Inno di Lode
Il 25, 26 e 27 novembre, presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone in Roma, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha presentato il concerto intitolato Inno di Lode. Orchestra e Coro dell’Accademia sono stati impegnati nell’esecuzione di ben due sinfonie appartenenti a due importanti compositori dell’ottocento: prima la Sinfonia n.5 di Franz Schubert e per seconda la Sinfonia n.2 “Lobgesang” di Felix Mendelssohn. A concertare e dirigere i musicisti è stato invitato il direttore giapponese Kazuki Yamada e, a completare l’organico, tre solisti di fama internazionale: i soprani Masabane Cecilia Ragwanasha e Ann Hallenberg e il tenore Werner Güra.
Ma cosa potrebbe accomunare due composizioni così diverse tanto da far decidere di presentarle nello stesso concerto?
La prima caratteristica è sicuramente l’impianto tonale, che per entrambe le sinfonie è il si bemolle maggiore; da un altro punto di vista, invece, si potrebbe evidenziare un significato quasi drammaturgico: la prima composizione, quella di Schubert, è forse un preludio al romanticismo che, seppure fresco ed elegante, non è più riferibile al classicismo, né riconducibile pienamente al movimento romantico; il Lobgesang di Mendelssohn, invece, è assolutamente e totalmente impregnato di romanticismo ottocentesco. Insomma, un recitativo che lascia intendere cosa sta per accadere nella cultura musicale e un’aria che esprime dei nuovi sentimenti. Tra queste due opere vi è una linea del tempo sulla quale brilla il nome di Beethoven.
Ed è proprio su questi presupposti che si destreggia con grande abilità il M° Kazuki Yamada, il cui gesto è chiaro e comprensibile perfino dalla platea. Non solo. Il Maestro si presenta al pubblico con il sorriso di chi può essere soddisfatto di un lavoro di concertazione svolto con estrema accuratezza, un sorriso che non perde mai durante l’esecuzione e che si riflette positivamente su ognuno dei musicisti in orchestra. È così che il pubblico ha potuto apprezzare una messa in opera di altissimo livello e sentirsi quasi tra le fila dell’organico orchestrale, potendo godere di un direttore che disegna la musica con il gesto delle mani e che la colora di sentimenti tramite i movimenti del corpo.
La Sinfonia n.5 di Franz Schubert scorre con estrema naturalezza e lascia la possibilità di apprezzare pienamente maestria e forza esecutiva dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, i cui componenti sono tutti professionisti di caratura. Un plauso particolare, a tal proposito e grazie alla scrittura delle due sinfonie che ne ha data l’opportunità, al primo violino e al primo clarinetto dell’orchestra che si sono distinti per mezzo dei ponderati fraseggi segnati in partitura.
Una breve pausa ed entra il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia che si posiziona sulle poltrone in alto. Rientra l’orchestra e, ancora, il direttore. Ha inizio la Sinfonia n.2 “Lobgesang” di Felix Mendelssohn. Sulle note di “Alles, was Odem hat, lobe den Herrn!” (Tutto ciò che ha respiro lodi il Signore) intonate dal Coro, fanno il loro ingresso da entrambi i lati del palco i tre cantanti solisti che si posizionano di fianco al direttore Yamada.
“Lobe den Herrn, meine Seele, und was in mir ist, seinen heiligen Namen!” (Loda il Signore, tu, anima mia, e tutto l’essere che è in me lodi il suo santo nome!) la prima frase intonata dal soprano solista. Sono sufficienti le prime due battute del passo per lasciare intendere l’alta qualità vocale di Masabane Cecilia Ragwanasha, astro nascente della lirica, vincitrice di importanti concorsi di rilievo mondiale, con una fitta agenda di impegni previsti per la stagione 2022-2023. La Ragwanasha sfoggia un timbro morbido e vellutato, privo di asperità, facilmente riconoscibile all’orecchio, nonché grande entusiasmo espressivo, compostezza ed eleganza nella postura.
I passi n.3 e 6 sono brani complessi, composti da recitativi e arie, affidati alla voce del tenore. Qui, Werner Güra si muove con grande esperienza, lasciando apprezzare un timbro brillante e duttile, ricco di armonici e un’interpretazione consapevole. Non a caso, Güra può vantare una lunga e importante carriera, sostenuta da una salda tecnica vocale che gli ha permesso di mantenere intatto lo strumento, prestando particolare attenzione alla scelta del repertorio.
Il passo n.5 è un duetto tra due soprani, in cui si può ascoltare, finalmente, Ann Hallenberg. La soprano svedese mostra con spontaneità la padronanza acquisita negli anni, distinguendosi particolarmente per la presenza scenica. Con la Ragwanasha riesce a creare un insieme vocale di eccellenza, evidente soprattutto nei fraseggi per intervalli di terza, come “Wohl dem, der seine Hoffnung setzt auf ihn!” (Beato colui che ripone la sua speranza nel Signore!) delle battute finali.
È importante evidenziare la performance del Coro dell’Accademia Santa Cecilia, preparato dal M°Piero Monti, che durante l’esecuzione del Corale n.8 ha dato, ancora una volta, prova di eccellenza interpretativa e tecnica, mantenendo l’intonazione perfetta senza accompagnamento strumentale e regalando al pubblico un intenso momento di solennità.
Maestoso, esattamente come richiesto dalla partitura, e travolgente, il finale in crescendo ha generato quasi una catarsi, un lungo momento di sinergia tra le parti, sfociato in uno scrosciante applauso di ringraziamento da parte del pubblico per aver assistito ad uno spettacolo i cui echi risuonano ancora, a distanza di qualche giorno, nelle orecchie e negli occhi dei presenti.
INNO DI LODE
Sinfonia n.5 di Franz Schubert
Sinfonia n.2 “Lobgesang” di Felix Mendelssohn
Kazuki Yamada, direttore
Masabane Cecilia Ragwanasha, soprano I
Ann Hallenberg, soprano II
Werner Güra, tenore
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia