Amadeus – Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma
“Mozart è il mio eroe”: con queste parole il M° Manfred Honeck esprime il suo entusiasmo per i concerti in programma il 23, 24 e 25 febbraio presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone in Roma. Supportato da Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Honeck dirige due brani celebri del compositore austriaco: Sinfonia n.40 in sol minore (K550) e la Messa in do minore per soli, coro e orchestra (K427). Un programma intenso, dunque, che l’Accademia stessa presenta al pubblico condividendo sui social un breve video in cui è proprio il direttore d’orchestra a raccontare e raccontarsi in relazione alle due opere di Mozart. Con questo video è già possibile intuire l’idea di base con la quale Honeck prepara il concerto, ma è nel programma di sala che si evince chiaramente l’impronta filologica sulla quale il Maestro costruisce le fondamenta della concertazione.
A partire da questi presupposti e conscio delle mirabili capacità espressivo-musicali dei professionisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Honeck offre al pubblico della prima serata un concerto pieno di colori. Contrasti dinamici esasperati, tempi dal metronomo particolarmente brillante, accenti decisi, fraseggi limpidi, armonie chiare e pulite contraddistinguono la compagine strumentale per tutta la durata del concerto, ma è nella seconda parte, quando ai professori d’orchestra si aggiungono quelli del coro, che i colori diventano ancora più vivaci. Fin dal “Kyrie” iniziale, l’articolazione delle parole è puntuale e il testo ben comprensibile, così come gli ingressi delle varie voci nell’allegro vivace del “Gloria in excelsis Deo”; nei movimenti più impegnativi, come quelli in cui è presente il doppio coro, il contrappunto delle voci è ben scandito e supportato da quello orchestrale; il gesto del direttore è chiaro, non perde un attacco e anticipa le intenzioni musicali quel tanto che basta perché vengano restituite nel momento giusto della partitura. Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia seguono attentamente Manfred Honeck e il risultato di questa intesa artistica è un’ottima sinergia di suoni che accarezzano gli spettatori e sostengono i solisti senza mai prevaricarli.
In riferimento ai solisti si apre un nuovo, piacevole, paragrafo. La parte del primo soprano è affidata a Rosa Feola, tornata di recente da alcune produzioni operistiche al Metropolitan di New York e al Covent Garden di Londra. Rosa Feola è sinonimo di certezza e affidabilità e in questo concerto non fa che confermare la sua solida preparazione tecnica e musicale e le sue grandi doti espressive. La voce è vellutata, morbida, avvolgente, carezzevole nei fraseggi e uniforme nei registri che il soprano gestisce con abilità nel “Kyrie” della Messa in do minore K427, aria vocalmente difficile poiché raggiunge note estremamente gravi della tessitura; ma la solidità tecnica della Feola si evince anche dalla naturalezza delle agilità, dalla perfezione dei trilli e delle appoggiature e dalla gestione degli acuti sempre morbidi e ricchi di armonici in tutte le parti della lunga e articolata messa.
Lea Desandre, secondo soprano, sorprende e riscuote grande successo in sala. Si presenta sul palco con semplicità, vestita con un sobrio tailleur che cade sulla sua corporatura esile e la fa apparire come il giovane Cherubino, ruolo da lei stessa già interpretato nel 2021. Nel “Laudamus te”, primo brano in cui è possibile apprezzare il secondo soprano, la Desandre lascia tutti a bocca aperta: il colore della voce è molto piacevole, l’intonazione perfetta, il suono ben proiettato percorre tutta la grande sala; agile, uniforme, precisa, sembra un vero e proprio strumento d’orchestra e i commenti positivi sulla sua performance sono molti a fine concerto.
Nel “Domine Deus”, allegro moderato per due soprani, Rosa Feola e Lea Desandre uniscono le loro capacità tecniche e musicali e restituiscono un’esecuzione brillante e apprezzata dal pubblico in sala.
Andando avanti, la Messa in do minore K427 offre altre preziose perle. Nel “Quoniam tu solus” alle due voci femminili si aggiunge quella del tenore. Lo svizzero Mauro Peter è pienamente nel suo repertorio e lo si capisce immediatamente dal colore chiaro della voce e dal fraseggio leggero, tipico delle opere mozartiane, che caratterizzano questo bravo interprete. “Et incarnatus est” è il brano in cui il soprano primo dialoga strettamente con tre strumenti obbligati, qui proposti dai solisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: Andrea Oliva al flauto, Fabien Thouand all’oboe e Alvaro Prieto al fagotto, che raggiungono Rosa Feola in prima linea ed eseguono un vero e proprio quartetto; di rilievo per l’amalgama sonora dell’orchestra, l’organo positivo è suonato da Angelo Michele Errico, che supporta, senza eccedere, l’intera esecuzione, conferendo particolare incisività ritmica. In ultimo, ma solo per cronologia di esecuzione, il quartetto “Benedictus qui venit” vede l’intervento del basso Patrizio La Placa, giovane artista del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, che lascia le fila del coro per affiancare Peter. Figlio artistico dell’ambiente romano, Patrizio La Placa sfoggia un mezzo piacevole e riccamente sonoro che si fa apprezzare dal pubblico.
Gli applausi finali sono lunghi e convinti, Honeck, i solisti e il Maestro del Coro, Piero Monti, devono uscire più volte sul palco per salutare il pubblico entusiasta.
AMADEUS
Direttore Manfred Honeck
Soprano I Rosa Feola
Soprano II Lea Desandre
Tenore Mauro Peter
Basso Patrizio La Placa
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini