“Orango”, l’opera di Shostakovich dimenticata per quasi 80 anni
Un nome alquanto singolare e una scoperta in ritardo: l’opera satirica “Orango” (Оранго) del compositore russo Dmitrij Dmitrievic Šostakovic ha una storia piuttosto curiosa che vale la pena approfondire. Nonostante il lavoro sia stato commissionato dal Teatro Bolshoi di Mosca nel 1932, la prima rappresentazione avvenne quasi ottant’anni dopo, nel 2011. Cosa è successo nel frattempo? All’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, il teatro russo intendeva celebrare in maniera adeguata i quindici anni dalla Rivoluzione di Ottobre. Ecco il perché della scelta di Šostakovic e di due librettisti importanti come Alexander Starchakov e Alexei Tolstoj. Il tema da approfondire era quello della “crescita umana durante la rivoluzione e la costruzione del socialismo”.
In quel 1932 Šostakovic aveva appena terminato la sua seconda opera lirica, “Lady Macbeth nel distretto di Mcensk”, e stava per cominciare la composizione comica de “Il grande fulmine”. “Orango” doveva rappresentare una satira feroce e pungente del capitalismo, ma non vennero risparmiate nemmeno le critiche al regime sovietico di quel tempo. Il musicista capì comunque che la situazione stava diventando pericolosa e precaria e decise dunque di interrompere il lavoro. Il progetto non andò avanti anche a causa delle vicissitudini giudiziarie di uno dei due librettisti, Starchakov, arrestato nel 1936 e ucciso l’anno dopo. Il ritrovamento di undici anni fa suscitò scalpore.
La musicologa Olga Digonskaya era infatti al lavoro con la terza moglie di Šhostakovic, Irina, e riuscì a trovare il manoscritto di “Orango” nascosto in una scrivania negli archivi del Museo della Cultura Musicale Glinka di Mosca nel 2004. La scoperta ha riguardato il libretto e la partitura con le parti del coro e quelle dei solisti. Si trattava in pratica di appena quaranta minuti per quel che riguarda il prologo, caratterizzato da una parte orchestrale, dal coro e da undici voci. La stessa Irina, però, si convinse della possibilità di orchestrare il tutto e chiese aiuto al compositore britannico Gerard McBurney.
Dopo alcuni anni, il 2 dicembre del 2011 fu possibile rappresentare per la prima volta in assoluto il Prologo: “Orango” tornò a vivere a Los Angeles, per la precisione nella Sala da Concerto Walt Disney, con l’allestimento scenico curato dal regista Peter Sellars. Si è deciso di proiettare su uno schermo delle cronache storiche risalenti ai tempi della Russia sovietica, mentre la conduzione dell’orchestra è stata affidata al finlandese Esa-Pekka Salonen. La trama prevede tre atti distinti. Un medico francese tenta di sperimentare l’incrocio tra un uomo e una scimmia ed è a questo punto che nasce Orango, il quale è capace di diventare un magnate della stampa, per poi perdere tutti i soldi a causa della Grande Depressione. I suoi ultimi giorni li passerà in una gabbia del circo.
Secondo chi ha assistito alla prèmiere postuma, il pubblico ha accolto con entusiasmo l’opera. I russi si sono però chiesti quando potranno ascoltare e guardare il lavoro dimenticato di Šhostakovic anche in patria. L’ispirazione del libretto è quella del lavoro di un biologo russo, Ilya Ivanovich Ivanov, il quale concentrò l’attenzione dei propri studi sull’ibridizzazione tra gli esseri umani e gli altri primati: come si intuisce facilmente, la parola “orango” deriva da “orangutan”, la celebre specie di scimmia. I rapporti tra compositore e biologo erano ben saldi.
In effetti, lo stesso Šhostakovic visitò più volte la stazione di ricerca sui primati di Ivanov a Sukhumi, una tappa frequente che radicò sempre più nella sua mente l’idea dell’opera lirica. Le pagine sopravvissute sono in totale tredici: il già citato Prologo e la parte al pianoforte che è stata pubblicata a Mosca nel 2010. Sono state avanzate diverse ipotesi per quel che concerne l’abbandono del progetto, in primis le caratteristiche di Orango, ritenute troppo simili a quelle di Stalin, e la pericolosa promessa di un “uomo nuovo”, una figura a cui la società russa dell’epoca non era ancora pronta.
La musica e le tematiche di “Orango” hanno parecchio in comune con un’altra composizione di Šhostakovic, la Sinfonia n. 4: anche se la prima si caratterizza per il suo tono grottesco più che comico e la seconda per le sue ricercatezze ai limiti della pignoleria, entrambe mettono in evidenza una evasione delle cose chiare, sentimenti sinceri, oltre al concetto fondamentale che sotto i totalitarismi si vive in maniera insicura. L’opera dimenticata è in repertorio da pochissimi anni e di solito viene accompagnata insieme ad altri lavori del compositore russo, dopo tanta attesa se ne possono apprezzare tutte le qualità.