Rigoletto
Un Rigoletto vivo, lacerato, sofferente ed insieme gigante quello proposto a Verona, nella splendida boiserie del Teatro Filarmonico dalla Fondazione Arena di Verona, che ha catturato ed affascinato il numeroso pubblico presente. Merito soprattutto dei due giovani protagonisti assoluti, uno sul palco, il baritono Luca Micheletti nelle vesti del title role e l’altro sul podio, il direttore d’orchestra Francesco Ommassini. Il maestro concertatore ha vibrato assieme alla potente musica verdiana, ha donato ogni sua forza espressiva in ogni nota della poderosa e struggente partitura, dispiegando, in complicità con una Orchestra della Fondazione Arena di Verona in stato di grazia, pur privata del golfo mistico e quindi a livello della platea, Il giovane direttore con arte sopraffina ha saputo usare ogni minima sfumatura della tavolozza dei colori rendendo un suono morbido ed insieme fulmineo, sorretto da un ritmo sanguigno ed agile. La compagine orchestrale ha dimostrato un grande mestiere, con un accento unico privo di sbavature ed avvolgendo artisti e pubblico in una superba e continua onda sonora. Il suo compagno di trionfo è il protagonista assoluto del dramma verdiano, il Rigoletto di Luca Micheletti, un cantante attore di grande levatura che ha saputo quasi far dimenticare la bellezza statuaria da divo del cinema, mostrando con il corpo, con la plastica facciale contorta in una perenne maschera di sofferenza e soprattutto con un’interpretazione vocale da grande artista, tutta la sofferenza e l’ìnfelicità del buffone, privato di ogni gioia, anche la più umana come il poter piangere.
Luca Micheletti ha una gran bella voce baritonale, musicalissima e dal fascinoso timbro bronzeo, e la sa usare molto bene. La ricerca di ogni accento, di colori nuovi ed inaspettati, come per esempio quella “Vendetta” non proclamata o urlata, ma sussurrata tra i denti, come pervasa da rancore e rabbia che non si può scatenare, propria di chi è colpito da grave infermità e subisce ogni giorno lo scherno e la cattiveria altrui. Ottimo il soliloquio “Pari siamo”, espresso con enorme varietà di accenti e colori, e scatena entusiasmi da stadio il suo “Cortigiani” che tocca ogni corda sensibile di chi ascolta, dapprima con lo sfogo emotivo, poi con l’umiliazione di chi è oppresso e sa di non poter averla vinta davanti alla superbia ed alla tracotanza. Con il tempo il suo Rigoletto diventerà un ruolo di riferimento per il baritono bresciano dal multiforme ingegno. Il soprano fiorentino Eleonora Bellocci ha il fisico esile giusto per il ruolo ed una voce accattivante anche se a volte sembra screziata con note di gola o vibrate. La sua Gilda non colpisce particolarmente, anche se è sostenuta da ottima musicalità e presenza scenica gradevole. Nel “Caro nome” assolve in pieno al compito richiesto anche se omette qualche cadenza in acuto Si riscatta nel finale dalla famosa “Vendetta” alla morte esibendo dei luminosi sovracuti e commovendo con flautati pianissimi nella scena finale. La prestazione del tenore Ivan Magrì come Duca di Mantova, assomiglia un po’ ad un motore diesel, nel primo atto è incerto e con qualche vibrato di troppo, per poi rivelarsi in totale bellezza e sicurezza di voce dalla romanza del secondo atto “Ella mi fu rapita”, regalando acuti luminosi e sicuri, per poi rendere con estrema sicurezza e maschia protervia un “La donna è mobile” molto ben eseguita assieme ad un bel quartetto. Buona la presenza scenica e l’interpretazione.
Stupisce piacevolmente il basso Gianluca Buratto, uno Sparafucile dalla corposa e scura voce e dalla musicalità sopraffina, che delinea sia musicalmente che vocalmente un sicario spietato e ben deciso a tenere fede al suo fosco ruolo. Come molto ben riuscita, con una fascinosa e brunita voce da contralto, sostenuta da una giusta avvenenza scenica è la Maddalena della moscovita Anastasia Boldyreva. Molto incisivo ed importante come voce e figura il Monterone di Davide Giangregorio . Inascoltabile la Giovanna di Agostina Smimmero, con voce opaca e male emessa (forse indisposta) mentre molto musicali ed appropriati con belle voci Nicolò Ceriani (un Marullo umano e quasi pietoso verso il povero buffone), Filippo Adami (Matteo Borsa spavaldo e dalla bella voce tenorile), Alessandro Abis (abile a rendere un livido conte di Ceprano), Francesca Maionchi (molto bella scenicamente e con voce adeguata la sua Contessa di Ceprano), Nicolò Rigano (un elegante e musicale Usciere) e Cecilia Rizzetto (accattivante voce e perfetta scenicamnete come Paggio). Molto incisivo e ben guidato dal Maestro Ulisse Trabacchin il Coro della Fondazione Arena di Verona, dalla grande professionalità e mestiere e dal corposo suono unico. La regia, già proposta nel 2016 e nel 2011 e 2016, è del francese Arnaud Bernard, ripresa da Yamal Das Irmich. non mi convince, anche se sostenuta e ben coadiuvata da belle scene ( di Alessandro Camera) e sontuosi costumi sempre a cura del regista francese.Il tutto è ambientato in uno spettrale e monumentale teatro anatomico e la Sinfonia si apre su un esame istologico inflitto al povero protagonista gobbo, forse cercando di creare quel fosco aspetto noir proprio di alcuni romanzi d’Oltralpe. Qualche incogruenza storica, come Monterone che snuda la spada davanti al Duca (atto che sarebbe stato punito all’istante con la morte di chi lo compie trattandosi di un vassallo o nobile sottoposto) oppure i beceri balletti da discoteca da Tempo delle mele inflitti al coro che fa pure la Hola per copiare le buffonerie di Rigoletto ( al quale erano permessi frizzi e lazzi di ogni genere, non certo ai nobili cortigiani) durante il primo atto, non rovinano certo uno spettacolo di alto livello, coronato da un entusiasmo al calor bianco da parte di un pubblico da tutto esaurito ed entusiasta.
Rigoletto
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Personaggi ed Interpreti
Il duca di Mantova Ivan Magrì
Rigoletto Luca Micheletti
Gilda Eleonora Bellocci
Sparafucile Gianluca Buratto
Maddalena Anastasia Boldyreva
Giovanna Agostina Smimmero
Il Conte di Monterone Davide Giangregorio
Marullo Nicolò Ceriani
Matteo Borsa Filippo Adami
Il Conte di Ceprano Alessandro Abis
La Contessa di Ceprano Francesca Maionchi
Un usciere di corte Nicolò Rigano
Un paggio della Duchessa Cecilia Rizzetto
Direttore Francesco Ommassini
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Allestimento della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Orchestra, coro e tecnici della Fondazione Arena di Verona
Foto: ENNEVI