“L’elisir d’amore” e “Le Philtre”: il confronto inevitabile tra Donizetti e Auber
Quello tra Italia e Francia è il più classico dei rapporti di odio e amore: nel corso della storia non sono mai mancati tradimenti clamorosi e strizzate d’occhio, senza alcuno spazio per le mezze misure. Questa rivalità nazionale non ha risparmiato nemmeno l’opera lirica e uno degli esempi più celebri è quello che ha contrapposto Gaetano Donizetti e Daniel Auber. I due compositori sono stati attratti dallo stesso argomento, al punto da far rappresentare un soggetto identico a distanza di pochissimo tempo. “L’elisir d’amore” è uno dei titoli più noti, se non il più famoso, del musicista bergamasco, ma spesso ci si dimentica di citare un lavoro messo in scena pochi mesi prima dal collega francese, “Le philtre”, un termine che può essere tradotto, non a caso, con “elisir”.
Le date dei due debutti sono eloquenti. “Le philtre” viene rappresentato per la prima volta al Théâtre de l’Opéra di Parigi il 20 giugno 1831, mentre la prèmiere de “L’elisir d’amore” risale al 12 maggio del 1832 (al Teatro della Cannobiana di Milano), dunque meno di un anno separa le opere dei due compositori. Il librettista del melodramma giocoso di Donizetti, Felice Romani, aveva preso spunto proprio dal testo francese, ma non si può assolutamente parlare di un plagio o di una mancanza di fantasia. L’impresario della Cannobiana, Alessandro Lanari aveva pensato a Donizetti per un’opera comica nuova di zecca, anche se il tempo a disposizione per stendere un libretto originale non c’era, motivo per cui Romani adattò quello di Auber, scritto da Eugène Scribe.
D’altra parte, Scribe si ispirò liberamente a una novella del 1830 di Silvio Malaperta, “Il filtro” appunto. A sua volta questo lavoro era un adattamento di “Le Devin du Village”, intermezzo buffo con testi e musica di Jean-Jacques Rousseau. La storia di queste fonti è dunque molto avvincente, ma lo è anche il confronto inevitabile in cui furono coinvolti Donizetti e Auber. Romani tradusse quasi alla lettera il libretto di Scribe, come si può leggere nella prefazione de “L’elisir d’amore” e i giornali dell’epoca iniziarono ad approfondire le somiglianze e i tratti distintivi delle due opere.
Sono due gli esempi interessanti di quanto la stampa si sia interessata a questa “sfida”, diventata ben presto una questione di primato nazionale in materia musicale. Il 21 gennaio 1839 Le Courrier Français parlò de “L’elisir d’amore” come di un fratello gemello del Philtre. I critici transalpini non potevano che parteggiare per Auber:
Le Philtre è la migliore composizione in due atti di Scribe e di Auber, questi due uomini di spirito, che vanno così bene d’accordo! Il poeta italiano ha dovuto solo tradurre letteralmente la pièce francese, sostituendo di tanto in tanto un duetto ad un’aria, un’aria a un duetto, tagliando un coro e spesso non cambiando una sillaba. Il compositore non ha seguito lo stesso metodo: ha rifatto tutto, come era nel suo diritto e nel suo dovere.
Altre testate francesi si espressero allo stesso modo, mentre uno spunto curioso è quello che si ricava dalla lettura di un articolo de La Moda (Giornale di scene della vita, Mode di vario genere e Teatri) del 31 gennaio 1839 (siamo quindi nello stesso periodo):
Noi sapevamo benissimo che l’Elisir d’Amore altro non era che una esatta traduzione del Philtre, per conseguenza credevamo trovarci in faccia ai signori Auber e Donizzetti, presso a poco nella medesima posizione in cui sono i membri dell’istituto quando debbono giudicare dei lavori di diversi concorrenti sopra un medesimo soggetto.
L’articolo è stato scritto dal corrispondente da Parigi, il quale decise di mettere da parte i pregiudizi e le facili conclusioni per distinguere le due opere. Il critico confessò di non poter dichiarare nè vinti nè vincitori, come anche di non poter parlare di una lotta tra i due compositori. Nonostante il soggetto identico, a Auber e Donizetti fu riconosciuta la capacità di aver creato due cose diverse tra loro. “Le philtre” venne giudicato una vera opera comica, mentre “L’elisir d’amore” fu considerato un’ottima opera buffa, due generi apparentemente simili, come sottolineato dallo stesso critico:
Nè si creda già che poca sia la distanza la quale separa questi due generi: ella è immensa.
In estrema sintesi, il raffronto fu scontato, ma non tutti i critici approfondirono la questione, preferendo distinguere tra le caratteristiche migliori dell’una e dell’altra opera. In particolare, l’anonimo giornalista de Le cabinet de lecture parlò chiaramente della superiorità del primo atto dell’opera di Auber, tanto da non poter trovare niente nel lavoro di Donizetti che potesse raggiungere la bellezza dell’aria del sergente, originale e deliziosa. Allo stesso tempo, però, il musicista bergamasco rispose con un secondo atto senza paragoni, grazie soprattutto alla barcarola Io sono ricco e tu sei bella e al pezzo più celebre dell’opera, Una furtiva lagrima.