Spettacoli

Doktor Faust – Teatro del Maggio, Firenze

Il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino propone coraggiosamente Doktor Faust di Ferruccio Busoni, realizzando un allestimento complesso ed affascinante, per la prima volta in Italia nell’originale libretto tedesco, con la direzione di Cornelius Meister e la regia di Davide Livermore. In questa produzione, Faust ci viene presentato con le sembianze del compositore, instaurando così un continuo parallelismo, e in certi casi una vera e propria sovrapposizione, tra la figura del mito e quella del musicista. Fin dalla scena iniziale troviamo infatti il protagonista insieme ad altri personaggi vestiti come lui e che, uno dopo l’altro, si riveleranno essere il servitore, i tre studenti, i cinque demoni e perfino Mefistofele. L’individuo ci è dunque mostrato come una pluralità di soggetti, uno, nessuno, centomila ed in bilico tra il cielo e l’inferno. “Spirito audace, […], profondissimo sapiente, d’inferni dominatore; ambiguo a volte, uomo più spesso debole e tuttavia anche ben altro, forte combattente che spinge i dubbi in ogni direzione”: in questo modo lo stesso Busoni ci descrive il suo eroe eponimo nella premessa indirizzata agli spettatori, che nell’esecuzione fiorentina viene letta a più voci, accompagnata da “La campanella” di Paganini, in una registrazione pianistica dell’autore medesimo.

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Daniel Brenna

Il Faust cantato dal nostro compositore, nato ad Empoli ma di lingua e cultura germanica, non è tuttavia quello consacrato da Goethe, ma si rifà esplicitamente alla tradizione del teatro delle marionette che, come del resto anche il dramma di Cristopher Marlowe, trae origine dalla storia romanzata di un alchimista realmente esistito tra Quattro e Cinquecento. L’ispirazione è dunque di matrice popolare ma la costruzione dell’opera avviene in una modalità quanto mai sofisticata e squisitamente intellettuale. Risulta pertanto appropriata la scelta di Livermore di connotare il protagonista come filosofo divorato dall’ennui e come artista seducente ma sradicato, esiliato e maledetto. Emblematico in questo senso il quadro centrale del matrimonio a Parma, tetro e sinistro nei costumi di Mariana Fracasso in stile Germania anni venti, festa dove il mago Faust produce i suoi incantesimi suonando ad un pianoforte tempestato di saette. Eloquente in tale contesto l’impiego del mimo, fauno e caprone diabolico, che incarna la parte pulsionale ed animalesca del pianista incantatore, in linea con quanto riportato nel sopra menzionato avviso agli spettatori “Signore del pensiero, servo dell’istinto, che nello sviscerare tutte le cose non arriva a nessuna soluzione”. Tormento senza estasi, quindi. E infatti, nel Primo Prologo, ci troviamo in una biblioteca, simile ad un archivio, con un cumulo che pare di libri inceneriti e con uno sfondo futuristico che ricorda Guerre Stellari. Domina la scena una grande apertura, che fa un po’ astronave e un po’ occhio del Pantheon, cerchio magico e porta di accesso a quel meraviglioso a cui deve aspirare l’arte secondo la poetica di Busoni. Le proiezioni di D-Wok, con le scene di Giò Forma e le luci di Fiammetta Baldiserri, costituiscono un elemento essenziale dell’allestimento, creando effetti imponenti e suggestivi. Destano stupore le immagini del crepuscolo e degli astri e poi quelle delle fiamme durante l’invocazione di Lucifero. Se l’intermezzo scenico, ambientato nell’obitorio di una clinica e non in una chiesa, affievolisce la portata del gesto sacrilego rendendo poco comprensibile tutto l’episodio, il quadro conclusivo ha invece un forte impatto visivo, con la crocifissione al femminile che sovrappone la bellezza di Elena alla passione del Cristo. Infine, la sospensione nel vuoto di Faust sulla poltrona, spogliato, a cullare un immaginario bambino, rende plasticamente l’incertezza circa il suo eterno destino, forse dannato come in Berlioz, forse salvato come è in Goethe.

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Olga Bezsmertna, Joseph Dahdah, Wilhelm Schinghammer, Dietrich Henschel, Daniel Brenna

Doktor Faust può considerarsi il lavoro di una vita, quasi una summa a cui Busoni si dedicò per quattordici anni fino alla sua morte, senza portarla a compimento; sarà il suo allievo Philipp Jamach a completarla avvalendosi di appunti e riutilizzando materiale già composto. Realizzata in sette parti che vengono giustapposte più che logicamente concatenate, l’opera è strutturata specularmente attorno all’azione principale della festa, con una costruzione che guarda a modelli complessi e filosofici come “Il flauto magico”. L’ambizioso progetto si fonda sull’idea che il teatro d’opera possa divenire la perfetta attuazione di una sorta di etere musicale, armonia delle sfere o anima del mondo, a cui ogni composizione appartiene e di cui costituisce un infinitesimo frammento. La musica tuttavia non ha sempre la forza delle idee che vorrebbe veicolare o per meglio dire la forma dell’idea musicale non sembra in taluni frangenti allineata con le intenzioni altisonanti dell’autore. Alcune parti hanno infatti un modesto vigore drammatico e faticano a prendere quota, non solo per mancanza di inventiva melodica ma soprattutto per eccessiva uniformità. Così, sequenze come il Primo Prologo o l’inno alla bellezza ideale del penultimo quadro non ci raggiungono con quell’intensità emozionale che invece dalla situazione ci si aspetterebbe.

