Luisa Miller
9 giugno 2022. Luisa Miller di Giuseppe Verdi, andata in scena per la prima volta a Napoli nel 1849, si apre con un rimando alla luce. ” (…) i monti già lambe un riso di luce: d’un giorno sì lieto insiem con gli albori qui dolce amistade a te ne conduce; leggiadra è quest’alba sorgente in aprile, ma come il tuo viso, leggiadra non è”. Un paragone che il coro fa fra la bellezza della luce d’aprile e della protagonista. Forse pensando a queste parole il Teatro Comunale di Bologna ha deciso di affidare il progetto registico e scenico di questa produzione ad un vero e proprio maestro della luce, Mario Nanni che ha anche realizzato importanti progetti per illuminare, ad esempio, il Mosè di Michelangelo a Roma e l’Annunciata di Antonello da Messina a Palermo. Nella visione dell’artista, che si cimenta per la prima volta con un’opera lirica, la luce è il perno di tutto, ciò che permette la costruzione dell’opera d’arte totale. Tutto è qui giocato su proiezioni luminose che si fondono con pochi elementi scenici e simbolici: una atmosfera rarefatta e quasi zen dove la prevista ambientazioni tirolese è praticamente assente. Una produzione sicuramente elegante, che regala alcuni quadri visivi appaganti, come ad esempio quando compare il trono del Conte su fondo oro sovrastato da un grande disco solare. Purtroppo però questa rarefazione lascia spazio anche a molta noia e alla sensazione di assistere quasi ad un’opera in forma di concerto. Veramente disomogenei e poco ispirati sono poi i costumi, sempre di Mario Nanni, che solo in minima parte si rifanno al libretto, dando l’idea di essere poco curati e un po’ generici. Una produzione quindi visivamente non del tutto riuscita, una buona intuizione, forse perfettibile addentrandosi maggiormente nei meccanismi del teatro d’opera.
E se il progetto registico non ha convinto completamente, il versante musicale ha brillato senza riserve.
Sul podio, il Maestro Daniel Oren imprime alla partitura una lettura appassionata e piena di fuoco. Al netto di qualche eccesso di sonorità, specialmente nelle sezioni maggiormente concitate e nelle chiuse d’atto, il direttore israeliano risalta per la capacità di disegnare con grande teatralità le grandi pagine romantiche del racconto verdiano. Il concertato di finale primo, come l’aria di Rodolfo di secondo atto si arricchiscono così di grande lirismo ed intensità espressiva tanto da risultare, grazie anche all’eccellenza degli esecutori coinvolti, tra i momenti meglio riusciti della serata.
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna appare in ottima forma e si mostra scrupolosa ed attenta nel cogliere, con buona coesione tra le diverse sezioni, le indicazioni dal podio.
Il ruolo di Luisa si annovera, per complessità vocale ed interpretativa, tra i più insidiosi dell’intera letteratura verdiana. Myrtò Papatanasiu riesce ad espugnare con sicurezza le difficoltà della scrittura mostrandosi a proprio agio soprattutto nelle pagine più liriche della partitura, impreziosite tra l’altro da piani ben appoggiati. La cura del fraseggio, unitamente ad un’attenzione spasmodica alla profondità e varietà dell’accento, rendono questa Luisa una figura volitiva, una donna che conosce il valore dell’onore e che combatte per difendere la propria innocenza sino alla morte, vissuta come una catarsi liberatoria dalle colpe terrene. Il soprano piega quindi la vocalità, particolarmente corposa nei centri e sonora nella prima ottava, ai fini espressivi; l’intelligenza dell’interprete e l’immedesimazione scenica riescono dunque a riflettere, nell’esecuzione vocale del soprano greco, le inquietudini e i tormenti dell’infelice eroina verdiana.
Nel ruolo di Rodolfo ritroviamo Gregory Kunde che si rende protagonista di una prova miracolosa. Il tempo sembra essersi fermato per il tenore americano: il timbro ha perso inevitabilmente parte dello smalto degli anni passati, ma la vocalità è ancora preziosa, ampia e ricca di armonici, il registro acuto sonoro e saldissimo. Una prestazione vocalmente sempre a fuoco e interpretativamente partecipata che culmina, neanche a dirlo, nella meravigliosa aria di secondo atto. Nel recitativo “O fede negar potessi” Kunde trova accenti accorati e scolpiti con fermezza; nella successiva aria “quando le sere al placido” la linea vocale si modula eccezionalmente nel mezzo forte giocando su di una meravigliosa palette di colori e sfumature. Un’esecuzione magnetica che gli vale un’ovazione a scena aperta. E dopo l’aria, la tanto attesa cabaletta affrontata dal tenore con mordente e coronata da una sorprendente puntatura al do acutissimo che giunge come folgore. Kunde si conferma così, anche in questo caso, indiscusso fuoriclasse e artista di rango superiore.
