Il ritorno di Ulisse in patria – Sonar strumenti e figurar la musica
Il ritorno di Ulisse in patria è la produzione operistica al centro dell’edizione 2022 del Monteverdi Festival di Cremona.
Il più famoso dei “nostoi”, quello di Ulisse verso la sua Itaca, diventa oggi, per tutti noi, simbolicamente, il ritorno ad una vita quasi normale, pre pandemica. Il progetto artistico di Fanny & Alexander, con la regia, scene, luci e video di Luigi De Angelis, si basa appunto sull’idea di un grande ritorno, in quel porto sicuro e casa che per ogni melomane è il teatro. Uno spazio che è vissuto nella sua interezza dai cantanti e dall’orchestra, che occupano spesso fisicamente tutta la sala, per dare una identificazione totale fra il racconto e quel breve spazio di vita che è la fruizione di un’opera. Altro perno della produzione è il concetto di target, l’obbiettivo, oggi moltiplicato dalla società dei consumi, un concetto ossessivo, che è infatti presente in scena con bersagli da tiro a segno, presenti anche nel colorato manifesto della produzione. Uno spettacolo visivamente godibile, soprattutto grazie alle bellissime e cangianti luci che creano scorci inediti e cromaticamente arditi nella sala del Ponchielli. Fa piacere poi scoprire che per la decorazione delle scene è stato coinvolto l’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Stradivari” di Cremona con le classi 4°A (corso di Scenografia) e 3°B (corso di Grafica), una bella e fruttuosa collaborazione fra la scuola e il mondo del teatro. Interessanti le numerose proiezioni video, come quella iniziale con il protagonista che vaga spaesato non sulle rive di Itaca ma su quelle del più nostrano Po. Curati e piacevoli i costumi di Chiara Lagani che veste di paillettes le Divinità e con abiti contemporanei e coloratissimi i protagonisti.
Di ottimo livello il versante musicale dello spettacolo.
Merito, in primis, del Maestro Ottavio Dantone che, in qualità di profondo conoscitore di questo tipo di repertorio, offre una lettura avvolgente e meditata del capolavoro monteverdiano. Si rimane così impressionati per la precisione di ogni attacco, per la appropriatezza nella scelta dei tempi e per la ricerca del colore che sappia caratterizzare al meglio ogni singola pagina del dramma. Fondamentale, in tal senso, è l’apporto dell’Accademia Bizantina che sembra respirare con Dantone e realizzare un amalgama sonoro perfetto tra i diversi strumenti in un quadro complessivo armonico e stilisticamente inappuntabile.
Il cast, sempre ottimamente sorretto ed accompagnato dalla buca, è dominato dall’Ulisse di Mauro Borgioni, dotato di un mezzo dal colore suadente e dal timbro screziato. La linea vocale, sempre musicale, sa far risaltare, con duttilità e morbidezza, i diversi passaggi della scrittura. Borgioni è inoltre un ottimo fraseggiatore e tratteggia, grazie alla giusta varietà d’accenti, un personaggio contemporaneo, più umano che eroe.
Efficace, del pari, la Penelope di Delphine Galou, elegantissima in scena e in grado di catturare lo spettatore con il suo sguardo penetrante e sempre espressivo. La voce, dal colore brunito, si piega con grande facilità alle esigenze drammaturgiche dello spartito e disegna un personaggio dolente, sempre racchiuso nella sua austerità regale. Ben riuscito, quindi, il meraviglioso lamento che apre la prima parte (complice il suggestivo tappeto sonoro creato da Dantone); altrettanto d’effetto il mutamento d’animo nella sezione conclusiva dell’opera (“Illustratevi o cieli”) dove a risaltare è il senso di ritrovata serenità della regina.
Note positive per il Telemaco di Anicio Zorzi Giustiniani che brilla per freschezza vocale e che, attraverso il colore chiaro e squillante del mezzo, sa impersonare con grande efficacia lo slancio dell’amore filiale per Ulisse e l’accorato tentativo di convincere Penelope a non abbandonare la speranza del ritorno alla reggia del marito. Gradevole e godibilissima la resa scenica del personaggio.
Giuseppina Bridelli merita un plauso per la sua accorata interpretazione di Minerva. Preziosa la linea vocale che sa articolare il dettato monteverdiano con pertinenza stilistica e ottima padronanza della scrittura. Ben a fuoco e credibile il personaggio grazie alla cura del fraseggio e all’austerità dell’accento.
Luigi Morassi è chiamato a vestire i panni di Eumete e lo fa egregiamente grazie ad una voce limpida e ben tornita e ad una presenza scenica adeguata e partecipe.
Straordinario, senza ombra di dubbio, Bruno Taddia che interpreta il personaggio di Iro conferendogli, in accordo con il progetto registico di De Angelis, un rilievo inusitato rispetto alla tradizione che lo confina, al contrario, ad un ruolo quasi secondario. Vocalmente sigla una prova maiuscola per la padronanza della linea e la capacità di creare un fraseggio sempre di grande potenza espressiva, specie nel declamato. Scenicamente riflette alla perfezione, grazie alla totale immedesimazione interpretativa, le inquietudini di un personaggio mentalmente disturbato.
A Gaia Petrone e Alessio Tosi spetta il compito di vestire i panni della coppia dei giovani innamorati. Gaia Petrone, già solida interprete de l’humana fragilità nel prologo, interpreta una Melanto spensierata ed aggraziata che volteggia, ora in platea ora in proscenio, dando vita, talvolta, alle schermaglie amorose con il suo Eurimaco e, talaltra, cercando di dissuadere la Regina dalla sua fermezza nel non voler accogliere nuovi amori. Anche sotto il profilo vocale, il personaggio risulta ben rifinito e musicale.