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Cornelius Meister alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ci offre una lettura attenta e dettagliata, con un suono trasparente e definito. Di estrema precisione riescono gli interventi delle percussioni, che alleggeriscono costantemente l’imponenza della massa orchestrale. L’attacco è delicato ed inquieto nella veste liturgica del coro fuori scena, mentre il Prologo con l’apparizione dei demoni è di forte tensione drammatica. Solenne l’Intermezzo scenico e delineato con turbata vivacità tutto l’affresco di Parma, con i cupi e compatti momenti del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto con bravura da Lorenzo Fratini. Particolarmente suggestivo l’Intermezzo musicale, denso e pesante, eppure con brevi aperture melodiche che faticano a prendere forma, creando effetti di tenebra e luce. Costruito con rigore il gioco contrappuntistico degli studenti nella taverna, dove si armonizza un licenzioso Te Deum con la cantata di Bach. Morbido il preludio all’ultimo quadro, con una melodia più netta e distesa, mentre risultano impalpabili e comunque incisive le sonorità del finale.

Dietrich Henschel esprime con originalità l’inquietudine di Faust, delineando un moderno tormento esistenziale che nasce dall’insoddisfazione e dall’incertezza ancor più che dalla smodata bramosia di conoscenza. Sempre in scena, senza cedimenti, impegnato talora in monologhi estenuanti, il baritono dimostra una spiccata intenzione espressiva e un fraseggio ampio, anche se con una moderata accentazione e qualche acuto un po’ sforzato. Sognante e passionale nella sequenza della festa, risulta poi intensamente drammatico nella scena conclusiva.

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Dietrich Henschel

Daniel Brenna è un Mefistofele dalla voce chiara ed estesa. Doppio diabolico del protagonista, incarna uno spirito freddo e distaccato, spietatamente razionale e con punte di tagliente ironia. Ha una linea accurata e definita, con guizzi “veloci come il pensiero”, ma con acuti non sempre ben proiettati.

Nel ruolo della Duchessa di Parma, Olga Bezsmertna realizza un momento di intenso lirismo con il suo ampio monologo. Il canto è fluido ed omogeneo ed esprime assai efficacemente la passione amorosa che da una carnalità travolgente ascende e si smaterializza in una dimensione spirituale.

Di rilievo anche l’interpretazione di Joseph Dahdah, luminoso e ben impostato. Raffigura tragicamente il Soldato, fratello di Margherita, e ritrae in maniera convincente la gelosia ed il nervosismo del Duca di Parma.

Profondo e con un articolato fraseggio, Wilhelm Schinghammer nelle vesti del servitore Wagner, del Cerimoniere e del Rettore; melodico e incisivo Florian Stern, il Tenente qui caratterizzato come medico. Ieratici ed inquietanti gli studenti di Cracovia degli affiatati Martin Piskorski, Marian Pop e Lukasz Konieczny. Adeguatamente assortito l’ensemble degli spiriti infernali con altezza vocale crescente: Gravis di Dominic Barberi, Levis di Marcell Bakonyi, Asmodus di Zachary Wilson, Beelzebuth di Franz Gürtelschmied e Megaros di Ewandro Stenzowski. Corretti anche come studenti di Wittemberg, pur con alcune mancanza qua e là di volume, ed appropriate le Frauen Stimmen di Mariia Kokareva, Olha Smokolina e Aleksandra Meteleva.

Tutti molto applauditi, con particolari tributi a Henschel e Bezsmertna, Meister e Livermore, nella gratitudine per uno spettacolo raro e prezioso.

DOKTOR FAUST

Oper (Dichtung für Musik) in drei Bildern, mit zwei Vorspielen und einem Intermezzo
Libretto von Ferruccio Busoni 
nach dem gleichnamigen Puppenspiel
Musik von Ferruccio Busoni
Ergänzt und vollendet von Philipp Jarnach (1925)

Maestro concertatore e direttore
 Cornelius Meister
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Mariana Fracasso
Luci Fiammetta Baldiserri
Video D-Wok

Doktor Faust Dietrich Henschel
Mephistopheles Daniel Brenna
Wagner, sein Famulus, später rector Magnificus /
Der Zeremonienmeister  Wilhelm Schinghammer
Der Herzog von Parma
Soldat, 
Bruder des Mädchen Joseph Dahdah
Die Herzogin von Parma Olga Bezsmertna
Ein Leutnant  Florian Stern
Drei Studenent aus Krakau Martin Piskorski, Marian Pop, Lukasz Konieczny
Theologe / Gravis Dominic Barberi
Jurist / Levis Marcell Bakonyi
Naturgelehrter / Asmodus Zachary Wilson
Studenten aus Wittenberg Martin Piskorski, Franz Gürtelschmied, Marian Pop, Florian Stern
                                                Ewandro Stenzowski
Beelzebuth Franz Gürtelschmied
Megäros  Ewandro Stenzowski
Frauen Stimmen  Mariia Kokareva, Olha Smokolina, Aleksandra Meteleva

Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Foto: Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino