Adriana Lecouvreur
Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea è la quinta opera della stagione scaligera.
“Mi piace il teatro, bella copia della vita.”, diceva l’indimenticabile Franca Valeri, e sul palco della Scala va in scena l’opera che più di tutte è un vero omaggio all’arte teatrale. La storia è quella di Adriana Lecouvreur che, ad onta delle sue umili origini, nella Parigi del Settecento, riesce a diventare una attrice di successo. Dal successivo dramma a firma di Eugène Scribe e Ernest Legouvé sulla vita della Diva prende le mosse Francesco Cilea che il 6 novembre 1902 al Teatro Lirico di Milano debutta con la sua opera, ancora oggi amatissima e spesso rappresentata. Un gioco di rimandi, uno specchio, dove il teatro e l’opera si celebrano ed esaltano a vicenda, basti pensare al monologo della Fedra di Racine, nel terzo atto, che la protagonista è chiamata a declamare.
Alla Scala l’allestimento scelto è quello già visto al Covent Garden e in altri teatri europei ed americani che hanno coprodotto lo spettacolo. Il regista David McVicar e lo scenografo Charles Edward seguono le indicazioni del libretto e all’apertura del sipario ci troviamo nel retropalco di un teatro ligneo del Settecento. Una scena decisamente ricca, bella da vedere, dove il teatro, entità fisica e luogo cardine dell’azione è sempre centrale. Un viaggio in una realtà storica settecentesca ben ricostruita, resa ancora più gradevole dai costumi sempre curati e visivamente stupefacenti di Brigitte Reiffenstue. Il colpo d’occhio è completato dal riuscitissimo comparto luci curato da Adam Silverman e dalle coreografie, sempre godibili e puntuali di Andrew George.
Ben assortito ed omogeneo il versante musicale.
Nel ruolo di Adriana Maria Agresta, inizialmente prevista solo per le prime recite e, dopo la rinuncia da parte di Anna Netrebko, protagonista di tutte le date della produzione. Il soprano si mostra in possesso di un mezzo di indubbio valore, dal timbro limpido e dal colore squisitamente lirico. La morbidezza nell’emissione, accompagnata da buon controllo tecnico e da un registro acuto ben proiettato, contribuiscono a siglare una prestazione vocale di livello ragguardevole. Particolarmente apprezzabile è anche la capacità della Agresta di dosare il volume creando pianissimi impalpabili e particolarmente suggestivi. Sotto il profilo interpretativo, grazie ad un fraseggio ben sfumato, la sua Adriana è una donna molto umana e sensibile, cui difetta forse un po’ di mordente per raggiungere lo status di grande tragedienne, almeno per come siamo abituati a vederla rappresentata solitamente in scena. L’esecuzione del quarto atto rappresenta senza dubbio l’apice della sua prestazione.
A Yusif Eyvazov spetta il compito di interpretare il ruolo di Maurizio di Sassonia e, come già nel caso della Agresta, a causa di un’indisposizione che ha colpito Freddie De Tomaso, titolare del ruolo nelle prime recite, è stato chiamato a sostenere la quasi totalità degli appuntamenti previsti. Il colore della voce, come ormai noto, non è tra i più suadenti, ma il tenore azero possiede una spiccata musicalità nonché una preparazione tecnica di tutto rispetto e un registro acuto squillante. Ben riuscite le due arie, “la dolcissima effige” (con il suo tremendo attacco su “bella” ben intonato) e “l’anima ho stanca” (eseguita con un suggestivo gioco di sfumature). Sotto il profilo interpretativo il suo Conte di Sassonia appare sempre composto e signorile.
Note particolarmente positive per Judit Kutasi, che interpreta una Principessa di Bouillon volitiva e fremente, una donna che ama con autentica passione e che si strugge dal tormento della gelosia. Vocalmente si mostra in possesso di un mezzo ragguardevole, pastoso ed omogeneo che ben si espande nell’ampia sala del Piermarini.
Ambrogio Maestri offre una lettura di Michonnet come un personaggio umano, una sorta di padre premuroso per Adriana. Sempre efficace e variegato il fraseggio così come l’accento, sempre pertinente ed accorato. La linea vocale, poi, appare salda e ben tornita; gustosissimo l’interprete grazie ad una mimica spontanea quanto irresistibile.
Meraviglioso l’Abate di Carlo Bosi, un vero e proprio portento vocale e di arte scenica.
Perfettamente a fuoco anche il Principe di Bouillon impersonato da Alessandro Spina, elegante e raffinato nella linea vocale e nel portamento scenico.
Caterina Sala e Svetlina Stoyanova, rispettivamente Madamigella Jouvenot e Madamigella Dangeville, risultano vocalmente musicali e convincono, oltre per la freschezza del mezzo, anche per la disinvoltura ed efficacia della presenza scenica.
Puntuali e caratterizzati dal giusto brio, Francesco Pittari, Poisson e Costantino Finucci, Quinault.
Completa la locandina Paolo Nevi che interpreta con precisione la parte di un maggiordomo.
Sul podio Giampaolo Bisanti, al suo debutto al Teatro alla Scala. Il Maestro opta per una lettura briosa della partitura, pervasa di sottile ironia, ma anche del giusto afflato romantico nei momenti squisitamente più lirici dell’opera. Ben calibrati i tempi, così come buona è la capacità di sorreggere le voci impegnate sul palcoscenico, ad onta di qualche eccesso di volume specialmente dalla sezione dei timpani come spesso accade nelle chiuse dei primi tre atti. Particolarmente suggestiva appare la conduzione dell’intero quarto atto, dove si percepisce una perfetta simbiosi con la lettura romantica e malinconica della protagonista. Ben amalgamata la compagine dell’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, la cui perizia esecutiva ha saputo esaltare i diversi momenti della partitura, compresa la ben riuscita pantomima di terzo atto.
Sugli scudi, come sempre, per precisione e compattezza, il Coro del Teatro alla Scala, diretto con maestria da Alberto Malazzi.
Grande successo al termine con punte di particolare entusiasmo per il quartetto dei protagonisti.
ADRIANA LECOUVREUR
Commedia-dramma in quattro atti
Libretto di Arturo Colautti da Eugène Scribe ed Ernest-Wilfried Legouvé
Musica di Francesco Cilea
Maurizio Yusif Eyvazov
Il Principe di Bouillon Alessandro Spina
L’Abate di Chazeuil Carlo Bosi
Michonnet Ambrogio Maestri
Quinault Costantino Finucci
Poisson Francesco Pittari
Un Maggiordomo Paolo Nevi
Adriana Lecouvreur Maria Agresta
La Principessa di Bouillon Judit Kutasi
Madamigella Jouvenot Caterina Sala
Madamigella Dangeville Svetlina Stoyanova
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia David McVicar ripresa da Justin Way
Scene Charles Edwards
Costumi Brigitte Reiffenstuel
Luci Adam Silverman riprese da Marco Filibeck
Coreografia Andrew George ripresa da Adam Pudney
Coproduzione Royal Opera House, Covent Garden; Gran Teatre del Liceu;
Wiener Staatsoper; Opéra National de Paris; San Francisco Opera
FOTO: BRESCIA E AMISANO – TEATRO ALLA SCALA