Adriana Lecouvreur – Teatro Massimo Bellini, Catania
Dopo una lunga assenza dal capoluogo etneo, torna al Teatro Massimo Bellini di Catania Adriana Lecouvreur, opera in quattro atti di Francesco Cilea su libretto di Arturo Colautti, tratto dall’omonimo dramma francese di Eugène Scribe e Ernest-Wilfrid Legouvé. L’ultima produzione catanese risale al febbraio del 2002, con la direzione di Maurizio Arena e la regia di Flavio Trevisan. Nel 1974 al Bellini il ruolo del titolo era stato interpretato da Virginia Zeani, celebre protagonista della scena lirica internazionale del XX secolo, scomparsa il 20 marzo 2023 all’età di 97 anni.
Il nuovo allestimento a Catania vede sul podio il direttore artistico del teatro, maestro Fabrizio Maria Carminati, la regia a quattro mani di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, il Coro istruito dal maestro Luigi Petrozziello e nei ruoli vocali artisti di fama internazionale come Rebeka Lokar (Adriana), Marco Berti (Maurizio, Conte di Sassonia), Anastasia Boldyreva (Principessa di Bouillon), Devid Cecconi (Michonnet), Blagoj Nacoski (L’abate di Chazeuil), Gianfranco Montresor (Principe di Bouillon).
Con il fondamentale contributo delle scenografie di Leila Fteita, dei costumi di Nicoletta Ceccolini e delle coreografie di Giusi Vittorino i registi Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi dedicano al pubblico catanese un grande omaggio alla Sicilia dei palazzi Liberty e specialmente al teatro come luogo archetipico dove tutto può e deve accadere, dove si ama, si odia, si tradisce, s’inganna, si scopre la verità, si piange, si ride, si sogna e infine si muore.
Un’opera da godere in un rapimento sinestesico per la straordinaria bellezza evocativa delle scene, che richiamano gli ambienti appartenuti alla famiglia Florio, per le sfavillanti luci dei saloni, per i preziosi ed eleganti costumi, per le suggestioni olfattive che sembrano farci percepire l’inebriante profumo dei gelsomini fioriti mentre le note struggenti dell’orchestra ci avvolgono e ci attraversano.
Tra le opere di Francesco Cilea Adriana Lecouvreur è certamente la più amata e fu rappresentata per la prima volta al Teatro Lirico di Milano il 6 novembre 1902 con Angelica Pandolfini nel ruolo di Adriana ed Enrico Caruso in quello di Maurizio. Al centro della storia c’è la figura storica di Adrienne Lecouvreur, la più grande attrice della Francia settecentesca, che rivoluzionò l’arte della recitazione, attirando su di sé l’invidia e l’ostilità delle rivali. Rivalità sulle scene e rivalità in amore, questo ci sembra il fil rouge che fa evolvere gli eventi narrati dal primo al quarto atto fino al tragico epilogo del finale.
L’iniziale apertura del sipario ci svela l’efficace scelta registica di far recitare gli artisti su un’ampia pedana lignea rialzata, che traduce visivamente la dimensione metateatrale del capolavoro di Cilea. L’opera inizia con il subbuglio e la concitazione dei commedianti che stanno provando una tragedia di Racine e con Michonnet, direttore di scena, che tenta affannosamente di soddisfare le richieste di tutti e di lì a poco sarà sul punto di dichiarare ad Adriana il profondo amore che nutre segretamente per lei. Accanto dunque al tema del teatro nel teatro, a quel caratteristico “Odor di palcoscenico” che il compositore e il librettista evocano fin dall’inizio dell’opera, si delinea il vero, intenso, tragico nucleo narrativo intorno al quale prendono forma le azioni sceniche: l’amore-passione celata, l’amore-possesso, l’amore-tradimento, l’amore-vendetta, l’amore-dissolvimento, l’amore-morte.
