Le Comte Ory
19 agosto 2022
“Non c’è un mese in tutto l’anno in cui la natura si adorni di più bella veste come nel mese di agosto.’ Così scriveva Charles Dickens, e, per i melomani, agosto è adorno, dal 1980, di una sublime veste musicale, quella preziosa e delicata fatta dalle note di Gioachino Rossini, che risuonano nel Festival a lui dedicato dalla sua città natale: Pesaro.
Era il 28 agosto 1980 quando per la prima volta al Teatro Rossini di Pesaro prese vita un Festival che ora, a quarantadue anni di distanza, è diventato un assoluto riferimento per la qualità delle produzioni e per la grande cura e ricerca filologica, un costante atto d’amore verso il figlio più illustre della città marchigiana, Gioachino Rossini.
Dopo le due ultime edizioni segnate dalla pandemia e da tante necessarie limitazioni, quest’anno il Rof torna al suo pieno e regolare svolgimento, un ciclone musicale ricco come lo si ricordava: tre produzioni operistiche (Le Comte Ory, Otello e La Gazzetta), concerti e numerosi eventi collaterali, un tripudio di musica nei giorni più caldi di agosto.
Le Comte Ory è una nuova produzione del Rossini Opera Festival, con la regia, scene e costumi di Hugo De Ana che coniuga mirabilmente due mondi: quello della spassosa musica rossiniana con il mondo proteiforme della pittura di Hieronymus Bosch, che come sosteneva Ernst Gombrich “Riuscì a conferire… forma tangibile alle paure che avevano perseguitato la mente dell’uomo nel Medioevo.” Tutto lo spettacolo è visivamente incentrato sullo splendido “Trittico del Giardino delle delizie”, opera del pittore fiammingo, realizzata alla fine del 1400 e oggi conservata al Museo del Prado di Madrid. La scena si apre su una grande riproduzione del pannello sinistro del trittico (quello che rappresenta la creazione), dal quadro, inclinato, irrompono idealmente sul palco molti degli animali fantastici e dei personaggi che popolano l’opera di Bosch. Un mondo coloratissimo, fantasioso, a tratti sottilmente inquietante, una regia attenta che forse pecca solo in una certa tendenza a sovraccaricare la scena, soprattutto nelle eccessive coreografie di cui i personaggi sono quasi schiavi. Un tripudio di colori che passa dagli splendidi vestiti a firma dello stesso De Ana che riverberano nelle luci smaglianti di Valerio Alfieri. Un tardo medioevo fantastico, quello di Bosch, che è probabilmente molto simile a quello che Rossini aveva immaginato per il suo scapestrato Conte, uno spettacolo che riesce pienamente nel suo compito di divertire e fare sorridere, tante le risate sentite in sala nel corso della serata.
Eccellente anche il versante musicale dello spettacolo.
A partire dal protagonista, Juan Diego Flórez, interprete rossiniano tra i più acclamati nell’attuale scena lirica.
Era il 1996 quando, in occasione della prima esecuzione mondiale in epoca moderna de Matilde di Shabran al Rof, viene richiesto ad un giovane misconosciuto tenore peruviano di cimentarsi in una fortuita ed improvvisa sostituzione del collega titolare del ruolo di Corradino Cuor di ferro. Fu un trionfo senza precedenti! Nei 25 anni seguenti Flórez è tornato più volte al Rof (16 produzioni operistiche, oltre numerosi concerti e Gala) siglando alcune interpretazioni che ancora oggi sono scolpite come ricordi indelebili nella mente di appassionati melomani. E così, in poco più di un quarto di secolo, tra il tenore e la città di Pesaro, si è creato un legame speciale, un rapporto di sincero e reciproco affetto, culminato nel 2016 con il conferimento della cittadinanza onoraria e con la nomina, lo scorso anno, di Direttore Artistico del Festival.