Franco Vassallo è Miller, una delle tante figure paterne della produzione verdiana. La vocalità del baritono milanese brilla per eleganza nel porgere il suono, ottima intonazione e musicalità. Il colore chiaro e il timbro lirico favoriscono la salita al registro superiore che suona sempre ben tornito e penetrante. Di gran classe l’interprete, grazie anche ad uno splendido fraseggio e alla nobiltà dell’accento. L’esecuzione dell’aria “sacra è la scelta” di primo atto, sbalzata con grande trasporto, e della travolgente cabaletta successiva “ah! Fu giusto”, coronata da una tonante puntatura acuta, gli vale un grande, quanto meritatissimo applauso a scena aperta.
Abramo Rosalen è chiamato a sostituire il previsto collega nel ruolo de Il Conte di Walter. La vocalità, caratterizzata da un bel velluto, si piega con grande duttilità a tutte le altezze mostrando, tra l’altro, una buona omogeneità tra i registri. Adeguatamente coinvolto l’interprete grazie ad accenti scolpiti e rifiniti.
Note decisamente positive per il Wurm di Gabriele Sagona, di cui si apprezza il mezzo sonoro ed ampio, dal suggestivo colore scuro. La linea melodica suona precisa e puntuale, l’emissione sempre morbida e naturale, specialmente negli affondi nel registro grave. Sagona mostra inoltre una ragguardevole proprietà e varietà dell’accento che, unitamente ad una presenza scenica di sicuro effetto, consentono di tratteggiare un personaggio insinuante nella sua persecuzione psicologica verso la protagonista.
Martina Belli conferisce alla Duchessa Federica la preziosità di un mezzo screziato dal bel colore ambrato. La linea vocale, omogenea e dall’ottima intonazione, suona vibrante nei centri e si espande ampia e musicale in acuto. Perfettamente a fuoco l’interprete in ragione di un attento scavo nell’accento, sfumato e mai scontato. Impossibile non lodare la presenza scenica, elegante e sinuosa, valorizzata, per altro, da un bellissimo abito nero da sera (senza dubbio il più- o forse l’unico – riuscito).
Nel ruolo di Laura (forse la più mortificata scenicamente, a causa di costumi andir poco infelici), bene ha fatto Veta Pilipenko, di cui si apprezza senza dubbio la linea musicale e la ragguardevole intonazione.
Efficace il contadino interpretato da Haruo Kawakami, allievo della Scuola dell’Opera del Teatro Comunale di Bologna.
Ottima la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna, diretto magistralmente da Gea Garatti Ansini. Particolarmente riuscita, in particolare, l’esecuzione della pagina che apre il terzo atto “Sembra mietuto giglio”.
Grande successo al termine, con punte di maggior entusiasmo per i protagonisti e, in particolare, per Kunde.
Per chi si fosse perso questo spettacolo, ricordiamo che lo stesso sarà trasmesso in replica su Classica HD ogni giorno dal 10 al 16 giugno.
Marco Faverzani | Giorgio Panigati
8 giugno 2022. Quando si esce commossi e soddisfatti dal Teatro è una sensazione davvero bella: e questo è quello che ho provato alla fine della recita di Luisa Miller dell’8 giugno. Teatro pieno, brulicante di vita e pubblico felice di esserci e di riempirlo, come i giovani che affollano la movida nelle vie adiacenti al teatro felsineo. In palcoscenico una compagnia di canto eccellente, sul cartellone è la seconda, ma merita il primo posto! Le briglie dello spettacolo le tiene saldamente in pugno il direttore d’orchestra Daniel Oren che con estrema aderenza al volere del genio verdiano, scolpisce un’esecuzio9ne dalla passione bruciante, percossa da fremiti armonici e da pianissimi lunari, vivendo e cantando sul podio in toto la partitura verdiana assieme ai cantanti. E’ molto interessante seguire il suo gesto che sottolinea ogni momento ed ogni inciso, tirando fuori il meglio da ogni voce o strumento. Già dalla Sinfonia, eseguita con foga e languida bellezza si percepisce che il Maestro israeliano vive di e per la musica. Ben assecondato in ciò da un’Orchestra del Teatro Comunale in gran forma, dal suono sontuoso e compatto, con importanti e ben eseguiti momenti solistici delle prime parti.
