Lakmé
Con una magnifica esecuzione, in forma di concerto, di Lakmé, di Léo Delibes, si chiude la stagione 2021/2022 dell’Opéra di Monte-Carlo.
“La pianola degl’inferi da sé / accelera i registri, sale nelle / sfere del gelo… – brilla come te / quando fingevi col tuo trillo d’aria / Lakmé nell’Aria delle Campanelle.” Con queste parole anche il grande Eugenio Montale, nel quattordicesimo mottetto de “Le Occasioni”, fa un piccolo omaggio al capolavoro di Léo Delibes. L’opera, andata in scena per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi nel 1883, è purtroppo oggi poco rappresentata nei teatri, soprattutto italiani. Meglio va oltralpe, ed è proprio l’Opéra di Monte-Carlo, infatti, a riproporci questo capolavoro, seppur nella sola forma di concerto, eseguito nella sala Yakov Kreizberg dell’auditorium Ranieri III. Con questa produzione giunge anche al termine il mandato dell’attuale direttore dell’Opéra, il monegasco Jean-Louis Grinda che, a suo tempo, aveva raccolto il testimone direttamente dal padre, Guy Grinda. E come pensare ad una conclusione più degna, se non all’insegna del repertorio francese?
La compagnia, formata in gran parte da cantanti madrelingua, mostra un ottimo affiatamento timbrico e una eccellente pertinenza stilistica.
A partire da Sabine Devieilhe, magistrale nel ruolo di Lakmé. Il soprano francese possiede un mezzo dal colore madreperlaceo e dal timbro adamantino. La linea mostra una spiccata musicalità, unita ad un sopraffino controllo tecnico che consente di piegare l’emissione con grande morbidezza. I pianissimi, sempre ben appoggiati, sembrano impalpabili, i centri torniti, il registro superiore squillante e luminoso. Straordinario, inoltre, il controllo della coloratura, specialmente nella famosissima “Où va la jeune indoue” (detta anche l’aria delle campanelle) dove i picchiettati, di assoluta precisione, vengono accarezzati con una suggestiva valenza espressiva. Se impareggiabile appare l’esecutrice, infatti, particolarmente accorata e partecipe è l’interprete, grazie ad un fraseggio misurato e sempre sfumato. Deliziosa, infine, la presenza scenica di questa artista, minuta ed aggraziata, ben valorizzata da un vestito bianco dallo spacco vertiginoso da cui spuntano in bella evidenza due tacchi a spillo non propriamente facili da portare (come dimostrato dalla stessa Devieilhe che, durante, i ringraziamenti finali, si presenta alla ribalta scalza).
Al suo fianco brilla Cyrille Dubois nei panni di Gérald. Il tenore esibisce una vocalità ben timbrata, pastosa e ricca di armonici. Con la giusta morbidezza e un perfetto controllo a tutte le altezze, supera brillantemente le richieste della scrittura offrendo una prova vocale encomiabile. Dubois riesce inoltre, con giusti accenti, a rendere perfettamente il trasporto amoroso del giovane ufficiale britannico. Grazie al perfetto amalgama timbrico e di colore con la vocalità della Devieilhe, i duetti di primo e terzo atto tra i due amanti restano, senza dubbio, tra i vertici esecutivi della serata.
Splendido il Nilakantha di Lionel Lhote. Il baritono belga possiede un mezzo dall’ampia cavata e dal seducente colore ambrato. La sicurezza, quasi sfrontata, nell’emissione, la compattezza tra i registri e il nitore del settore acuto, sono gli elementi caratteristici di una prova vocale di alto rango. Un plauso anche alla resa del personaggio sotto il profilo interpretativo, una lettura coinvolgente e trascinante che impressiona ancor di più se si pensa che stiamo assistendo ad una esecuzione in forma di concerto.
Fleur Barron, con un mezzo screziato e dal bel velluto, incarna mirabilmente il personaggio di Mallika (vantando, tra l’altro, una presenza scenica di statuaria eleganza) che, pur a fronte di una parte non particolarmente lunga, è protagonista, con Lakmé, di una delle pagine più celebri di tutta l’opera: “Dôme épais le jasmin”. Questa pagina, nota anche come il duetto dei fiori, viene qui eseguita con trasporto sognante e totale abbandono grazie al perfetto amalgama delle vocalità delle due interpreti in un gioco di simmetrie di grande suggestione.
