Orphée et Euridice
Nel segno di ”Mitologia, Amore e fabula”, Orphée et Euridice di Christoph Willibald Gluck inaugura l’84° edizione del Maggio Musicale Fiorentino.
Prima assoluta di quest’opera a Firenze, benché numerose, fin dal Settecento, siano state le rappresentazioni fiorentine della prima versione in italiano. Il mito di Orfeo è intimamente legato alla nascita del melodramma e a Firenze in particolare. Già la camerata dei Bardi aveva ripensato il finale del mito e proponeva il recitar cantando sul modello della tragedia antica, mentre proprio a Pitti veniva rappresentata la prima opera pervenutaci in partitura completa, l’Euridice di Peri e Caccini, che precede di qualche anno l’Orfeo di Monteverdi. A dodici anni dal successo viennese, Gluck rimise mano all’Orfeo ed Euridice per il debutto parigino, modificando l’organico orchestrale, aggiungendo un paio di arie ed alcuni balletti e riscrivendo la parte del protagonista per tenore haute-contre, così da meglio adeguare la sua prima opera riformata al gusto della tragedie lyrique.
La direzione di Daniele Gatti e la regia di Pierre Audi ci propongono l’opera in una versione lirica ed essenziale, suggestiva ed elegante. Tutta l’azione drammatica e musicale si caratterizza per una grande coerenza di stile e per un aspetto fortemente unitario tra elemento visivo ed elemento sonoro.
Le scelte di Audi sono per lo più assai fedeli al libretto e l’azione registica, nel suo complesso, pare costantemente mossa da un’intima volontà di aderire alla musica. L’ allestimento è pulito, talora spoglio, spazio per la ricerca di una sintesi di canto e strumenti, scene e movimenti; questo, certamente in linea con certi canoni della opera seria francese, ma anche con lo spirito della prima produzione viennese, che aveva portato Gluck a collaborare strettamente con il librettista Calzabigi e con il coreografo Angiolini.
Le scene di Jean Kalman con i video di Gilbet Nouno, quasi tutte in bianco e nero, delineano spazi astratti ed essenziali, anch’essi come la partitura ripulite dagli orpelli dell’opera metastasiana. Le luci, sempre di Kalman, si modulano con le note ed amplificano certi momenti come nel caso del lampo che è lo sguardo di Orfeo su Euridice; per lo più fredde, virano poi morbidamente verso un verde più caldo, ritorno alla vita, per espandersi poi nel finale al giallo e al blu.
I costumi di Haider Ackermann sono di taglio semplice e rigoroso; morbidi ed in bianco ottico quelli dei tre cantanti, illuminano le scene tenebrose e conferiscono ai personaggi un rilievo marmoreo, facendone degli emblemi dell’umanità.
Parte integrante ed imprescindibile dello spettacolo sono le coreografie di Arno Shutemaker: presenti dall’inizio alla fine, coinvolgono anche i cantanti, realizzate con movimenti misurati e contenuti e gesti ripetitivi come leitmotiv, sorta di apposita grammatica codificata per l’Orphée. Pregevole l’idea di creare nel tempo di solo balletto occasioni di approfondimento psicologico, come nel ballabile degli spiriti beati o nel ricongiungimento finale di Orfeo ed Euridice. Con qualche stonatura. Il ballo delle Furie avrebbe richiesto una danza più strutturata e più libera nell’espressione. Nel finale poi i gesti convulsi e scattosi non si addicono alla musica solare e classicheggiante, tutta improntata a chiarezza ed equilibrio.
Il triangolo creato tra Orfeo, Amore ed Euridice, sorta di menage a trois, è l’attualizzazione più significativa introdotta da Audi. Il tema del bisogno di essere amati e della libertà dell’amore è quanto mai affascinante; tuttavia non riesce sempre ad integrarsi felicemente alla rappresentazione e galleggia un po’ indefinito, restando piuttosto estraneo all’opera di Gluck.
