nel quale il personaggio cerca di opporsi alla congiura che porterà alla strage finale.

Interpretativamente incisivo il Saint-Bris di François Lis, vocalmente ben sfogato pur con qualche disomogeneità nei passaggi più acuti.

Ben affiatato il folto stuolo dei comprimari.

Incisivo e ben a fuoco il Cossé di Kaëlig Boché, efficace e puntuale di Méru di Thomas Dear. Si apprezza l’ottima intonazione di Frédéric Cornille, Thoré, così come la musicalità di Carlos Natale, Tavannes. Ben sfaccettato il De Retz di Jean-Marie Delpas, tonante e squillante il Bois-Bosé di Alfred Bironien. Completa la locandina il corretto Maurevert di Gilen Goicoechea.

Il Coro dell’Opéra di Marsiglia, diretto ottimamente dal Maestro Emmanuel Trenque, risulta sempre efficace, per intensità e compattezza, particolarmente nella scena della congiura e benedizione dei pugnali di quarto atto.

Il pubblico, accorso numeroso, nonostante la calura quasi estiva, dopo aver salutato con grande entusiasmo i diversi brani, riserva un grandioso successo al termine a tutta la compagnia con ovazioni per i principali protagonisti. Si chiude così, con tanto di standing ovation, la stagione d’Opera 2022/2023 del teatro cittadino in attesa della inaugurazione, nel prossimo autunno, sempre nel segno di Meyrbeer con L’Africaine.

LES HUGUENOTS 

Grand-opéra in cinque atti
Libretto di Eugène Scribe ed Émile Deschamps
Musica di Giacomo Meyerbeer

Valentine Karine Deshayes
Marguerite de Valois Florina Ilie 
Urbain Éléonore Pancrazi
Raoul de Nangis Enea Scala
Le Comte de Nevers Marc Barrard
Marcel Nicolas Courjal
Le Comte de Saint-Bris François Lis
Cossé Kaëlig Boché
Méru Thomas Dear 
Thoré Frédéric Cornille
Tavannes Carlos Natale 
De Retz Jean-Marie Delpas
Bois-Bosé Alfred Bironien
Maurevert Gilen Goicoechea

Orchestra e Coro dell’Opéra de Marseille
Direttore José Miguel Pérez-Sierra
Maestro del coro Emmanuel Trenque
Regia Louis Désiré
Scene e costumi Diego Méndez-Casariego
Luci Patrick Méeüs

Foto: Christian Dresse