Carmen
Prosegue con Carmen la rassegna Regio Opera Festival del Teatro Regio di Torino. Nella sempre suggestiva cornice di Palazzo dell’Arsenale il Regio, sulla falsariga della Madama Butterfly dello scorso anno (ideata in precedenza per la rassegna estiva di Piazza San Carlo) il Teatro Regio presenta i brani più belli dell’opera di Bizet contestualizzati e spiegati da un narratore (il bravo Yuri D’Agostino) con testi intelligentemente elaborati dal direttore artistico Sebastian Schwarz. Yuri D’Agostino veste infatti i panni dello stesso compositore, che diversi anni dopo la prima (e la propria morte) torna a Bougival in quello che sembra essere il 1922 e trova la propria casa d’infanzia occupata da quattro persone (con le quali non può interagire) che assomigliano molto ai protagonisti della sua opera. Ecco che comincia a raccontare alcuni aneddoti sulla composizione o elementi della trama dell’opera, il tutto coordinato in maniera organica, nonostante i molti tagli. Commovente il momento in cui egli si rivolge direttamente al pubblico, stupito del successo duraturo della sua opera, a cui non ha potuto assistere. L’impianto scenico di Claudia Boasso è composto nella prima parte da una parete piena di ricordi e oggetti legati a Bizet, poi la parete diventa piastrellata da azulejos e il grande tavolo della sala evocata dalla prima scenografia si divide per diventare tavolini da osteria. Completamente diversa la seconda parte dove scene di corrida fanno da cornice al finale quando vengono scoperti dal coro i grandi pannelli fino a quel momento nascosti da grandi drappi blu scuro. Una scenografia essenziale ma funzionale e ben congegnata. Molto belli anche i costumi di Laura Viglione che viaggiano tra le epoche con suggestioni dall’ambientazione dell’opera e dagli anni ’20 del novecento.
Si rivela invece completamente solo nel finale ma con grande forza espressiva il disegno registico di Paolo Vettori: nell’istante in cui José accoltella Carmen ogni membro del coro estrae il proprio telefono, scatta foto (addirittura “selfie”) effettua riprese video e illumina la scena, ora buia, con la torcia del telefono o il flash (molto efficace durante tutta l’opera il lavoro sulle luci di Lorenzo Maletto) con cinismo e distacco, senza badare affatto a Carmen. Siamo quindi nel 2022 e Carmen è una donna di oggi, vittima di quello che abbiamo imparato a identificare come femminicidio, ovvero l’uccisione di una donna da parte di un uomo causata dal suo essere donna e dalla volontà maschile di mantenere la donna assoggettata alla propria volontà e a quella del sistema patriarcale che ben conosciamo. Chi meglio di Carmen può raccontare tutto questo? Chi meglio di José rappresenta quegli uomini che non riescono ad accettare che una donna possa decidere per sé stessa? Non è fortunatamente questa una Carmen dove la protagonista viene incolpata del proprio destino (certo nessuno nega sia consapevole delle conseguenze che potrebbero esserci per le sue azioni, ma lo dice il personaggio stesso più volte nel libretto) e la gitana del 1840 è ormai tutte noi, formalmente libere ma di fatto ancora incatenate da un sistema patriarcale che nega una completa indipendenza e una vera libertà. Interessanti anche le scelte registiche legate a Micaëla (evidentemente incinta di José) ed Escamillo, rappresentato come celebrità in fuga dai suoi ammiratori e decisamente meno narcisista del solito.
Questa Carmen è molto valida anche musicalmente, a partire dalla vivida direzione di Sesto Quatrini che evoca elegantemente la Spagna senza risultare caricaturale o macchiettistica. L’orchestra del Regio dà ottima prova di sé e nonostante le interruzioni del narratore si è facilmente trasportati nel mondo evocato dalla partitura di Bizet, la polverosa e assolata Siviglia che vede l’incontro tra Carmen e Josè e le montagne dove si rifugiano i contrabbandieri. Decisamente soddisfacenti anche le prove dei solisti. Ketevan Kemoklidze è una Carmen di grande carisma, la voce corre con sicurezza e il bel timbro scuro è perfettamente adatto a rendere lo spirito della volitiva gitana. Suo ottimo contraltare è la Micaëla angelica e diafana di Benedetta Torre, al debutto nel ruolo. Il soprano genovese possiede uno strumento di rara lucentezza madreperlacea e dimostra di saperlo controllare con grande perizia. Primo uomo del cast è Jean-François Borras, nei panni di José, ruolo nel quale egli è evidentemente a suo agio. La sua prova colpisce positivamente per le deliziose mezzevoci e la bellezza del timbro e il fraseggio è ricercato, difetta solo un pizzico in più di partecipazione emotiva. Molto bravo anche Zoltán Nagy impegnato con Escamillo. Egli sa rendere perfettamente l’ascendente del toreador senza renderlo uno sbruffone. Particolarmente interessante “Votre toast” cantato nella prima strofa come uno stanco ritornello che Escamillo intona per accontentare i propri ammiratori e nella seconda con più convinzione ma per far colpo su Carmen. Convince infine la prova da Narratore/Bizet di Yuri D’Agostino, perfettamente inserito nell’amalgama. Nel complesso si tratta di una bella Carmen ed è da lodare l’operazione del Teatro Regio che senza rinunciare alla qualità artistica presenta al pubblico meno avvezzo agli spettacoli d’opera un buon assaggio. Speriamo si ingolosiscano in sempre più persone!
CARMEN
Opéra-comique in quattro atti
Musica di Georges Bizet
Libretto di Henri Meilhac and Ludovic Halévy
tratto dall’omonima novella di Prosper Mérimée
Adattamento e testi di Sebastian F. Schwarz
Edizione in lingua originale francese
Testi narrati in italiano
Carmen Ketevan Kemoklidze
Don José Jean-François Borras
Micaëla Benedetta Torre
Escamillo Zoltán Nagy
Narratore Yuri D’Agostino
Sesto Quatrini direttore d’orchestra
Paolo Vettori regia
Claudia Boasso scene
Laura Viglione costumi
Lorenzo Maletto luci
Andrea Secchi maestro del coro
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino
Foto di Fabio Melotti cortesia del Teatro Regio