In scena una straordinaria protagonista che a mio avviso godrà di gran carriera e successo, il soprano Marta Torbidoni, dotata di bella, calda e sontuosa voce che sa usare perfettamente e piegare a pianissimi perlacei o lanciare in acuti folgoranti, ottimamente girati e rotondi anche se estremi ed affascinando con un uso sapiente del fraseggio. L’interprete commuove e cattura l’attenzione del pubblico con sincera e contenuta dolcezza, propria della parte, senza strafare o uscire dalle righe. Come si dice? Sentiremo parlare di lei e molto presto!
Suo ottimo e degno patner il tenore Giuseppe Gipali, un Rodolfo dalla vigorosa e raggiante voce tenorile, con acuti proiettati ottimamente che riempiono la sala del teatro e splendide mezzevoci, usate soprattutto nella famosa aria “Quando le sere al placido”, che commuovono gli spettatori. Il tutto condito da una perfetta musicalità e prestanza scenica, nonostante il costume da carcerato, poco adatto al figlio di un Conte, seppur in incognito.
Il baritono coreano Leon Kim è un Miller dalla morbida e duttile voce brunita, ben condotta e ben guidata nel gestire le molteplici emozioni di questo sfortunato padre, e colpisce per la sua forza espressiva, forse eccessiva in alcuni momenti, ma sempre da preferire ad altri interpreti più algidi.
L’altro padre, completamente diverso nella sua superbia dal Miller, il”cattivo” della situazione, il tenebroso conte di Walter era Abramo Rosalen, che ha reso con eccellente maestria, supportata da ottima musicalità, il complesso carattere del personaggio. Elegante, mirabilmente dosato nella gestualità e dalla voce brunita, molto interessante e tecnicamente perfetta, ha in pieno reso onore al conte omicida.
Bellissima nel suo vestito da gran sera, anche quando si trattava di andare a caccia, un fisico da mannequin con una bella, bronzea e sicura voce da mezzosoprano, Sofia Koberidze ha incantato la platea nella parte di Federica, inanellando con una cascata di perlacee note la cadenza nel duetto con il tenore e ben sostenendo il temibile quartetto a cappella del secondo atto con ilo soprano ed i due bassi. Un bravo supplementare a tutti loro perché era in tono perfetto.
Altro cattivo affascinante il basso Gabriele Sagona un Wurm incisivo, ferrigno e ben delineato musicalmente e scenicamente dall’artista.
In un cast cosi ben assortito ottime anche le parti cosiddette di fianco la Laura di Veta Pilipenko ( mirabile il suo acuto in pianissimo sul coro all’inizio dell’ultima scena!) ed il Contadino dalla sicura voce tenorile di Haruo Kawakami
Il Coro del Teatro Comunale, guidato dal maestro Gea Garatti Ansini, ha donato momenti di forte suggestione con un bellissimo suono unico ed avvolgente.
La parte visiva non è stata all’altezza della parte musicale. Regia scene costumi e luci a cura di Marionanni, molto approssimativa ed inconcludente con spunti di discussione inespressi, a cominciare dai costumi, come già accennato, non aderenti alla situazione. Salvo solo le luci taglienti e ben delineate. Ma tutto questo non ha scalfito l’entusiasmo giusto e caloroso del pubblico che ha richiamato più volte i talentuosi artisti alla ribalta.
Cristina Miriam Chiaffoni
Teatro Comunale – Stagione 2022
LUISA MILLER
Melodramma tragico in tre atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Salvatore Cammarano
Conte di Walter Abramo Rosalen
Rodolfo Gregory Kunde (09.06)/Giuseppe Gipali (08.06)
Federica Martina Belli (09.06)/Sofia Koberidze (08.06)
Wurm Gabriele Sagona
Miller Franco Vassallo (09.06)/Leon Kim (08.06)
Luisa Miller Mirtò Papatanasiu (09.06)/Marta Torbidoni (08.06)
Laura Veta Pilipenko
Un contadino Haruo Kawakami
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Regia, scene, costumi e luci marionanni
Aiuto regia Gianni Marras
FOTO: ANDREA RANZI