Tosca
Tosca di Giacomo Puccini conclude la stagione 2021-2022 del Teatro dell’Opera di Roma ed è andata in scena in anteprima domenica scorsa all’interno del progetto ”Linea Opera”, promosso dall’Opera di Roma, ATAC e Roma Capitale. Da otto diversi Municipi sono partiti degli autobus diretti al Teatro Costanzi per fare assistere i partecipanti all’iniziativa alla prova generale, in vista della prima che sarà giovedì 2 novembre. Durante il viaggio, un animatore per ogni vettura ha coinvolto il pubblico raccontando la trama, illustrando lo spettacolo e proponendo anche alcuni ascolti musicali. Il progetto si prefigge la lodevole finalità di creare delle occasioni di avvicinamento all’opera e la scorsa domenica ha indubbiamente riscosso un notevole successo, con il tutto esaurito ed un pubblico mediamente più giovane del consueto.
L’allestimento proposto è quello realizzato da Alessandro Talevi con la direzione di Paolo Arrivabeni. La produzione risale al 2015 allorché furono ripresi i bozzetti realizzati da Adolf Hohenstein per la prima assoluta del 14 marzo 1900, proprio qui a Roma, al Teatro Costanzi. Le scenografie sono state ricostruite da Carlo Savi ed i costumi da Anna Biagiotti e ci restituiscono quell’atmosfera di squisita romanità che fu voluta e perseguita dallo stesso Puccini. Il Maestro lucchese infatti, non solo tentò di ricreare fedelmente i suoni delle campane romane e della liturgia papalina, ma intraprese una ricerca tra botteghe ed antiquari per reperire le rappresentazioni di cerimonie e costumi della Roma tra Sette e Ottocento. La Città eterna non costituisce quindi un semplice sfondo ma è essa stessa protagonista nell’intreccio di politica, religione e amore sensuale. Hohesntein ricreò Sant’Andrea della Valle per il quadro iniziale, in obliquo per dare profondità non soltanto alla scena ma anche alla psicologia dei personaggi. La sala di Palazzo Farnese è invece frontale, un ambiente chiuso a cui però sono collegati spazi non visibili e di cui è forte la valenza simbolica, la stanza delle torture come gli appartamenti della Regina. Gli spalti di Castel Sant’Angelo che si affacciano sul colle Vaticano con la Basilica di San Pietro sono emblematici per descrivere l’Urbe che si risveglia e il destino tragico di Tosca. La scenografia del terzo atto, più delle altre due, è infatti diventata archetipica e ne ritroviamo continuamente traccia anche in produzioni recenti anche se astratte (si pensi ad esempio al Cupolone stilizzato di Pier Luigi Pizzi). Cornice dunque ricca di fascino, nelle architetture e negli arredi, nelle cerimonie e nei paramenti, ma anche nei movimenti di una gestualità contemporanea e nella nuance delle illuminazioni di Vinicio Cheli.
Fin dal primo accordo, esplosivo e terrifico, la direzione di Paolo Arrivabeni si caratterizza per vigore drammatico. Nelle scene iniziali descrive accuratamente il susseguirsi incalzante dei temi, evidenziandone la varietà timbrica e melodica, e conferisce al Te Deum una forma maestosa, vibrante di inquietudine. Sostiene con fermezza i cantanti nel corso del secondo atto e rappresenta un’alba romana ricca di suggestioni, definendo accuratamente l’unisono dei quattro corni e l’imitazione delle campane. Ricrea sonorità tragiche e solenni nella concitazione delle ultime scene., facendo infine riemergere con forza il tema dell’amore.
Energica l’ Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e in grande sintonia con il direttore; compatto il Coro diretto da Roberto Gabbiani e molto vivaci le voci bianche della Scuola di Canto Corale, che ben esprime nei volumi la sua freschezza giovanile.
Carmen Giattanasio interpreta Tosca di cui raffigura in modo assai convincente la gelosia e la passionalità volitiva. Saldamente impostata, si muove con disinvoltura nell’estensione di due ottave piene che il ruolo richiede ed ha un fraseggio articolato, dalla linea morbida e rotonda. Ha battute scolpite e incisive nel dialogo con Scarpia e canta “Vissi d’arte” con una tenuta delle note che esalta la sofferenza estenuata del personaggio. Insiste con efficacia nelle regioni più gravi durante la scena dell’omicidio ed ha slanci brillanti nel duetto che precede l’esecuzione, per rendere poi il finale con drammatica solennità.
Di grandissima espressività il Cavaradossi di Gregory Kunde, il quale, dopo molti anni di carriera, continua ad avere una voce ancora consistente ed estesa. Certe salite in acuto paiono talora azzardate ma vengono ogni volta controllate con sicurezza e risolte adeguatamente. Intona con ampiezza “Recondita armonia”, dispiegandola in un ventaglio di sfumature. E’ intensamente dolente nel quadro intermedio e poi pieno di baldanza in “Vittoria! Vittoria!!”. In “E lucevan le stelle” alterna mezze voci a momenti di espansione, dando corpo al ricordo e alla disperazione nella pienezza della melodia.
Lo Scarpia di Giovanni Meoni ha una certa compostezza settecentesca, tutta ancien regime: si mostra con eleganza bigotto ed autoritario ed è in verità soprattutto sadico e lascivo. La frase è tracciata con precisione e definita con robustezza, saldo nei registri centrale e superiore, meno incisivo nelle note gravi. E’ vigoroso nelle scena del Te Deum, duttile nel breve arioso “Ha più sapore la conquista violenta”, mellifluo ed incisivo nel dialogo con Tosca.
Roberto Abbondanza interpreta un Sagrestano dai modi saltellanti tanto nella recitazione quanto nella vocalità. Ogni gesto è calcato con umorismo e il canto viene costantemente modulato, con dovizia di accenti e cambi di intensità. Quest’interpretazione ben ci restituisce, in sembianze di caricatura, quel misto di devozione popolare e sudditanza politica di cui è simbolo il personaggio.
Nitido nella linea e puntuale nell’intonazione, Didier Pieri è uno Spoletta molto urbano, caratterizzato principalmente come un agente di polizia che si muove nell’ombra, sinistro e distaccato.
Luciano Leoni conferisce ad Angelotti tratti di sofferenza e dignità; agile e corretto anche se parco di sottolineature.
Aguzzino intrigante lo Sciarrone di Daniele Massimi, con battute come “Tutto?” pronunciate con appropriata ambiguità.
Fosco, quasi tenebroso, il carceriere di Alessandro Fabbri, luminoso ed incantato lo stornello del Pastore.
Lo spettacolo è stato molto applaudito, con particolari tributi a Kunde e alla Giannattasio. Un pubblico certamente meno avvezzo all’opera di quello delle prime, ma che si è dimostrato assai capace di entusiasmarsi e di apprezzare con ragione questa produzione.
TOSCA
Musica di Giacomo Puccini
Melodramma in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Direttore Paolo Arrivabeni
Regia Alessandro Talevi
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Scene Adolf Hohenstein
ricostruite da Carlo Savi
Costumi Adolf Hohenstein
ricostruiti da Anna Biagiotti
Luci Vinicio Cheli
Tosca Carmen Giannattasio
Mario Cavaradossi Gregory Kunde
Barone Scarpia Giovanni Meoni
Spoletta Didier Pieri
Angelotti Luciano Leoni
Sagrestano Roberto Abbondanza
Sciarrone Daniele Massimi
Un Carceriere Alessandro Fabbri
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Foto: ph. Teatro dell’Opera di Roma