Vocalmente ben caratterizzato anche l’Eurimaco di Alessio Tosi, scenicamente malizioso nel suo gioco di divertita seduzione con Melanto.
Di rilievo la prova dei tre Proci, vocalmente e scenicamente ben affiatati. Roberto Lorenzi, già interprete anche de Il Tempo nel prologo, spicca, nel ruolo di Antinoo, per un mezzo tonante e di buon volume. Francisco Fernandez Rueda presta al personaggio di Anfinomo una linea pastosa e ben appoggiata. Un plauso al Pisandro del controtenore Enrico Torre del quale si apprezza la compostezza e politezza di una vocalità sempre controllata.
Percettibile è, poi, l’intesa anche tra gli interpreti delle due “grandi divinità”: Nettuno e Giove. Federico Domenico Eraldo Sacchi, con voce imperiosa e timbro screziato da serotine sfumature, veste i panni del Dio dei mari. Gianluca Margheri, poi, si rivela interprete ideale del ruolo di Giove sia sotto il profilo vocale, in virtù di un mezzo ampio e ben proiettato dal seducente colore scuro, che sotto il profilo scenico, grazie alla ieraticità dell’accento e ad una fisicità possente e scolpita.
Efficace la Ericlea di Anna Bessi, vocalmente trepidante e scenicamente dolente nel suo mostrare solidarietà ai lamenti dell’infelice Penelope.
Scenicamente elegante e vocalmente interessante è la Giunone di Raffaella Milanesi cui riconosciamo, tra l’altro, un’ottima proprietà di fraseggio.
Completano la locandina Vittoria Magnarello e Paola Valentini Molinari, efficaci e puntuali interpreti, durante il Prologo, rispettivamente de La Fortuna e di Amore.
Grande successo al termine per tutta la compagnia con punte di particolare entusiasmo per Borgioni, Galou e Dantone.
Ma la serata non è conclusa, una sorpresa attende il pubblico del Festival, nel cuore della notte, va in scena nel cortile del Museo civico Ala Ponzone uno spettacolo assolutamente suggestivo e riuscitissimo dal titolo Sonar stromenti e figurar la musica (curato da TEATRI 35 in coproduzione con Fondazione Teatro A. Ponchielli). I bravissimi attori Gaetano Coccia, Francesco O. De Santis e Antonella Parrella, hanno dato vita ad una moltitudine di Tableaux Vivants ispirati all’opera di Caravaggio, dalle tele più note fino alla immancabile citazione del “San Francesco in meditazione”, conservato proprio nel museo Cremonese. Con una sottile ironia e l’uso di splendide luci “caravaggesche” si sono materializzate non solo opere del Merisi ma anche quelle di altri grandi nomi del Seicento come Cavallini, Preti e Manfredi solo per citarne alcuni. Lo spettacolo è stato arricchito dalla presenza di un gruppo musicale degno di nota: I Bassifondi, ossia Il tenore Luca Cervoni accompagnato da Gabriele Miracle alle percussioni, Stefano Todarello al liuto, colascione e chitarra battente. L’ensemble è diretto con bravura da Simone Vallerotonda che suona anche liuto, chitarra barocca e tiorba. Le note immortali di autori quali Monteverdi, Corbetta, Pessori, Asioli e Carbonchi accompagnano il pubblico che si lascia contagiare da un moderno stupore barocco: una notte d’estate da ricordare.
Monteverdi Festival 2022
IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA
Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti
Poesia di Giacomo Badoaro
Musica di Claudio Monteverdi
Edizione critica a cura di Bernardo Ticci
BTE – Bernardo Ticci edizioni, 2021
Ulisse Mauro Borgioni
Telemaco Anicio Zorzi Giustiniani
Penelope Delphine Galou
Iro Bruno Taddia
Il Tempo/Antinoo Roberto Lorenzi
Giunone Raffaella Milanesi
La Fortuna Vittoria Magnarello
Giove Gianluca Margheri
Nettuno Federico Domenico Eraldo Sacchi
Minerva Giuseppina Bridelli
Amore Paola Valentina Molinari
Anfinomo Francisco Fernandez Rueda
Pisandro Enrico Torre
Melanto/L’humana Fragilità Gaia Petrone
Eurimaco Alessio Tosi
Eumete Luigi Morassi
Ericlea Anna Bessi
Accademia bizantina
Direttore Ottavio Dantone
Regia, scene, luci e video Luigi De Angelis
Costumi e drammaturgia Chiara Lagani
Assistente regia Andrea Argentieri
Progetto Fanny & Alexander
SONAR STROMENTI E FIGURAR LA MUSICA
Tableaux Vivants dall’opera di Michelangelo Merisi da Caravaggio e dei Caravaggeschi
su musiche di C. Monteverdi, F. Corbetta, S. Pessori, F. Asioli, A. Carbonchi
I Bassifondi
Luca Cervoni tenore
Gabriele Miracle percussioni
Stefano Todarello liuto, colascione e chitarra battente
Simone Vallerotonda liuto, chitarra barocca, tiorba e direzione
messa in scena TEATRI 35 di e con Gaetano Coccia, Francesco O. De Santis e Antonella Parrella
coproduzione Fondazione Teatro A. Ponchielli / Associazione Teatri 35
FOTO: Federico Zovadelli