Il talento spezzato di Guido Cantelli
Gran Dio!… morir sì giovine! Sono i versi che Violetta pronuncia disperata quando ha capito che la fine è ormai prossima, ma chissà a quanti sarà venuta in mente questa frase nell’apprendere della prematura scomparsa di Guido Cantelli, uno dei direttori d’orchestra più promettenti, andatosene via a soli trentasei anni a causa di un incidente aereo. Novarese, classe 1920, Cantelli fu senza dubbio uno dei direttori più promettenti della sua epoca, un astro che stava nascendo e che si spense troppo presto. Il suo talento venne immediatamente notato da Arturo Toscanini, una delle bacchette più note in assoluto, tanto che il burbero parmense si affezionò moltissimo a questo ragazzo, il suo allievo prediletto.
Cantelli aveva cominciato a mettersi davvero in mostra nel 1948, ad appena ventotto anni: il suo concerto alla Scala di Milano aveva impressionato e meravigliato e nell’inverno ’48-’49 fu proprio Toscanini a invitarlo a New York come direttore ospite alla rete Nbc. Proprio quest’ultima lo annunciò come il protegè di Toscanini e non aveva tutti i torti, anche perché in molti avevano ravvisato delle somiglianze nei due caratteri. Cantelli era giovane ma dal temperamento forte, visto che perfino i suoi orchestrali inizialmente non erano molto cordiali con lui e i suoi modi; ma questo giudizio cambiò profondamente nel corso degli anni, con parecchi sorrisi in più a rallegrare le facce dell’orchestra.
Secondo alcuni giudizi, sembrava quasi come se il direttore piemontese sapesse della sua breve esistenza, così da giustificare il suo fuoco artistico e la fretta di scoprire il più possibile. Cantelli era il secondo figlio di un maestro di banda e trombettista e la sua infanzia fu caratterizzata da una salute non proprio di ferro. Già a tredici anni egli poteva lavorare nelle stagioni operistiche del Teatro Coccia di Novara, più precisamente in qualità di suggeritore e di percussionista. Non completò mai il liceo, ma si cimentò persino come pianista di musica jazz. Poi, l’iscrizione al Conservatorio di Milano gli consentì di diplomarsi in composizione nel 1943, proprio nello stesso anno in cui aveva debuttato come direttore al Coccia nella Traviata di Verdi.
Già in quella prima esperienza, Cantelli, appena ventitreenne, riuscì a far emergere doti molto interessanti: tra l’altro dirigeva a memoria e in quell’esordio si trovò al centro di una situazione imbarazzante, visto che, stordito dal troppo alcool di un brindisi nel corso dell’intervallo, non riusciva a ricordare l’attacco del terzo atto. Piuttosto che far prendere lo spartito, decise di attaccare di impeto, con la sola forza della disperazione, le note fluirono perfette e giuste e quell’unico momento di confusione scomparve per sempre. Fu catturato dai tedeschi nel corso della Seconda Guerra Mondiale e internato in un campo di concentramento. Poi, la sfolgorante carriera, prima in teatri di provincia e successivamente a Milano. Vari impegni alla Rai lo fecero conoscere a un più vasto pubblico ed è allora che giunse l’occasione del concerto alla Scala del 1948.
La Rapsodia Spagnola di Ravel, il Concerto per violino di Brahms, la Berceuse élégiaque di Busoni e il trittico dal Mathis der Mahler di Hindemith, furono questi i pezzi che impressionarono Toscanini e gli spettatori. Le tournée negli Stati Uniti si susseguivano anno dopo anno e il successo lo travolse letteralmente: Albert Einstein voleva assolutamente conoscerlo, a Hollywood si pensava addirittura a un film con lui come protagonista, insomma la fama era arrivata. L’amicizia con Toscanini, più un rapporto tra padre e figlio, si solidifica ulteriormente e c’è persino la miopia ad accomunarli, il motivo per cui Cantelli imparava le partiture a memoria. Nel 1956 venne nominato direttore stabile della Scala e stava pensando a molte altre tournée all’estero.
Questo continuo viaggiare non lo spaventava, in alcune dichiarazioni professava di essere certo della sicurezza degli aerei: eppure, proprio in quel 1956, più precisamente il 24 novembre, perse la vita in un incidente aereo che si verificò all’aeroporto parigino di Orly, mentre era in procinto di recarsi a New York. Tutto il talento e le promesse sparirono per sempre e si preferì non informare Toscanini di questa tragica morte: il sommo maestro, quasi novantenne, non seppe mai nulla di come terminò la vita di Cantelli e morirà due mesi dopo. I funerali furono caratterizzati da tanta gente attonita e l’orchestra della Scala lo salutò con il Largo dal Serse di Händel, l’ultimo brano diretto, e con un podio vuoto a simboleggiare la sua assenza. Fu poi sepolto nel cimitero di Novara. Chissà cosa ci avrebbe regalato con le sue doti ancora tutte da scoprire: alcune registrazioni di Debussy, Rossini e Ravel confermano tale giudizio, così come quella dell’unica opera disponibile, Così fan tutte di Mozart.