Prima assoluta anche per Daniele Gatti come nuovo direttore musicale del Maggio. Il Maestro ci propone una conduzione equilibrata ed ispirata a classica compostezza, portata avanti con gesto fermo e misurato. Nell’overture troviamo una sorta di distacco olimpico nel primo tema e poi inquietudine nel secondo, con le vibrazioni degli archi impreziosite, con delicatezza, dalle coloriture timbriche dei legni e degli ottoni. Questa un po’ la caratteristica della direzione dall’inizio alla fine: rispetto della misura e resa drammatica, dando rilievo ai differenti strumenti che si alternano nell’espansione dei temi musicali. Tempo ampio e andamento solenne per l’iniziale lamento di coro ed Orfeo, dove Gatti sostiene con vigore ed incisività i declamati e scolpisce ogni singola diversa melodia. Rigoroso ed espressivo nel dialogo con le Furie, a tratti febbrile nel ballo che segue; gli altri ballabili sono affrontati con uno stile elegante e soave, mettendo in evidenza le parti soliste, come il celebre flauto nel minuetto del II atto. Nell’esaltazione del ritmo e dei timbri dà forma ad un’inquietudine elegiaca e sepolcrale, protoromantica ma comunque tutta ricompresa nel Settecento ed in accordo alla razionalità dell’opera francese.
Di grande fascino ogni momento del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini. Preciso e compatto, canta dal golfo mistico, chiaro rimando all’antica tragedia. Nel primo atto il lamento dolente e sfumato pare risalire dal sepolcro di Euridice e all’inizio del secondo atto il volume sonoro si fa canto tellurico che esplode dagli inferi. Leggero e delicato nell’intonazione sui Campi Elisi, chiude poi l’opera con forza garbata e ritmo di danza.
Juan Francisco Gatell affronta con estrema dedizione il ruolo di Orphée. La sua è un’interpretazione articolata e raffinata, nella continua tensione per aderire alla scrittura musicale e alla declamazione del testo. Ogni sillaba, ogni nota viene intonata con attenzione e modulata con intensità; ogni gesto definisce una presenza scenica incisiva e magnetica. Morbida e bella la dizione del francese ed eccellente l’intonazione del verso, sovente in stile aulico, quasi affettato, nel gusto francese della tragedie lyrique. Nella grande scena sulla tomba di Euridice, il suo canto sa farsi flebile respiro, lentissimo e sincopato, quasi una corda spezzata, tenendo delicatissimamente la melodia nell’ampiezza del tempo, incanto di una sonorità che pare sul punto di spegnersi ed inabissarsi. Sa poi espandersi, in parti del declamato come il dialogo con Amore, in una pienezza sonora solida e smagliante. Nell’episodio delle Furie intona con fermezza e delinea le diverse melodie con nitore e passionalità; nel duetto con Euridice crea una pagina musicale e psicologica di grande espressività. Si cimenta con slancio e generosità nelle arie “L’espoir renait dans mon ame” e “J’ai perdu mon Euridice”, di cui evidenzia con agilità ogni struttura e colore. In difficoltà in alcuni passaggi più acuti, con intelligenza e maestria li risolve brillantemente adattando la scrittura musicale alla propria tessitura vocale.
Amour è Sara Blanch, voce calda e luminosa, ricca di armonici. Nell’aria “Soumis au silence” si espande con agilità e padronanza, riempiendo la scena luttuosa di luce e dolcezza. Strutturata e melodiosa nel fraseggio, apporta con ogni intervento un elemento di solare vitalità.
L’Euridice di Anna Prohaska si presenta conferendo all’aria “Cet asile aimable e tranquille” una dolcezza soffusa e malinconica, in un’intonazione serena ma sfuggente. E’ drammatica nel duetto con Orfeo dove alterna un recitativo più afflitto a momenti di arioso severo e veemente.
Entusiasmo del pubblico, molti applausi per tutti, grande calore per Gatti e Gatell.
ORPHÉE ET EURYDICE
Tragédie-opéra (Drame héroïque) in tre atti
Libretto di Pierre-Louis Moline da Ranieri de’ Calzabigi
Musica di Christoph Willibald Gluck
Orphée Juan Francisco Gatell
Eurydice Anna Prohaska
Amour Sara Blanch
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Pierre Audi
Scene e luci Jean Kalman
Costumi Haider Ackermann
Video Gilbert Nono
Coreografia Arno Schuitemaker
FOTO: MICHELE MONASTA – MAGGIO MUSICALE FIORENTINO