Erminie Blondel è una Ellen dalla linea radiosa nei centri e squillante in acuto. Spontanea e sempre attenta l’interprete.
Ben le si accompagna Charlotte Bonnet, Rose, con la quale si crea la giusta complicità vocale. Omogenea e ben a fuoco sul versante esecutivo, dal punto di vista scenico cattura il pubblico con la appena accennata, ma ben evidente, romantica simpatica del personaggio.
Pierre Doyen, dona la propria sonora vocalità a Frédéric, qui tratteggiato con accenti granitici che ben si addicono ad un ufficiale del reggimento. Riuscito il lato interpretativo del personaggio dove si coglie, specialmente in terzo atto, quel sentimento di fraterna amicizia che lo lega a Gérald.
Godibilissima la Governante Mistress Bentson di Svetlana Lifar, dotata di una vocalità corposa e tornita, sonora e sempre naturale. Un plauso al fraseggio, che, grazie alla innegabile bravura dell’interprete, si colora di spontanea ironia.
Solido ed efficace Matthieu Justine, nelle vesti di Hadji.
Completano la locandina, direttamente dalle fila del Coro dell’Opéra di Monte-Carlo, i bravi Lorenzo Caltagirone, Thierry Di Meo e Przemyslaw Baranek, nei ruoli, rispettivamente, di un indovino, un mercante cinese e uno zingaro.
Il Maestro Laurent Campellone, sul podio, coglie alla perfezione lo spirito di questa partitura, esempio preclaro del romanticismo francese contaminato da quel fascino per il mondo orientale tanto in voga all’epoca della composizione. Una lettura equilibrata, pervasa da tinte pastello, sbalzate con morbidezza in quel gioco di suggestive nuances sonore che si inseguono e si intrecciano per tutto lo svolgimento del dramma. Si coglie, inoltre, la giusta attenzione nel valorizzare le peculiarità degli artisti impegnati nei diversi ruoli vocali pur non perdendo di vista, neppure per un momento, l’affresco sonoro complessivo che risulta, atto dopo atto, coinvolgente ed emozionante. Merito, senza dubbio, anche della eccellente prova offerta dalla Orchestre Philharmonique di Monte-Carlo, encomiabile per compattezza e pulizia sonora, splendidamente a proprio agio, per aderenza stilistica, nel dettato del compositore. Degne di nota, sono in tal senso, le esecuzioni delle introduzioni orchestrali dei singoli atti e, in particolare, dei ballabili che precedono la grande scena del mercato, affascinanti nel loro conturbante e sensualissimo esotismo.
Scintillante, per precisione ed equilibrio sonoro, il Coro dell’Opéra di Monte-Carlo guidato con sapiente maestria da Stefano Visconti.
E con lo spegnersi delle luci in sala, si chiude un capitolo importantissimo per la storia del teatro monegasco; l’attesa è ora, a gennaio, per il debutto della prima stagione ideata dalla nuova direttrice dell’Opéra, la vulcanica Cecilia Bartoli.
Lakmé
Opera in tre atti
Musica di Léo Delibes
Libretto Edmond Gondinet e Philippe Gille
Lakmé Sabine Devieilhe
Gérald Cyrille Dubois
Nilakantha Lionel Lhote
Mallika Fleur Barron
Ellen Erminie Blondel
Rose Charlotte Bonnet
Frédéric Pierre Doyen
Mistress Bentson Svetlana Lifar
Hadji Matthieu Justine
Un indovino Lorenzo Caltagirone
Un mercante cinese Thierry Di Meo
Uno zingaro Przemyslaw Baranek
Orchestre Philharmonique di Monte-Carlo
Maestro Concertatore e direttore Laurent Campellone
Coro dell’Opéra di Monte-Carlo
Maestro del Coro Stefano Visconti
FOTO: 2022 – Alain Hanel – Photographies – OMC