Il tenore aveva già interpretato Ory al Rof nel 2003 e ora, a distanza di poco meno di vent’anni, si rende protagonista di una prova straordinaria e difficilmente eguagliabile. Lo strumento vocale è prezioso, duttile e di impeccabile precisione. Sorprende, nella prova di Flórez, la facilità con cui riesce, tra le tante difficoltà di cui è disseminata la parte, a non accusare il minimo segno di stanchezza e a mettere in risalto la bellezza di una linea smaltata e di rara compattezza. Infallibile il registro acuto, luminoso e sempre ben appoggiato, morbidi e ben torniti i centri. Impressionante, inoltre, la precisione con cui viene sgranato il canto d’agilità, affrontato con gusto ed appropriatezza stilistica. Ory rappresenta senza dubbio un cavallo di battaglia per il tenore peruviano che sembra particolarmente a proprio agio nell’affrontare le diverse frasi musicali colorandole, letteralmente, con la giusta intenzione. Il personaggio, poi, grazie ad un fraseggio sempre partecipe e sfumato, è sempre credibile e ottimamente sbalzato. Magnetica, infine, la presenza scenica, sia che si tratti dell’ improvvisato eremita o della spassosissima Suor Colette. Innumerevoli, nella prova di Flórez , i momenti indimenticabili, ma su tutti non possiamo di certo non citare il meraviglioso terzetto di secondo atto con La Comtesse e Isolier, pagina di grande ispirazione, qui resa indimenticabile dalla inarrivabile bravura degli interpreti nel creare un gioco di seduzione che sa essere languido ma, ad un contempo, piccante e sensuale.
Al cospetto di cotanto protagonista anche il resto del cast raggiunge un livello che rasenta la perfezione.
Julie Fuchs affronta il ruolo de La Comtesse Adèle con voce delicata e compatta e dal colore suadente. Il soprano mostra ottima conoscenza del canto di coloratura, affrontato con invidiabile precisione tecnica; notevole, inoltre, la proiezione del registro acuto che si espande in sala ampio e sicuro. Ben riuscito il personaggio, grazie ad un fraseggio sempre nobile e compito, unitamente ad una presenza scenica aggraziata e deliziosa. L’esecuzione dell’aria di primo atto “En proie à la tristesse” resta uno dei vertici esecutivi della serata per lo spassosissimo contrasto tra la dolorosa cinica malinconia della cavatina e l’ammiccante e travolgente sensualità della seguente cabaletta affrontata con agilità rapinose frammiste a siderali volatine nel registro sopracuto.
Autentica rivelazione della serata è l’Isolier di Maria Kataeva, in possesso di un mezzo brunito, di prezioso velluto. Ampia la cavata che sa mettere in luce un registro grave ambrato e screziato, centri sonori e ben torniti, acuti squillanti a ben timbrati. Da segnalare l’ottima esecuzione del duetto con Ory di primo atto dove si coglie un perfetto amalgama tra la pastosità del timbro della Kataeva e l’oro della linea vocale esibita da Flórez. Riuscitissimo, infine, il personaggio, sempre disinvolto sulla scena e irrequieto nelle sue pulsioni amorose verso la Duchesse.
Nahuel di Pierro torna al Rof dopo la grande prova come Assur nella Semiramide del 2019 e conferma la stoffa del cantante rossinaniano doc. La voce, sonora e ricca di armonici, si destreggia con grande agilità tra le righe dello spartito e brilla, in particolare, nella bella, quanto difficile, aria di primo atto. Ben riuscito il personaggio che riesce a sbalzare alla perfezione il contrasto tra la bigotta pomposità del primo atto e la trascinante ed irrefrenabile verve seduttiva del successivo atto.
Ben a fuoco anche il Raimbaud di Andrzej Filonczyk che, grazie ad un mezzo ben sfogato in acuto e di ragguardevole precisione nel canto fiorito, affronta la parte brillando poi, come è giusto che sia, nella bellissima aria di secondo atto “Dans ce lieu solitaire” (e la mente dell’ascoltatore fluttua inevitabilmente verso “Medaglie incomparabili” del Viaggio a Reims). Un plauso per la godibile resa del personaggio sulla scena, spassosa ma mai triviale.
Monica Bacelli, infonde al personaggio di Dame Ragonde, l’arte della grande interprete, scolpendo ogni frase e ogni parola con la giusta espressività senza mai tradire le intenzioni dell’autore. Godibile la presenza scenica di questa donna nella quale si coglie il giusto equilibrio tra astuzia, ironia ed ammiccante provocazione.
Efficace e puntuale, nel suo gioco seduttivo, la Alice di Anna-Doris Capitelli.