Adriana, interpretata da Rebeka Lokar, entra in scena non cantando ma recitando: ciò avviene perché l’attrice sta provando la sua parte prima dello spettacolo e, come tutti i grandi artisti, non è contenta della sua interpretazione, s’interrompe e dice “No, così non va bene!”. Ripete quindi con più forza e verità la sua battuta prima di iniziare la famosa aria che definisce i tratti della sua devota fedeltà alla disciplina dell’arte: “Io son l’umile ancella / del Genio creator: / ei m’offre la favella / io la diffondo ai cor…/ Del verso io son l’accento, / l’eco del dramma uman, / il fragile strumento / vassallo della man…”. L’esecuzione che di quest’aria fa il soprano sloveno rivela uno studio attento e una perfetta padronanza del proprio strumento vocale, coltivato con tecnica competente. La Lokar, consapevole della difficoltà del ruolo, lo affronta con maturità sia come cantante che come attrice, superando brillantemente il suo doppio debutto nel personaggio e sul palcoscenico del Teatro Massimo Bellini. Risolvendo abilmente i rapidi passaggi dalla recitazione al canto con il controllo del fiato, riesce a rendere le infinite sfumature cromatiche presenti in ogni frase e in ogni situazione per restituirci un personaggio a tutto tondo nei confronti del quale proviamo una naturale empatia rispetto al suo desiderio di verità e amore sincero, al suo dolore per i sentimenti traditi, al suo disperato abbandono del finale. In un crescendo di drammaticità e lirismo Adriana/Rebeka attraversa la parabola umana di una giovane artista che ha conosciuto la gioia del successo e si ritrova infine sola (quarto atto) a fare i conti con la crudeltà della vita, circondata da ritratti di donne, cornici vuote e specchi. La presenza di un enorme specchio domina la scena anche nel primo atto, come un simbolo che ci rammenti quanto la finzione e la realtà si riflettano l’una nell’altra fino a confondersi e coincidere. Rebeka Lokar incanta il pubblico con la sua voce vellutata, dolcissima nelle mezze voci, cristallina e vulcanica nel registro acuto, regalando un momento di purissima emozione con l’esecuzione dell’aria del finale “Poveri fiori”: Adriana muore per aver respirato il profumo delle violette avvelenate e ridotte in cenere come la sua vita e il suo amore.
Anastasia Boldyreva, anche lei al debutto nel ruolo, incarna una superba Principessa di Bouillon, assai elegante nei costumi che ricordano il Ritratto di donna Franca Florio di Giovanni Boldini. Voce ampia, duttile, calda, di un colore a tratti tenebroso ma che riesce a rendere accattivante e seducente il suo personaggio dalla passionalità nefasta, sostenuto anche da una signorile avvenenza, dal portamento deciso, dalla maturità attoriale.
Conteso tra le due primedonne è Maurizio, Conte di Sassonia, interpretato da Marco Berti, tenore dal bel peso vocale che offre un cromatismo esteso negli acuti e controlla bene la linea di canto, convincendo grazie allo slancio appassionato con cui si accosta alla partitura di Cilea.
Per l’intera durata della recita colpisce la bravura di Devid Cecconi, che riesce a rendere un solido Michonnet, efficace sia dal punto di vista dell’esecuzione vocale che dell’interpretazione attoriale.
Benissimo per il tenore macedone Blagoj Nacoski nei panni dell’Abate di Chazeuil, ricercato nell’accento ed estremamente incisivo nella mimica e nel gesto scenico. Brioso anche il contributo di Gianfranco Montresor nel ruolo del Principe di Bouillon. Funzionale e ben riuscita la prova del quartetto dei devoti teatranti della Comédie, Angelo Nardinocchi (Quinault), Marco Puggioni (Poisson), Tonia Langella (Dangeville) e Elena Borin (Jouvenot).
Intensa, puntigliosa, penetrante la direzione del maestro Carminati che ci restituisce le atmosfere crepuscolari e malinconiche dell’opera di Francesco Cilea grazie all’ottima risposta dell’orchestra del Bellini in grande forma, capace di evidenziare gli infiniti intarsi e sfumature di questa partitura.
Pregevole e fondamentale anche il contributo del Coro sotto la direzione del maestro Petrozziello.
Gavazzeni e Maranghi firmano la regia di uno spettacolo profondamente estetico, armonioso, coerente e drammaticamente pregnante, denso, colto, cui il pubblico del Sada tributa un grandissimo meritato consenso.
Adriana Lecouvreur
Opera in quattro atti su libretto di Arturo Colautti
dal dramma di Eugène Scribe e Ernest-Wilfrid Legouvé
Musica di Francesco Cilea
Adriana Lecouvreur Rebeka Lokar
Maurizio, Conte di Sassonia Marco Berti
La Principessa di Bouillon Anastasia Boldyreva
Michonnet Devid Cecconi
Principe di Bouillon Gianfranco Montresor
L’abate di Chazeuil Blagoj Nacoski
Adriana Lecouvreur Rebeka Lokar
Maurizio, Conte di Sassonia Marco Berti
La Principessa di Bouillon Anastasia Boldyreva
Michonnet Devid Cecconi
Principe di Bouillon Gianfranco Montresor
L’abate di Chazeuil Blagoj Nacoski
Quinault Angelo Nardinocchi
Poisson Marco Puggioni
Dangeville Tonia Langella
Jouvenot Elena Borin
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del Coro Luigi Petrozziello
Regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Scene Leila Fteita
Costumi Nicoletta Ceccolini
Coreografia Giusi Vittorino
Direttore degli allestimenti scenici Arcangelo Mazza
Assistente ai costumi Giovanna Giorgianni
Allestimento del teatro Massimo Bellini