Dialogues des Carmélites
Il Teatro dell’Opera di Roma, in coproduzione con il Teatro la Fenice di Venezia, apre la stagione 2022/2023 il 27 novembre con Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, opera rappresentata per la prima volta al Costanzi nel 1958, un anno dopo la primissima messa in scena presso il Teatro alla Scala di Milano. La scelta di aprire la stagione con questa composizione appare sicuramente coraggiosa, sia perché si tratta di un’opera generalmente poco rappresentata, l’ultima volta a Roma risale al 1991 per esempio, sia per la decisione di proporre al pubblico, in lingua originale, un drammatico fatto storico, realmente accaduto. Nonostante queste premesse, alla terza replica, domenica 4 dicembre, il teatro registra la piena presenza di pubblico e le poltrone sono tutte occupate. Tra le fila dell’organico teatrale, spiccano i nomi di Michele Mariotti alla direzione musicale, Emma Dante alla regia, Anna Caterina Antonacci nel ruolo della Priora e Ciro Visco quale direttore del coro al suo debutto a Roma.
Diverse le tematiche rappresentate nella pièce di Georges Bernanos ed evidenziate dalla partitura di Poulenc: prima fra tutte, la morte e il rapporto che ogni essere umano instaura con essa; il coraggio, di vivere e di morire per un ideale, ma anche la paura di affrontare i propri dèmoni interiori; il dubbio della predestinazione, di un disegno superiore che condiziona le vite umane. Tutto ciò viene attualizzato da Emma Dante attraverso una regia ricca di simbolismo che ne intensifica gli effetti e suggerisce nuove chiavi di lettura. Per la Dante, infatti, le Carmelitane sono prima di tutto donne e le raffigura fin dall’inizio nei quadri della biblioteca del Marchese de la Force. I quadri diventano, poi, le porte del convento, tutte uguali: sono donne che perdono la propria identità; da quadri e porte, si evolvono in vuote cornici che formano prima un lungo corridoio verso il patibolo e, dopo ancora, diventano le ghigliottine della rivoluzione. Questo è probabilmente il momento più toccante di tutta l’opera, l’acme evolutivo in cui convergono tutte le tematiche rappresentate: le Carmelitane pregano una di fianco all’altra, ognuna nella propria cornice dorata e vengono cancellate, una ad una, dal suono della ghigliottina. Al loro posto, solo teli bianchi illuminati, forse da luce divina, forse dalla luce dell’anima finalmente libera.
È sorprendente, che di tanti preziosi dettagli, la critica si sia soffermata fin da subito e quasi esclusivamente sulla questione delle biciclette gialle o sull’invadenza della regia in alcune scene, quando sarebbe stato più opportuno evidenziare la scelta dei colori e delle atmosfere. Per Emma Dante, infatti, il bianco e la luce sono i simboli della morte: bianca e illuminata è la Priora che giunge al termine della vita, così come bianche e illuminate sono le Carmelitane che si avvicinano alle forche. Rosso è il colore delle Priore, del delirio eretico che imprigiona Madame de Croissy e della commovente scena del confessionale tra Blanche e suo fratello, mentre l’azzurro è il filo conduttore di tutta l’opera. Vi sono, poi, i pesanti massi portati dalle suore e la loro andatura claudicante che le unisce nella scelta della sofferenza e nel patto di morte. E si potrebbe scendere ancora più nel dettaglio, parlando delle camicie con le lunghissime maniche oppure della presenza dei mimi mentre il Marchese ricorda dolorosamente la scomparsa della moglie e, allora, perché no, anche delle biciclette gialle e degli interludi strumentali pieni di movimenti scenici.
Eccellente la prova del direttore Michele Mariotti che ha saputo cogliere perfettamente le indicazioni di Poulenc ed è riuscito a trasmettere al pubblico momenti di grande pathos mediante dinamiche, fraseggi, temi, pause, bruschi cambi di impeto, atmosfere macabre e momenti di affetto che hanno scosso, dalla prima all’ultima nota, tutti i presenti in sala. Il minuzioso lavoro di concertazione con l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera è stato indubbiamente raffinato e ponderato, evidente soprattutto negli interludi, per ciò che riguarda l’Orchestra, e nei momenti sacri dei brani in latino interpretati dal Coro con ampie suggestioni. Va detto però che, fin dalla prima scena, è stato chiaro un netto squilibrio dinamico tra i volumi orchestrali e quelli vocali di quasi tutti gli interpreti che sono stati decisamente sovrastati dalla compagine strumentale, a tal punto da far perdere all’orecchio la linea melodica e testuale del personaggio che si trovava a cantare nei momenti più concitati della partitura.