Sul podio, il Maestro Diego Matheuz, offre una lettura della partitura rossiniana che privilegia sonorità vaporose e tinte delicate e che riesce a ricreare le atmosfere graffianti, pur racchiuse nella loro elegante raffinatezza, immaginate dal Genio pesarese. Occasionalmente sarebbe auspicabile un maggior brio (specialmente nel finale primo), ma la scelta interpretativa di Matheuz risulta sempre attenta ed efficace.
In buona forma, per omogeneità e politezza,i complessi dell’Orchestra Nazionale della Rai, cui va il merito principale di saper sorreggere le voci in palco rispettandone dinamiche sonore e di volume.
Efficaci gli interventi del Coro del Teatro Ventidio Basso, diretto con mano sicura dal Maestro Giovanni Farina, in grado di ottenere sonorità adeguatamente brillanti e ricche di verve.
Allo spettacolo arride un successo travolgente che tocca i toni dell’ apoteosi al comparire alla ribalta del Divo Flórez.
Marco Faverzani Giorgio Panigati
19 agosto 2022
Alla 43ma edizione del Rossini Opera Festival un chiassoso Comte Ory per la regia di Hugo de Ana e la direzione di Diego Matheuz.
Comte Ory è titolo ridanciano, il cui protagonista è un fallimentare seduttore seriale dalle trovate balzane, un imbonitore e Don Giovanni da quattro soldi (anche se il suo ego non accetterebbe questa descrizione) e la regia di de Ana non aiuta a ridimensionarne il lato più volgare. Le continue palpatine e sospiretti risultano stucchevoli fin da subito. Da mal di mare anche i perpetui balletti e la comparsa di fatine, piante moventi, persone in costumi gonfiabili da tirannosauro e così via in uno psichedelico pot-pourri… il tutto contornato da elementi scenografici ispirati a “Il giardino delle delizie” di Hyeronimus Bosch. Insomma un allestimento sovraccarico, nonsense più di quanto si addirebbe alla conosciuta trama e in alcune trovate anche di dubbio gusto, il cui unico pregio è cogliere il vitalismo spensierato dell’intreccio e l’evidente matrice farsesca di questo titolo rossiniano. Un po’ meno di tutto e avrebbe probabilmente funzionato.
Non entusiasma la direzione di Diego Matheuz, manca di brio, di verve, pur nella correttezza formale e nel suo seguire diligentemente il cast di solisti.
Buona la prova dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, come da aspettativa.
Il cast è di prima scelta a partire da uno scoppiettante Juan Diego Flórez nel ruolo del titolo, in forma splendida e dallo smalto vocale mirabilmente intatto. Eseguire un sopracuto saltando all’indietro e atterrando seduti su un tavolo senza perdere un secondo intonazione, proiezione e volume non è davvero da tutti.
Degna protagonista femminile è Julie Fuchs nel ruolo della Contessa Adéle, spiritosamente furba e spigliata di seguito alla (splendidamente eseguita) “en proie à la tristesse”. La voce corre sonora e duttile anche nelle agilità più impegnative e la facilità nel registro acuto è davvero notevole.
Delizioso l’Isolier di Maria Kataeva, il suo strumento è morbido, rotondo, e le movenze riuscitissime.
Benissimo anche Andrzej Filonczyk, ottimo Raimbaud che si disimpegna con successo nella famosa “Dans ce lieu solitaire” dove mette in mostra un magnifico sillabato.
Sonoro, sicuro e ben interpretato Le Gouverneur di Nahuel di Pierro, ottimamente riuscita la sua aria “Veiller sans cesse”.
Sempre efficace Monica Bacelli, qui nei panni di Ragonde.
Bene anche la Alice di Anna Doris-Capitelli.
La sala praticamente al completo tributa calorosi applausi a tutti.
Margherita Panarelli
LE COMTE ORY
Opéra indue atti di Eugène Scribe e Charles-Gaspard Delestre-Poirson
Musica di Gioachino Rossini
Edizione Casa Ricordi
Le Comte Ory Juan Diego Flórez
Raimbaud Andrzej Filonczyk
Le Gouverneur Nahuel Di Pierro
La Comtesse Julie Fuchs
Ragonde Monica Bacelli
Isolier Maria Kataeva
Alice Anna-Doris Capitelli
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno
Direttore Diego Matheuz
Maestro del coro Giovanni Farina
Regia, scene, costumi Hugo De Ana
Luci Valerio Alfieri
FOTO: AMATI BACCIARDI