Lo sfortunato destino delle “altre” Cavallerie Rusticane
Turiddu, Santuzza, Alfio e Lola. Sono questi i protagonisti di uno degli intrighi amorosi che hanno fatto la fortuna di Giovanni Verga. Si tratta infatti dei quattro personaggi ideati dallo scrittore siciliano per quella che è una delle sue novelle più celebri, “Cavalleria Rusticana”. Gli appassionati di opera lirica sanno bene come il racconto abbia ispirato Pietro Mascagni, al punto da comporre quello che è riconosciuto come il suo capolavoro. La storia del concorso Sonzogno e del trionfo del musicista livornese è stata analizzata da cima a fondo, meno note invece sono le sorti delle altre due opere che hanno trattato lo stesso argomento, accomunate da un triste destino. Si sta parlando di “Mala Pasqua!” di Stanislao Gastaldon e di “Cavalleria Rusticana” di Domenico Monleone.
Mascagni vinse meritatamente il primo premio del concorso e il suo atto unico venne rappresentato per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma. Il compositore toscano, però, avrebbe potuto avere un rivale da affrontare sullo stesso tema. Gastaldon aveva due anni più di lui e proprio come il collega non aveva ancora debuttato nel mondo dell’opera. Verga gli aveva concesso l’autorizzazione a ricavare un lavoro musicale dalla sua novella: al concorso, comunque, Gastaldon preferì la rappresentazione dell’opera proprio al Costanzi, poco più di un mese prima di Mascagni. Il titolo non fu “Cavalleria Rusticana”, ma “Mala Pasqua!” e la prèmiere ebbe luogo il 9 aprile 1890.
Lo spettacolo era stato organizzato in favore del Comitato del Tiro a Segno Nazionale e la serata fu impreziosita dalla presenza della principessa Odescalchi e dalla moglie del primo ministro Francesco Crispi. Le rappresentazioni totali furono quattro, dunque le repliche successive alla prima si fermarono a tre, anche se il pubblico romano accolse con favore questo lavoro, chiedendo allo stesso Gastaldon di salire sul palco per ricevere gli applausi più convincenti. Non mancò qualche critica, anche se di tipo morale. La rivista “La Civiltà Cattolica” sottolineò l’inutilità della processione religiosa mentre gli altri protagonisti parlavano di adulterio, un accostamento a cui i cattolici reagirono con sdegno. La stessa rivista arrivò persino a dire che il pubblico era composto essenzialmente da gente volgare e massoni.
“Mala Pasqua!” finì presto nel dimenticatoio, nonostante le rappresentazioni a Perugia e persino a Lisbona. Si parlò per anni della presunta sparizione della partitura, ma in realtà l’opera di Gastaldon è stata riproposta nel 2010 ad Agrigento, anche se al pianoforte e in forma semiscenica. La questione relativa alla “Cavalleria Rusticana” di Monleone è decisamente più complicata. In questo caso il compositore genovese presentò il suo lavoro nel 1907, sempre con il beneplacito di Verga, probabilmente innervosito dalla disputa legale con Mascagni e Sonzogno. Questi ultimi non gradirono la proposta con lo stesso titolo del capolavoro del 1890 e si parlò addirittura di plagio. L’editore e il musicista labronico intentarono causa contro Monleone e Verga, chiedendo una serie di modifiche drastiche.
Per Monleone fu un colpo durissimo, anche perché in questo modo la sua “creatura” diventò irriconoscibile. La prima versione aveva ottenuto grandi consensi ed era arrivata addirittura a rivaleggiare con quella di Mascagni. A distanza di dieci anni ci fu la presentazione del lavoro ritoccato, con tanto di nuovo titolo, “La giostra dei falchi”. La Cassazione di Torino era stata inflessibile, “Cavalleria Rusticana” di Monleone era un plagio e non poteva più circolare. La citazione in giudizio, però, era stata a dir poco esagerata. Secondo quanto ricostruito da Chiara Di Dino, soprano e dottoressa in Musicologia, in un libro molto accurato, di scopiazzature non c’era nemmeno l’ombra, anzi il compositore ligure era stato persino più fedele di Mascagni alla novella di Verga.
Nel 2001 la figlia di Monleone ha cercato mettere in scena l’opera di suo padre: per l’occasione venne scelto il Teatro di Montpellier, ma neanche in questo caso si è riusciti a far ascoltare al pubblico la versione “alternativa”. Rimane quindi praticamente impossibile venire a capo della questione. Come avviene in “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, sulle altre due “Cavallerie Rusticane” sembra aleggiare una maledizione, loro fedele compagna da decenni e destinata ad accompagnarle per molto tempo ancora. Senza voler accusare nessuno, come si è soliti dire in questi casi, toccherà ai posteri l’ardua sentenza, ma non è ancora chiaro quali saranno questi posteri che giudicheranno.