Il mistero mai chiarito dell’Ernani di Bellini
Ernani è solamente il primo mattone di un edificio già costruito nella mente del suo autore, ma nell’insieme può solamente dare un po’ di valore a questo dramma.
È questa la frase che si può leggere alla prefazione di “Hernani”, opera teatrale in cinque atti di Victor Hugo, dopo la rappresentazione del 9 marzo 1830. L’autore era convinto di poter realizzare una trilogia imponente e il progetto non era ancora del tutto abbandonato: il personaggio principale non sarebbe stato Ernani, ma Don Carlo, eppure questo “primo mattone” conquistò molti compositori e l’idea di mettere in musica la tragedia non venne soltanto a Giuseppe Verdi, i cui quattro atti del 1843 su libretto di Francesco Maria Piave rappresentano il titolo più conosciuto.
Prima del Cigno di Busseto, infatti, ci fu il bolognese Vincenzo Gabussi che fece rappresentare il melodramma al Théatre des Italiens di Parigi nel 1834, ma un nome ancora più illustre accarezzò l’idea di un lavoro ispirato al bandito. Si tratta di Vincenzo Bellini e la storia del suo Ernani mancato ha fatto parlare parecchio, nonostante il mistero della mancata prèmiere non sia mai stato chiarito del tutto. Per ricostruire l’intera vicenda bisogna risalire all’estate del 1830. Bellini ha 29 anni ed è reduce dal successo ottenuto dalla sua sesta fatica, “I Capuleti e i Montecchi”.
L’Hernani di Hugo è stato rappresentato da pochi mesi ed è praticamente una novità assoluta per il teatro, ma il compositore siciliano è innamorato del soggetto e ha già individuato il luogo giusto per la rappresentazione, il Teatro Carcano di Milano. In una lettera indirizzata all’editore Guglielmo Cottrau si può leggere tutto questo entusiasmo:
L’Hernani mi piace assai, e piace parimenti alla Pasta e a Romani, ed a quanti l’han letto: nei primi di settembre mi metto al lavoro.
A novembre Bellini era ancora convinto, mentre il successivo 3 gennaio rappresenta la data in cui il musicista catanese abbandona definitivamente il progetto e ne parla in una lettera a Giovanni Battista Perrucchini. Tra le due date c’è un buco che non permette di comprendere bene cosa sia successo.
Una delle ipotesi formulate è stata ricavata dalla biografia del librettista Felice Romani che fu pubblicata dalla moglie. In quel caso si parlò della prudenza di Bellini che non voleva confrontarsi con Gaetano Donizetti, dato che il compositore bergamasco aveva dato la sua “Anna Bolena” al Carcano, una versione che però non convince. È molto più probabile che un nuovo soggetto abbia attirato Bellini e non è un caso che alcuni dei pezzi musicali ultimati per quel che riguarda l’Ernani siano andati poi a confluire in un’altra opera, “La sonnambula”.
L’epistolario belliniano non può che essere strategico per ricostruire fedelmente i fatti. Il musicista siciliano si limitò a scrivere che la composizione dell’Ernani era terminata a causa di alcune modifiche imposte dalla censura e dalla polizia austriaca a causa dell’argomento trattato. La versione è maggiormente attendibile rispetto a quella della rivalità con Donizetti, nonostante tredici anni dopo Verdi sia riuscito a superare le critiche avanzate dalla censura senza troppe difficoltà. Un confronto è comunque possibile, tenendo conto che da una parte c’è un’opera completa e dall’altra dei semplici frammenti.
La musica scelta da Bellini si adatta in maniera perfetta al momento scenico e alle sue due caratteristiche principali, la segretezza e il mistero. Secondo la maggior parte della critica, però, il musicista catanese si è limitato a una coloritura illustrativa per quel che riguarda l’articolazione strumentale. Addirittura, c’è chi ha definito il canto di Elvira una “cantilena”, nonostante la bellezza e la purezza che sono fuori da ogni dubbio. I contrasti forti tra i vari personaggi, inoltre, sono evidenti solamente nei recitativi, mentre Verdi si è affidato a un mezzo potente come il coro.
Un altro confronto molto interessante tra i due Ernani è quello relativo al primo incontro tra il protagonista eponimo e Don Carlo. Bellini cercò a tutti i costi di comporre note all’altezza di moltissime espressioni caratteriali e di affetti. Il tema principale in questo caso è stato incentrato sull’orgoglio di Don Carlo, con una spontaneità piuttosto livellata. Per apprezzare meglio queste pagine ci si può recare al Museo Belliniano di Catania, il quale ha raccolto i frammenti del melodramma mai eseguito e li ha numerati in modo accurato per consentire uno studio approfondito.