Il barbiere di Siviglia – Teatro Regio, Torino
Si apre nel segno di Rossini la stagione del Teatro Regio di Torino e con il suo titolo più eseguito, Il barbiere di Siviglia, in un’edizione sicuramente interessante anche se non completamente riuscita. È più che buono il versante prettamente musicale; Diego Fasolis guida l’orchestra del Regio con solida competenza e stile impeccabile mantenendo il più possibile coeso il dialogo tra buca e palcoscenico, sostenendo e accompagnando precisamente i solisti e gli interventi corali. L’orchestra risponde brillantemente donando verve e vitalità alla musica del genio pesarese. Sempre ottimi gli interventi al fortepiano di Carlo Caputo. Protagonista nel ruolo del titolo è John Chest il quale incarna alla perfezione il Figaro irriverente (anche troppo), donnaiolo e zingaresco pensato dall’interpretazione registica di Pierre-Emmanuel Rousseau come emblema della “gente nuova” insieme ad una vivacissima Rosina (l’allestimento arriva nel teatro del capoluogo subalpino dall’Opéra di Strasburgo). Chest viene “lanciato” in scena da una comparsa femminile, presumibilmente un’amante, la quale scaccia Figaro di casa con malagrazia. È vestito solo di una canottiera piuttosto sporca e di un paio di calzoni tenuti insieme da una sciarpa alla foggia spagnola. Le braccia sono ricoperte di tatuaggi e proprio come un vagabondo porta tutti i suoi averi in una sacca, comprese un paio di espadrillas che raramente mette ai piedi ed una giacca patchwork di nuovo di taglio spagnolo tradizionale.
Figaro ed il resto dei personaggi si muovono in un ambiente chiuso sui tre lati, le mura laterali sono di un rosso intenso e sullo sfondo vi sono prima un muro di azulejos e poi lo stesso muro rosso. Sui due lati sono presenti grandi cancelli a sottolineare la prigionia di Rosina e sulla destra in particolare vi è anche il balcone. Al centro dello spazio scenico durante la seconda parte del primo atto si apre un impluvio e i mobili sono stile impero. Il finale è movimentato dalla discesa di una mongolfiera dall’ovale presente sul soffitto. I novelli sposi si congedano dal pubblico salendo proprio sulla mongolfiera. Sono settecenteschi i costumi di Berta e dei due mimi servitori, Bartolo è il ritratto del perfetto borghese della seconda metà dell’ottocento, il Conte è un toréador un pò glam e Rosina indossa invece degli elegantissimi abiti, il primo in simil stile impero turchese e rosa ed il secondo una rivisitazione del classico abito spagnolo di colore rosso e nero completo di pettine da mantilla. Don Basilio è invece fatto assomigliare ad una sorta di molesto e viscido Rasputin dall’ambiguo interesse verso Rosina. Pienamente riuscito è il ritratto del Conte come arrogante, annoiato aristocratico il quale vuole conquistare Rosina solo per gioco e soprattutto per vanità. É evidente da parte del regista la presa in considerazione degli altri due titoli della trilogia dedicata a Figaro di Beaumarchais. A tutto questo si aggiungono gag e siparietti davvero scontati e dei fastidiosi balletti in stile moderno in corrispondenza di ogni concertato. Il risultato è un pot-pourri di modernità e tradizone, Spagna e Francia che fa invero un pò parere “d’essere con la testa in un’orrida fucina”; funziona (anche se solo in parte per chi scrive) grazie alla presenza di un cast all’altezza delle richieste.
Altalenanti i risultati ottenuti dalla compagnia di solisti: John Chest presta una voce sonora e squillante al suo personaggio ed il fraseggio è vivace e puntuale. Si nota in alcuni passaggi una tendenza all’eccessiva forza nell’emissione ma nel complesso il suo ritratto del “factotum” si può considerare riuscito. Giunto in sostituzione del collega indisposto, Antonino Siragusa porta al ruolo del Conte la grande professionalità e la certosina conoscenza del ruolo cui ci ha abituati pur in una recita in cui è evidentemente non al massimo della forma. É invece in forma smagliante Josè Maria Lo Monaco nei panni di Rosina: se la voce non spicca per volume, il timbro è pastoso e fascinosissimo e l’evidente padronanza del proprio strumento le consente di siglare una prova maiuscola per perizia musicale e stilistica. Le colorature sono sgranate con agevolezza, rigore e accuratezza e l’accento è sempre scrupolosamente attento alle esigenze sceniche. Leonardo Galeazzi è un Bartolo dall’eccellente sillabato e scenicamente efficace pur seguendo il solco della rodata tradizione. Poco precisa, e generica sul piano interpretativo, la resa di Guido Loconsolo nei panni di Don Basilio. Ben riuscita invece la Berta di Irina Bogdanova, simpaticamente dispettosa verso Rosina e ben cantata. Completa il cast Rocco Lia, un valido Fiorello. Festosa, e meritatamente nonostante le perplessità espresse da chi scrive, l’accoglienza del pubblico torinese che saluta tutti gli interpreti con calore. Comincia così una nuova stagione per il Teatro Regio, segnata dalle lodevolissime iniziative per attirare il pubblico più giovane e dal tentativo di rendere il teatro sempre più luogo di aggregazione.
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Melodramma buffo in due atti
Libretto di Cesare Sterbini dalla commedia
La Précaution inutile, ou Le Barbier de Séville
di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva Antonino Siragusa
Don Bartolo Leonardo Galeazzi
Rosina Josè Maria Lo Monaco
Figaro John Chest
Don Basilio Guido Loconsolo
Fiorello Rocco Lia
Berta Irina Bogdanova
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Direttore Diego Fasolis
Maestro del coro Andrea Secchi
Maestro al fortepiano Carlo Caputo
Regia Pierre-Emmanuel Rousseau
Luci Gilles Gentner
Assistente alla regia Jean-François Martin
Direttore dell’allestimento Antonio Stallone
Allestimento Opéra National du Rhin (Strasburgo)
in coproduzione con Opéra de Rouen Normandie
Foto Andrea Macchia cortesia del Teatro Regio