La bohème – Teatro alla Scala, Milano
“Ho sempre pensato che l’opera sia un pianeta dove le muse lavorano assieme, battono le mani e celebrano tutte le arti” così dichiarava il grandissimo Franco Zeffirelli all’International Herald Tribune di Parigi il 21 marzo 1990. Una vita, la sua, spesa per il teatro e oggi, a cento anni esatti dalla nascita del regista, il tempio della lirica meneghino lo celebra. Al Museo Teatrale alla Scala, potete vedere infatti una bella mostra curata da Vittorio Crespi Morbio dal titolo “Zeffirelli, gli anni alla Scala” (fino al 31 agosto 2023). I festeggiamenti si completano poi con il ritorno, sulla scena del Piermarini, dello storico allestimento zeffirelliano di Bohème del 1963, “una parte di identità stessa della Scala” come leggiamo sul sito del teatro.
In una sala strapiena principalmente di turisti stranieri, va in scena sicuramente un pezzo di storia che forse il pubblico confonde però con la identità attuale della Scala. Una sorta di gioco di citazioni e rincorse nel tempo che parte del pubblico, soprattutto estero, temiamo abbia frainteso, intendendo questa operazione come attualità e non come omaggio. Uno spettacolo, come dicevamo, curato in origine nelle scene e nella regia da Franco Zeffirelli, e qui ripreso da Marco Gandini. Un allestimento che è storia del nostro teatro e così va visto: non sarebbe giusto e possibile giudicarlo con i criteri registici attuali. Abbiamo notato però, questo va detto, una certa sovrabbondanza delle comparse in scena che, soprattutto nel secondo atto, sconfina con l’horror vacui. Tolto questo dettaglio, visivamente resta ancora un allestimento piacevole da vedere grazie anche ai costumi, curatissimi, di Piero Tosi, qui ripresi da Anna Biagiotti e alle luci del sempre bravo Marco Filibeck.
Interessante il versante musicale dello spettacolo.
Marina Rebeka veste i panni di Mimì con la classe e la raffinatezza di una vocalità sontuosa, dal timbro madreperlaceo e smaltato. Alla innegabile bellezza di uno strumento, che brilla per ricchezza di armonici, si unisce la sicurezza di una vocalità che si staglia tra le righe dello spartito compatta e con grande morbidezza. Particolarmente suggestivi risultano alcuni passaggi dell’aria di primo atto (“ma quando vien lo sgelo”, ad esempio, attaccato con dolcezza); tutta la seconda parte, poi, in particolare “donde lieta uscì” e il finale, mette in luce una notevole sensibilità esecutiva. Sempre composta l’interprete; una Mimì ben tratteggiata nella sua dolcezza e avulsa da certo manierismo.
Al suo fianco il tenore Freddie De Tommaso, che si apprezza per uno strumento vocale corposo e dalle indubbie qualità, su tutte il timbro schiettamente mediterraneo. I centri si mostrano duttili; va rilevato, tuttavia, come specie nella zona di passaggio, la voce tenda talvolta ad offuscarsi e risulti un poco indietro, poi, in acuto. Convenzionale l’interprete, corretto, ma poco sfumato.
Luca Micheletti è un Marcello semplicemente perfetto. La vocalità del baritono, dal suadente colore luminoso, accarezza lo spartito e dipinge ogni frase con dolcezza e appropriatezza stilistica. Eccezionalmente sfumato e variegato il fraseggio, grazie al quale Micheletti riesce a valorizzare ogni singola parola del libretto. Che dire poi della presenza scenica? Questo pittore sa essere, all’occorrenza, un poco guascone e spavaldo, ma anche un amante appassionato e focoso.
Ottima impressione anche per la Musetta di Irina Lungu che, in alcune recite di questa produzione vestirà i panni di Mimì. La vocalità del soprano, di buon volume e dal colore squisitamente lirico, contribuisce a tratteggiare un personaggio più compiuto, una donna caparbia e dotata, ad un contempo, di grande umanità. Eccellente l’esecuzione che culmina, come giusto che sia, nell’ammiccante valzer di secondo atto, concluso da un riuscitissimo filato che brilla per musicalità. Sempre presente e coinvolta l’interprete, particolarmente apprezzabile nel far percepire il mutamento tra la spensieratezza della sua scena di ingresso e la drammaticità del finale.
Un plauso incondizionato a Jongmin Park che riesce a dar vita al personaggio di Colline con un mezzo ampio e dal colore vellutato. Toccante l’esecuzione di “vecchia zimarra”, affrontata con cantabile morbido e sfumato.
Note positive anche per l’ultimo bohemien della compagnia, il baritono Alessio Arduini che, con voce fresca e ben timbrata, disegna uno Shaunard adeguatamente brioso e coinvolto.
Di spicco, per compostezza vocale ed incisività dell’accento, la prova di Andrea Concetti, impegnato nel duplice ruolo di Benoît e Alcindoro.
Ben a fuoco Hyun-Seo Davide Park e Giuseppe De Luca, solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala, nei ruoli, rispettivamente, di Parpignol e il sergente dei doganieri.
Completano la locandina Alessandro Senes, un doganiere, e Luigi Albani, un venditore ambulante.
Resta da dire, infine, della direzione di Eun Sun Kim, direttore d’orchestra coreana, priva, in questa occasione, di qualunque mordente o sensibilità. Capita così di assistere ad una esecuzione asettica della partitura ed è cosa purtroppo non di poco conto se pensiamo che quest’opera ci parla di sentimenti e di amore. Il suono che esce dalla buca è molto bello, senza dubbio, ma questo è anche il merito dei complessi dell’Orchestra del Teatro alla Scala che mostrano, anche in questa occasione, una certa familiarità con lo stile pucciniano. Quello che manca, tuttavia, è quello stimolo dal podio che sappia creare dinamiche avvolgenti e sonorità struggenti e intrise di passione.
Anche il Coro del Teatro alla Scala, sotto la guida del bravissimo Alberto Malazzi, al di là della esemplare compattezza, sembra meno coinvolto che in altre occasioni.
Eccellente è, al contrario, il Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala.
Grande successo al termine con applausi travolgenti per tutti gli interpreti. Qualche, seppur sparuto, dissenso all’indirizzo del direttore.
L’opera è in scena sino al 26 di marzo, in un susseguirsi di repliche che registrano il tutto esaurito.
LA BOHÈME
Opera in quattro quadri
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henry Murger
Musica di Giacomo Puccini
Mimì Marina Rebeka
Rodolfo Freddie De Tommaso
Musetta Irina Lungu
Marcello Luca Micheletti
Schaunard Alessio Arduini
Colline Jongmin Park
Benoît/ Alcindoro Andrea Concetti
Parpignol Hyun-Seo Davide Park
Sergente dei doganieri Giuseppe De Luca*
Un doganiere Alessandro Senes*
Un venditore ambulante Luigi Albani
*Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala
Direttrice Eun Sun Kim
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia e scene Franco Zeffirelli
Regia ripresa da Marco Gandini
Costumi Piero Tosi ripresi da Anna Biagiotti
Luci Marco Filibeck
FOTO: Brescia – Amisano Teatro alla Scala