Chiara e Serafina (Donizetti Opera)
Con Chiara e Serafina, ossia “Il Pirata”, il Donizetti Opera prosegue nel suo progetto #Donizetti200, ovvero la messa in scena di titoli composti dal genio bergamasco a duecento anni esatti dal loro debutto.
Sono passati esattamente duecento anni dal debutto scaligero di Gaetano Donizetti che, a soli venticinque anni, per la prima volta si provava con il difficile palco milanese. Il suo debutto fu con un’opera sfortunata che conobbe solo dodici repliche, finendo con l’essere considerata dallo stesso autore un “fiascone”. La Scala avrebbe avuto modo, in seguito, di apprezzare il geniale autore bergamasco mentre noi oggi possiamo, grazie al festival Donizetti, apprezzare una piccola perla, quasi inedita, di un giovanissimo artista che evidentemente guardava con ammirazione grande Mozart e Rossini. Una storia complessa e sfaccettata, divertente, quella scritta da Felice Romani basandosi su La Citerne, melodramma in quattro atti del 1809 di René-Charles Guilbert de Pixerécourt. Dunque un’opera di un giovane musicista che oggi diventa una vetrina di prova per tanti giovani artisti: i cantanti della Accademia della Scala, che collabora con il Festival ma anche gli allievi dei corsi di scenografia, costumi e di special make-up. Gianluca Falaschi, noto ai più come costumista e stretto collaboratore di Davide Livermore, ha coordinato tutte queste giovani forze firmando regia, scene e costumi. Uno spettacolo visivamente godibilissimo che pesca a piene mani da tante realtà teatrali diverse per creare una scena colta in citazioni. Si inizia con onde disegnate su cartoni, che rimandano al teatro antico ma strizzano l’occhio ad Hokusai e allo stile manga: palme e alberi che sembrano usciti da un cartone animato. Compaiono poi in scena i cartelli brechtiani che, ironicamente, introducono i vari personaggi. Splendidi, inutile dirlo, gli appariscenti costumi, per lo più alla marinara che rimandano ad un colorato avanspettacolo. Una fortunata commistione visiva, sempre ben accompagnata dalle perfette luci di Emanuele Agliati, uno spettacolo mai monotono e sempre estremamente piacevole.
Sul versante musicale una esecuzione di ottima fattura ha contribuito a dare il giusto risalto a questa riscoperta del giovane Donizetti.
Merito, in primis, della bacchetta del Maestro Sesto Quatrini cui va il merito, prima di tutto, di avere creato il perfetto equilibrio tra la buca e il palcoscenico. Quattrini legge questo dramma semiserio con il giusto connubio tra la leggerezza delle parti più brillanti e lo slancio sentimentale delle scene di carattere amoroso. Si coglie un lavoro meticoloso sulla strumentazione, sui colori e sulle dinamiche, tale sottolineare al meglio l’influenza rossiniana sullo stile del giovane compositore bergamasco. Perfetta è, tra l’altro, l’intesa con l’Orchestra Gli Originali, compagine di strumenti antichi che, con grande perizia e precisione, cercano di farci assaporare questo componimento con le sonorità proprie della sua prima rappresentazione ottocentesca.
Ecco quindi che Quatrini riesce nella non facile impresa di dare risalto ad un componimento dalla drammaturgia musicale alquanto scombinata; il suo gesto delicato ma deciso è trascinante e conquista il pubblico che gli tributa le giuste acclamazioni alla ribalta finale. Questa prova del Maestro acquista ancora maggior valore se si pensa al sostegno e al supporto dato ai giovani artisti impegnati sulla scena, accompagnati a regola d’arte e valorizzati nelle loro specificità timbriche e vocali.
Il cast, interamente composto da giovani provenienti dall’Accademia di alto perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala di Milano, risulta affiatato e ben amalgamato con più di un elemento di interesse.
A partire dalle due eroine del titolo.
