Recital di canto Anna Netrebko / Elena Bashkirova – Teatro alla Scala, Milano
Anna Netrebko conquista la Scala di Milano con un recital di canto incentrato sulle romansy.
“La primavera dorme lieve/sul prato trasparente/fra il vuoto dell’erba/e il tepore del vento.
Nell’acqua del suo seno/guardo il mio viso selvaggio/di ragazzo specchiato su viole/morte da mille annate.
Ma dorme… Il suo veleno/è il tiepido respiro dell’orizzonte chiuso/nel celeste del suo giro.”
Con questi versi, Pier Paolo Pasolini celebrava la sottile malinconia racchiusa nella primavera e allo stesso modo lo fanno Nikolaj Andreevič Rimiskij-Korsakov, Sergej Vasil’evič Rachmaninov e Pëtr Il’ič Čajkoskij i tre autori scelti da Anna Netrebko per un delicatissimo e particolare recital scaligero. Così, in una sera che precede il primo giorno di primavera, ci perdiamo nella poesia dei versi (spesso di Puškin) messi in musica dai tre grandi musicisti russi: un viaggio fatto di speranza verso il nuovo e la rinascita frammista di malinconia, caducità e nostalgia. Un excursus che tocca i temi dell’amore, della patria persa, della bellezza della natura e del suo risveglio. Argomenti delicati e poetici che richiedono la sensibilità di due grandi interpreti sul palco quali sono la stella indiscussa della lirica mondiale Anna Netrebko e la bravissima pianista Elena Bashkirova.
La prima parte della serata è interamente dedicata alle musiche di Nikolaj Andreevič Rimiskij-Korsakov.
Accolta da una grande ovazione, Anna Netrebko appare al proscenio indossando un elegantissimo e luccicante abito color crema; un profondo inchino di ringraziamento con pose da autentica tragedienne e la serata può finalmente cominciare (con un lieve ritardo che disattende la ben nota puntualità del teatro meneghino).
Il soprano inizia la sua prova con la declamazione di alcuni versi russi e lo fa con tale eleganza e classe da far passare in secondo piano la difficile comprensione della lingua. Prende avvio, così, una sequenza di romansy, impreziosite, con vere e proprie pennellate di suono, dalla vocalità smaltata e rigogliosa del soprano russo. La linea musicale, di puro velluto, sembra adagiarsi tra le righe del pentagramma con inusitata morbidezza ed acquisire naturale comunicatività ed espressività. Bastano pochi istanti e si ha la sensazione di trovarsi, come di incanto, in un salotto dal sapore decadente, con il pubblico raccolto attorno alla grande artista e al pianoforte, una dimensione intima e magica creata, in primis, dalla voce ammaliante della Netrebko, ma anche dalla sua gestualità seducente ed ipnotica. Il climax della prima parte del concerto viene raggiunto, senza ombra di dubbio, con l’”Inno al sole” dall’opera Il Gallo d’oro, ultima opera di Rimiskij-Korsakov. In questa pagina il canto sembra fluttuare nell’aria, rifulgendo solido e compatto a tutte le altezze. Gli attacchi in pianissimo di certe note acute rendono l’esecuzione scintillante ed ammaliante; a ciò si aggiunge il gioco ammiccante della cantante con i veli dell’abito e ben comprendiamo l’ovazione del pubblico che accoglie il termine del brano. Altra pagina degna di nota è, poi, la “Scena dello scioglimento”, dall’opera La fanciulla di neve. Anche in questo caso la purezza di un canto immacolato e di un legato di prim’ordine, si uniscono ad una gestualità composta ma che ben riflette l’emotività del personaggio in questo particolare momento.
Al termine dell’intervallo, prima del rientro in sala della Netrebko, un curioso fuori programma: da un palco di proscenio cade sul palcoscenico un cellulare scatenando l’ilarità del pubblico: e dire che un tempo si lanciavano fiori.
Il soprano torna in scena con un vestito dall’ampia gonna a tema floreale, un omaggio alla primavera oramai alle porte.
La seconda parte del programma si apre con la sezione di brani di Sergej Vasil’evič Rachmaninov. Una sequenza di liriche nella cui esecuzione la vocalità della Netrebko sembra trovare il proprio terreno ideale. Come noto, rispetto ai primi anni di carriera, il colore vocale è divenuto più scuro, ma, specialmente in queste pagine, le attuali caratteristiche timbriche della vocalità del soprano si sposano perfettamente a quel turbinio di sentimenti e struggimenti descritte dalla musica dell’autore. Come nella prima parte del concerto, anche in questa occasione ritroviamo una serie di prodigi vocali di grande effetto, su tutti la purezza madreperlacea dei pianissimi e la forza vibrante e dirompente del registro acuto. Tra i brani in programma spicca l’aria “Oh, non piangere, Paolo mio” dall’opera Francesca da Rimini, costruita in un perfetto equilibrio tra amorosa dolcezza e appassionato struggimento.
La chiusura del concerto spetta a Pëtr Il’ič Čajkoskij con le sue melodie dagli echi spiccatamente romantici, intervallate da pagine dal ritmo più brillante, ben sottolineato da alcuni accenni a passi di danza mirabilmente eseguiti dalla Netrebko.
La serata volge verso il termine ma, come da tradizione, il pubblico chiede a gran voce dei bis. Viene così concessa una altra aria tratta dalla Francesca da Rimini: una pagina intensa e vibrante, giocata sulla zona di passaggio con frequenti incursioni nel registro acuto, affrontate con esibita sicurezza dal soprano.
La conclusione della serata, da sola, vale il concerto: una esecuzione mirabolante di Meine lippen sie küssen so heiß dalla Giuditta di Franz Lehár. In questa pagina, la Netrebko dà fuoco alle polveri eseguendo piroette per tutto il palcoscenico mentre sciorina con suadente dolcezza la melodia dischiusa dal ritmo cullante dell’autore.
Abbiamo accennato più volte all’accompagnamento al pianoforte che, in questa serata, ha avuto in Elena Bashkirova, non una semplice esecutrice, ma una interprete d’eccezione. Virtuosismo e poliedricità si fondono in un quadro sonoro delicatissimo e sfumato, una eccellente sponda per il soprano ed una pianista dall’indubbia bravura e carisma.
Alla fine della serata abbiamo ancora di più una convinzione: Anna Netrebko è una artista sopraffina, in grado di sublimare l’arte e portarla ad un livello superiore dove ogni brano non è semplicemente eseguito, ma intriso di colori, arabeschi e voluttuose emozioni. La diva gioca in casa, forse, ma alla fine la Scala, esaurita in ogni ordine di posto è tutta ai suoi piedi adorante.
Foto: Tim Osipov