La scala di seta
Originale, fresco e graziosissimo come la primavera imminente questo allestimento del gioiellino del Cigno di Pesaro, Gioacchino Rossini, allestito con grande merito dalla Fondazione Arena di Verona, dopo il popolarissimo Rigoletto verdiano. “La scala di seta” è un brioso atto unico, molto fluido e godibile, ricco di spunti armonici e fioriture di note, usate poi in altre opere seguenti. E tale lo ha reso il giovanissimo direttore d’orchestra, Nikolas Nagele, con gesto fulmineo, bruciante ed ammaliante, già dalla prima nota in ascesa della Sinfonia, rivelando già lo stile della sua conduzione che ha definito e scolpito tutta l’operina, rimanendo a tratti un po’ affrettato quasi all’ascolto, ma comunque ben caratterizzando lo svolgimento dello spettacolo. Seguito con ampia maestria dall’Orchestra della Fondazione Arena di Verona, scoppiettante, quasi divertita nell’eseguire i trilli, le volate e le scintillanti frasi rossiniane. Un suono unico, privo di imperfezioni e un’ottima sezione dei fiati ha contraddistinto la compagine orchestrale, che ha ben sostenuto i cantanti in scena ed ha creato una grande nobiltà musicale. In scena un grandissimo professionista come Carlo Lepore, nelle vesti del facoltoso Blansac, si è fatto apprezzare e riconoscere come uno dei massimi interpreti del repertorio rossiniano. Entra in scena lui e tutto scompare : già dal portamento, dalla nobiltà d’accento, la voce di velluto screziato e sicura in ogni passaggio e posizione, le agilità perfette, insomma un autentico fuoriclasse che sa divertirsi e far divertire il pubblico.
Come è ottima la prova del tenore Matteo Roma, Dorvil, dallo squillo sicuro e quasi protervo, con acuti estremi lanciati in perfetta sicurezza ed agilità perfette. Buona anche la sua interpretazione scenica del giovane marito focoso ed innamorato. Altro interprete che ha donato momenti di grande arte il baritono Emmanuel Franco, Germano, dalla bella voce sicura e musicalissimo e molto bravo in scena nel definire un personaggio comico irresistibile ed unico, quasi atletico nel cantare un velocissimo assieme in ginocchio o carponi sotto un tavolo. La Giulia di Eleonora Bellocci è stata meno incisiva dei colleghi in scena, pur riuscendo molto gradevole e musicalissima, con una voce che ha ben gestito le innumerevoli agilità ed il lato larmoyante della parte, ma con note acidule ed una vocalità non grandissima, seppur sorretta da ottima tecnica e bel portamento scenico. Trovandosi l’orchestra a livello pubblico e non nel golfo mistico, a volte nei fortissimi spariva invece di svettare. Molto buona sia come vocalità e scena la Lucilla di Caterina Piva, vivace e simpatica come Manuel Amati, un buono Dormont, incisivo nella sua piccola parte. Il team creativo, tutto al femminile, era capitanato dalla mitica Stefania Bonfadelli, che ha trasfuso nella regia tutta la sua sublime arte interpretativa che abbiamo gustato ed amato durante la sua fulgida e proficua carriera di soprano, creando uno spettacolo raffinato, unico ed irresistibile, in puro stile anni 30. Ambientato in un negozio di tessuti, con colori e forme luminosi, grazie alle belle scene di Serena Rocco, scolpite e ben definite come l’atmosfera che si respirava in scena dalle sofisticate e morbide luci di Fiammetta Baldisseri, e dai costumi appropriati ed eleganti di Valeria Donata Bettella, lo spettacolo è risultato molto indovinato ed è stato premiato alla fine da innumerevoli applausi calorosi da parte del non numeroso, ma entusiasta pubblico presente.
La scala di seta
Farsa comica in un atto. Libretto di Giuseppe Maria Foppa
Edizione critica della Fondazione Rossini in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Anders Wiklund
Musica di Gioachino Rossini
Direttore Nikolas Nägele
Regia Stefania Bonfadelli
Scene Serena Rocco
Costumi Valeria Donata Bettella
Dormont Manuel Amati
Giulia Eleonora Bellocci
Lucilla Caterina Piva
Dorvil Matteo Roma
Blansac Carlo Lepore
Germano Emmanuel Franco
Foto: Ennevi