Spicca il soprano Fan Zhou, Serafina impeccabile per intonazione e musicalità, controllo delle agilità e facilità nella salita al registro superiore. Scenicamente sa essere frizzante e pepata.
Non le è da meno la Chiara di Greta Doveri che brilla per la morbidezza di una linea vocale dal suadente colore chiaro e dal timbro cristallino. Sulla scena alterna con disinvoltura il travestimento in abiti maschili e l’elegante passerella finale in abito lungo.
Pregevole è, poi, Sung-Hwan Damien Park che, con vocalità avvolgente e ben tornita, in uno con una verve scenica irresistibile, disegna un Picaro spassosissimo.
Di particolare rilievo la prova di Matìas Moncada che, con la giusta duttilità, veste prima i panni (vocali e scenici) dell’arcigno e avido tutore Don Fernando, e, quindi,con grande disinvoltura, quelli decisamente più benevoli e rassicuranti di Don Alvaro, padre delle sue fanciulle del titolo. Una voce “da tenere d’occhio”, la sua, per la rotondità dell’emissione e la ricchezza di armonici.
Vocalmente adeguato e scenicamente incisivo il Don Ramiro interpretato da Hyun-Seo Davide Park.
Onore alle armi per Giuseppe De Luca, chiamato a sostituire l’indisposto Pietro Spagnoli poco prima del debutto di questa produzione. De Luca si è mostrato irreprensibile per dedizione ed impegno nell’affrontare una parte vocale tutt’altro che semplice e lineare. Sorretto ottimamente dalla guida di Quatrini in buca, l’artista supera una comprensibile emozione iniziale e si abbandona con la giusta morbidezza vocale al dettato del compositore mostrandosi a proprio agio nella scrittura donizettiana. Se l’esecutore è promosso a pieni voti, l’interprete è eccellente per la varietà dell’accento e la disinvoltura nelle movenze.
Una nota di merito per Mara Gaudenzi, una Agnese in grado di catturare lo spettatore grazie ad una vocalità melodiosa e compatta, ma anche per una presenza scenica davvero incisiva.
Brillante e di sicuro effetto la prova di Valentina Pluzhnikova che, in possesso di un mezzo screziato e sonoro, disegna una Lisetta ironica ed appassionata.
Efficaci e puntuali Andrea Tanzillo come Spalatro e Luca Romano (direttamente dalle fila del Coro) nelle vesti di Gennaro.
Puntuali ed efficaci gli interventi del Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala, diretto dal bravo Salvo Sgrò.
Grande e caloroso successo al termine da parte di un pubblico che esauriva la bella sala del Teatro Sociale. Passeranno ora altri duecento anni prima di rivedere le scorribande di Chiara, Serafina e tutti gli altri loro compari? Ai posteri l’ardua sentenza, direbbe qualcuno…
Donizetti Opera 2022
CHIARA E SERAFINA
Ossia “Il pirata”
Melodramma semiserio in due atti di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Prima esecuzione: Milano, Imperial Regio Teatro alla Scala, 26 ottobre 1822
Edizione sull’autografo a cura di Alberto Sonzogni
Progetto #Donizetti200
Don Meschino Giuseppe De Luca
Don Alvaro / Don Fernando Matías Moncada
Serafina Fan Zhou
Chiara Greta Doveri
Don Ramiro Hyun-Seo Davide Park
Picaro Sung-Hwan Damien Park
Lisetta Valentina Pluzhnikova
Agnese Mara Gaudenzi
Spalatro Andrea Tanzillo
Gennaro Luca Romano
I cantanti sono solisti dell’Accademia di perfezionamento
per cantanti lirici del Teatro alla Scala
Orchestra Gli Originali
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Sesto Quatrini
Maestro del coro Salvo Sgrò
Regia, scene e costumi Gianluca Falaschi
Coreografie Andrea Pizzalis
Lighting design Emanuele Agliati
Drammaturgo Mattia Palma
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti
in collaborazione con l’Accademia Teatro alla Scala
FOTO: Gianfranco Rota