Si sono perse, così, le bellissime voci di Jean-François Lapointe, baritono interprete del Marchese de la Force, e del tenore Bogdan Volkov quale Cavaliere de la Force. Non solo, anche Corinne Winters, la giovane Blanche, soprano dal timbro morbido e rotondo, è stata soffocata dall’orchestra sulle zone gravi e centrali della tessitura e ha dovuto spingere per emergere nei fraseggi verso l’acuto. Il suo momento migliore, sia sul piano vocale che interpretativo, è stato il finale che ha visto la Winters legata ad una croce sospesa in alto sulla scena. Meno sofferta la prova di Emöke Baràth, soprano dal timbro chiaro e brillante, interprete di Suor Costance, che si è destreggiata su tessiture più acute e udibili al di sopra del pieno strumentale. Un plauso sia per la Winters che per la Baràth per aver effettuato un profondo studio teso a rendere fruibili sulla scena le formanti caratteriali dei diversi personaggi interpretati. Fortunatamente, la prima serata è stata ripresa e trasmessa in diretta su Rai5 ed è tutt’ora visibile su RaiPlay senza alcuna problematica legata alla concertazione tra orchestra e cantanti.
A riportare equilibrio dinamico tra orchestra e cantanti sono stati Ewa Vesin e Krystian Adam, rispettivamente interpreti di Madame Lidoine e il Parroco del Carmelo. La Vesin ha intonato con forza e decisione gli impervi fraseggi di Madame Lidoine, rendendone così anche la funzione drammaturgica di guida delle Carmelitane; il tenore Krystian Adam ha riportato sulla scena la figura del cappellano che infonde serenità, presentando con estrema naturalezza le melodie a lui affidate.
Grande protagonista della scena, Anna Caterina Antonacci nelle vesti della Priora Madame de Croissy. La Antonacci ha portato sul palco l’immenso bagaglio della sua infinita carriera e ha saputo affrontare con profonda consapevolezza un personaggio complesso come quello della Priora. Inoltre, non si è preoccupata di nascondere le asprezze proprie di uno strumento vocale non più giovanissimo, rendendo così ancor più realistica la sua interpretazione: le difformità tra i registri, tanto demonizzate nelle opere di belcanto, hanno reso maggiormente evidenti i dissidi interiori della Priora, lasciando il pubblico letteralmente colpito dalla scena.
Il mezzosoprano Ekaterina Gubanova, nelle vesti di Madre Maria dell’Incarnazione, è stata una preziosa costante che ha sostenuto, con bellezza del volto e calore della voce, il personaggio, grazie anche al timbro vellutato e tenero.
Bella la prova dei giovani talenti provenienti da La Fabbrica del Teatro dell’Opera di Roma, il soprano Irene Savignano, il mezzosoprano Sara Rocchi e il baritono Andrii Ganchuk, tutti e tre scenicamente e vocalmente impeccabili.
DIALOGUES DES CARMÉLITES
Musica di Francis Poulenc
Opera in tre atti e dodici quadri
Libretto tratto dalla pièce di Georges Bernanos
Direttore Michele Mariotti
Regia Emma Dante
Maestro del Coro Ciro Visco
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Luci Cristian Zucaro
Movimenti coreografici Sandro Campagna
Marquis de la Force Jean-François Lapointe
Blanche de la Force Corinne Winters
Chevalier de la Force Bogdan Volkov
Madame de Croissy Anna Caterina Antonacci
Madame Lidoine Ewa Vesin
Mère Marie de L’Incarnation Ekaterina Gubanova
Soeur Constance de Saint-Denis Emöke Baráth
Mère Jeanne de l’Enfant-Jésus Irene Savignano
Soeur Mathilde Sara Rocchi
L’Aumônier du Carmel Krystian Adam
Officier Roberto Accurso
I Commissaire William Morgan
Le Geolier / II Commissaire Alessio Verna
Thierry /Javelinot Andrii Ganchuk
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Fotografie Fabrizio Sansoni-Teatro dell’Opera di Roma