Ernani
Ernani di Giuseppe Verdi al Teatro Municipale di Piacenza.
“La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità.” Questa massima di Lucio Anneo Seneca sembra scritta appositamente per il Municipale di Piacenza, un teatro che sotto la guida della pirotecnica direttrice Cristina Ferrari ha saputo creare serate memorabili e continua a farlo. Ernani quindi, opera che sta negli ultimi anni incontrando un buon successo per numero di rappresentazioni ma che non è assolutamente semplice da mettere in scena con buoni risultati. Il regista Gianmaria Aliverta, che firma anche le scene con Alice Benazzi, cerca di creare un allestimento che, per quanto possibile, non stravolga il libretto e rispetti le norme di distanziamento. La scena è sempre occupata da tre grandi strutture, dietro a quelle laterali agisce il coro e quella centrale fa da sfondo. Nelle intenzioni del regista queste strutture vogliono essere la attualizzazione dei teli dipinti del teatro ottocentesco e sono mossi delle proiezioni a cura di Luca Attilii : alberi, acqua, nuvole, tendenti al monocromo e con pochi guizzi di colore. Peculiare la scelta di evocare nel secondo atto l’ultima cena di Leonardo con un tableaux vivant ben riuscito. Una regia che sicuramente non disturba, e accompagna con delicatezza lo spettatore, un buon compromesso tenendo conto delle limitazioni odierne. In linea con l’epoca del libretto i costumi di Sara Marcucci, ricchi ed elaborati. Piacevoli i movimenti coreografici a cura di Silvia Giordan.
Tanta era l’attesa per il debutto, sul palcoscenico del Teatro Municipale, del grande tenore statunitense Gregory Kunde, che, in questa occasione, interpreta per la prima volta in forma scenica il ruolo di Ernani. Sin dalle prime battute l’artista si fa immediatamente apprezzare per il mezzo ampio e voluminoso ed affronta la difficile aria “Come rugiada al cespite”, al netto di qualche impercettibile incertezza, con risultati decisamente convincenti. La cautela di questa prima sezione lascia ben presto il posto ad una maggiore sicurezza a partire dal successivo terzetto con Elvira e Carlo in primo atto e quindi ad una prestazione che è un progressivo crescendo di emozioni e che culmina, tra l’altro, nella memorabile esecuzione dell’aria di secondo atto “Odi il voto”, brano alternativo scritto da Verdi appositamente per il tenore Ivanoff dopo la prima del 1844. Poco importa se il timbro ha perso un poco di quella freschezza degli anni che furono, la linea vocale mostra ancora una invidiabile duttilità e una tale morbidezza che consentono di ottemperare alla perfezione alle esigenze della partitura. E poi c’è il registro acuto, così luminoso e squillante, saldo e penetrante che sa conquistare il pubblico e scatenare il deliro in sala dopo una funambolica esecuzione della cabaletta di secondo atto “Sprezzo la vita”, costellata di folgoranti puntature. L’interprete, inoltre, è sempre accorato e pertinente, elegante nel fraseggio, raffinato nell’accento e scenicamente disinvolto. Una prova maiuscola, insomma, che gli vale la meritata ovazione con cui lo accoglie il pubblico al termine della recita.
A fianco di un protagonista di tale levatura una compagine vocale di assoluto rilievo.
Francesca Dotto dona ad Elvira la preziosità di un timbro squisitamente lirico, la morbidezza di un registro centrale ben timbrato e suadente, il nitore di una zona acuta ben proiettata e squillante. Il personaggio è ben delineato grazie da un fraseggio pugnace e palpitante: un’Elvira tutt’altro che compassata, ma fiera e combattiva in difesa del proprio amore per il protagonista. Di rilievo, inoltre, la presenza scenica, sempre aggraziata e composita, ben valorizzata dagli splendidi costumi.
Grande sensazione desta il baritono Ernesto Petti nel ruolo di Don Carlo. La linea vocale colpisce per il colore solare del mezzo, la sicurezza della salita in acuto, l’ampiezza del mezzo. Il suo è un re giovane e vigoroso, animato da passioni e ardori giovanili, sempre combattuto tra la brama di conquista della giovane Elvira e il desiderio di conquista del potere imperiale. Particolarmente riuscite sono l’appassionata esecuzione dell’andante “Vieni meco, sol di rose” tutta a fior di labbro, così come l’aria di terzo atto “O dei verd’anni miei” conclusa da una poderosa puntatura acuta.
Ben a fuoco anche Evgeny Stavinsky che, grazie ad un timbro scuro dal suggestivo colore vellutato, disegna un Don Ruy Gomez de Silva inquieto e malinconico. Compatta ed omogenea la linea vocale, sfumato e adeguatamente variegato il fraseggio, pur con una dizione talvolta perfettibile. Di rilievo la presenza scenica sempre nobile e ieratica.
Di buon livello le parti di fianco: lo squillante e vigoroso Jago di Alessandro Abis, il Don Riccardo, dotato di una voce dallo spledido colore e di ottima musicalità di Raffaele Feo e la puntuale Giovanna di Federica Giansanti.
Dal podio il Maestro Alvise Casellati offre una lettura della partitura non sempre integrale e che si colloca nel solco di una sostanziale correttezza, cui difetta, tuttavia, quel trasporto emotivo e quel contrasto di colori che ben di percepisce, al contrario, dal canto degli interpreti sul palco.
L’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini si disimpegna con onore in una prova volenterosa pur senza particolari guizzi interpretativi. Si deve riconoscere, in ogni caso, la buona capacità di creare sonorità equilibrate (pur con qualche eccesso di clangore nei timpani) e rispettose delle vocalità dei singoli artisti.
Di buon livello la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto dal gesto sicuro del Maestro Corrado Casati, cui viene chiesto di cantare ai lati del palcoscenico nascosto da due enormi quinte ad eccezione del celebre “Si ridesti il leon di Castiglia”, eseguito in proscenio.
Successo incontrastato al termine per tutti gli interpreti (qualche sporadica contestazione accoglie il Maestro Casellati al suo rientro sul podio al termine degli intervalli) con autentico trionfo per i protagonisti e, in particolare, Petti e il grande Kunde.
L’inaugurazione della stagione 2021/2022 è dunque avvenuta nel migliore dei modi possibili.
ERNANI
Opera in quattro atti
Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Ernani Gregory Kunde
Don Carlo Ernesto Petti
Don Ruy Gomez de Silva Evgeny Stavinsky
Elvira Francesca Dotto
Giovanna Federica Giansanti
Don Riccardo Raffaele Feo
Jago Alessandro Abis
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro del Teatro Comunale di Piacenza
Direttore Alvise Casellati
Maestro del coro Corrado Casati
Regia Gianmaria Aliverta
Scene Gianmaria Aliverta e Alice Benazzi
Costumi Sara Marcucci
Luci Elisabetta Campanelli
Proiezioni video Luca Attilii
Movimenti coreografici Silvia Giordano
Nuovo allestimento Coproduzione Teatro Municipale di Piacenza,Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara, Teatro Valli di Reggio Emilia
FOTO: GIANPAOLO PARODI