La trilogia mancata di Ruggero Leoncavallo
Chi riesce a immaginare uno sconosciuto e giovanissimo Leoncavallo alle prese con Richard Wagner e confidargli i suoi progetti? Secondo il compositore napoletano le cose sono andate proprio così: nel 1876 il futuro autore di Pagliacci aveva appena diciannove anni e raccontò di aver incontrato l’affermato maestro tedesco a Bologna in occasione della messa in scena di Rienzi presso la città felsinea. Non solo, Leoncavallo si fece addirittura coraggio e rivelò a Wagner la sua intenzione di dar vita a una trilogia musicale filosofica e patriottica, il poema epico Crepusculum. È in questa maniera che si può far cominciare la storia della trilogia mancata di Leoncavallo, un progetto avviato con grandi speranze e aspettative, ma mai portato a compimento.
Perché questo mezzo fallimento? In realtà, l’inizio era stato promettente, visto che nel 1893, ben diciassette anni dopo l’incontro con Wagner, Leoncavallo riesce a far rappresentare al Teatro Dal Verme di Milano la prima parte della trilogia, I Medici. Al compositore partenopeo furono necessari molti anni di lavoro e di studio dei testi Poliziano, Lorenzo De’ Medici e Giosuè Carducci. I ricordi di Leoncavallo ci aiutano a capire come nacque tutto ciò. A suo dire, l’ispirazione era giunta inevitabilmente dal compositore teutonico, tanto da richiedere un vero e proprio poema nazionale in grado di esprimere con sentimento l’italianità. Ne I Medici, i livelli scelti furono tre, tutti distinti tra loro, la congiura dei Pazzi, la vicenda amorosa e l’ambiente storico.
Nel 1892, il clamoroso successo di Pagliacci gli aveva fatto conquistare il favore del pubblico, motivo per cui per il suo secondo lavoro Leoncavallo puntò proprio su questo sogno nel cassetto. Non fu necessario molto tempo per completare la partitura, mentre il cast di cantanti scelto fu di altissimo livello. Si trattava di Adelina Stehle nel ruolo di Simonetta e di Francesco Tamagno, il primo Otello verdiano, in quello non semplice di Giuliano solo per citare i due nomi di maggiore impatto. Non sarebbe passato molto tempo, però, per parlare di un equivoco del wagnerismo italiano. Cerchiamo di capire perché.
Questa azione storica in quattro atti è ambientata a Firenze, più precisamente nel periodo compreso tra il 1471 e il 1478, quando era signore Lorenzo De’ Medici. Il fatto politico è dunque ben chiaro, mentre quello sentimentale ha a che fare con Giuliano De’ Medici, il cui amore viene contesto tra Simonetta Cattanei e Fioretta De’ Gori. La prima delle due muore, mentre Giuliano è vittima della celebre congiura dei Pazzi e viene ucciso nella Chiesa di Santa Reparata. Lorenzo riesce a fuggire, con il sostegno fondamentale di Poliziano, per poi prendere il potere tempo dopo. Le scelte di Leoncavallo furono molto erudite e impegnate, come ad esempio le canzoni a ballo, le varie danze e le musiche di scena utilizzate, anche se i duetti sono tipicamente ottocenteschi.
Il quarto atto, poi, è chiaramente ispirato ai Maestri cantori di Norimberga, con il canto corale, la messa e le preghiere che si svolgono all’interno di Santa Reparata prima dell’attentato contro Giuliano. A Poliziano viene dedicata una parte importante dell’opera, vale a dire la parte centrale del secondo atto, un momento fondamentale per il dramma, ricco di spunti artistici e culturali. L’elemento teatrale non venne apprezzato nel corso di quella prima rappresentazione del 9 novembre, una criticata che è poi continuata nel corso del tempo. Per tale ragione, il nostro paese non ha riconosciuto il giusto successo alla fatica di Leoncavallo, diversamente da quanto avvenuto in Germania, visto che il Kaiser Guglielmo II ritenne I Medici un’opera in grado di glorificare la storia d’Italia.
Leoncavallo comprese subito le difficoltà che I Medici avrebbero incontrato, tanto da parlare di tanto sangue e altrettanto fango, rivolgendosi al critico musicale Tonolla. Il già citato elogio da parte del Kaiser non poteva rallegrarlo e la trilogia Crepusculum si interruppe sul nascere. La tenuta drammatica piuttosto scarsa e i complicati collegamenti tra le parti della storia hanno impedito a questa azione storica di entrare definitivamente in repertorio, impedendoci di conoscere le restanti due parti, una dedicata a Savonarola e una a Cesare Borgia. Nonostante i difetti e le critiche, comunque, l’orchestrazione e la scrittura corale sono molto buoni, con la parte del tenore, quella di Giuliano De’ Medici, tra le più difficili in assoluto. Chissà che non si riesca ad arrivare presto a una nuova riconsiderazione critica.