La rivalità tra Gluck e Piccinni: fu un vero confronto?
Quando si parla di rivalità musicali, la più famosa che viene in mente è sicuramente quella tra Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri. Sul loro rapporto sono stati versati fiumi di inchiostro, spesso a sproposito, per non parlare del pluripremiato film “Amadeus” che ha ipotizzato complotti di ogni tipo. Un’altra rivalità che vale la pena approfondire ha lo stesso sfondo storico di quella tra Mozart e Salieri, vale a dire il ‘700: si tratta della sfida che contrappose Niccolò Piccinni e Christoph Willibald Gluck. Il compositore tedesco aveva 14 anni in più rispetto al collega e i due diventarono i rappresentanti di veri e propri “partiti”, quello italianista e quello teutonico.
Piccinni era giunto a Parigi nel 1776, per la precisione l’ultimo giorno dell’anno, insieme alla propria famiglia. Il musicista barese aveva attirato l’attenzione dei francesi con un lavoro di due anni prima, “Alessandro nelle Indie” (su libretto di Pietro Metastasio), un’opera che l’abate Ferdinando Galiani esaltò senza mezzi termini:
Piccinni ha appunto dato un’opera nel nostro grande teatro. Essa sorpassa quanto abbiamo udito finora in fatto di buona musica.
Nella lettera di Galiani si parla anche di “Orfeo ed Euridice” di Gluck, a suo giudizio “tremendamente eclissato”.
Il flop della tragedia di Gluck era in realtà una sorta di bufala, entrambe le opere avevano dei pregi e quella di Piccinni convinse grazie al rispetto della tradizione. Il musicista pugliese era giunto a Parigi senza la pretesa di competere con il maestro più anziano, ma più che altro per aumentare i propri guadagni. Grazie agli insegnamenti del romanziere e drammaturgo Jean-François Marmontel, Piccinni iniziò a comprendere la realtà transalpina, in modo da studiare a fondo il libretto che il poeta gli stava mettendo a disposizione. L’opera era “Roland”, tre atti che lo stesso Marmontel assicurò essere rispettosi dei versi originali che Philippe Quinault aveva scritto per la tragedia omonima di Jean-Baptiste Lully.
Le opere precedenti di Piccinni erano improntate ad atmosfere ed effetti ben diversi, ma il compositore affrontò con coraggio questo cambiamento radicale. I grandi sostenitori della melodia italiana facevano ovviamente il tifo per lui, ma in pochi si resero conto che l’esperienza francese sarebbe stata caratterizzata da un soggetto tipico transalpino travestito con note italiane. La sfida musicale sarebbe dunque partita con un evidente svantaggio, visto che Gluck era più esperto, oltre che avvezzo alla tragédie lyrique.
“Roland” fu rappresentato per la prima volta presso l’Académie Royale de Musique di Parigi nel 1778 e il successo venne giudicato discreto: Piccinni aveva dato prova di versatilità e adattabilità, ma gli sforzi psicologici non erano stati indifferenti. Le incertezze ci furono e non andò meglio con le “prove” successive, vale a dire “Phaon” (sempre nel 1778) e “Atys” (1780). Uno scontro vero e proprio con Gluck non ci fu mai, nonostante il tentativo di confrontare le due Ifigenie in Tauride dei compositori, rappresentante a tre anni di distanza e con un risultato lusinghiero in entrambe le occasioni. Già nel 1779, poi, Gluck aveva deciso di dire addio a Parigi, in seguito allo scarso successo di “Echo et Narcisse”, un esito che lo offese e riempì di risentimento.
Tornando a parlare di Piccinni, “Didon” fu sicuramente un’opera di maggiore attrattiva, da molti considerato un capolavoro dell’opera seria del ‘700. La prèmiere del 1783 a Fontainebleau garantì grande fama al musicista barese, capace di migliorare lo stesso soggetto a cui tredici anni prima aveva lavorato sempre in collaborazione con Metastasio (il debutto è datato 8 gennaio 1770, per la precisione al Teatro Argentina di Roma). I sostenitori di Gluck parlarono di un Piccini “gluckista” per evitare di riconoscergli il minimo merito, in realtà ci fu una maggiore cura del recitativo e soprattutto grande energia di espressione.
Una opinione che nel tempo ha preso sempre più piede è quella secondo cui il campione del partito “italianista” da contrapporre a Gluck avrebbe potuto essere un altro compositore pugliese, il bitontino Tommaso Traetta. Quest’ultimo, quasi coetaneo di Piccinni, poteva vantare infatti i giusti precedenti creativi e la vocazione per affrontare in maniera adeguata il musicista tedesco e i suoi seguaci. In realtà Traetta aveva dato prova di grande ispirazione all’inizio degli anni Sessanta del ‘700, cioè quando i suoi lavori furono rappresentati a Vienna e Mannheim con risultati davvero incoraggianti, mentre il collega era ormai in rampa di lancio.