Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni: una primadonna di troppo?
Ogni secolo ha avuto la sua rivalità tra cantanti d’opera: il ‘900 venne dominato da quello tra Renata Tebaldi e Maria Callas, nell’800 Maria Malibran e Giuditta Pasta divisero il pubblico, ma se si approfondisce quanto avvenuto nel ‘700 si scopre un antagonismo ancora più acceso, quello tra Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni. Sono due dei nomi più illustri del canto lirico del XVIII secolo, anche perchè entrambe sono riuscite a farsi strada nonostante la concorrenza agguerrita dei castrati. I due soprani sono diventati famosi anche e soprattutto per un episodio piuttosto singolare e movimentato, talmente celebre da diventare una parodia in breve tempo. Per capire come si arrivò a quello che fu un vero e proprio scandalo bisogna tornare indietro nel tempo di quasi trecento anni.
Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni erano praticamente coetanee: la prima era nata a Parma nel 1696 (motivo per cui fu soprannominata “La Parmigiana” o “La Parmigianina”), mentre la rivale era nata a Venezia nel 1697. Nei libretti della sua epoca la Cuzzoni veniva definita “Virtuosa da camera della Serenissima Gran Principessa Violante di Toscana” e la svolta della sua carriera è datata 1722, quando Georg Friedrich Händel decise di ingaggiarla per cantare nelle stagioni di opera italiana presso l’Accademia Reale del King’s Theatre di Londra. La Bordoni aveva fatto invece il suo debutto nel 1716, dopo aver studiato con Alessandro e Benedetto Marcello.
L’accoglienza riservata alla Cuzzoni fu pari a quella che spettava solitamente a re e regine, la fama della sua voce era giunta anche in Inghilterra e il pubblico era impaziente di ascoltarla dal vivo. L’aneddoto che ha reso immortali i due nomi ha una data ben precisa, il 6 giugno 1727, in occasione di una replica di “Astianatte”, opera composta dal musicista modenese Giovanni Bononcini. Dal 5 aprile al 6 maggio le primedonne furono alternativamente indisposte, ma al nono spettacolo entrambe erano pronte per entrare in scena e mostrare tutto il loro valore. C’è da dire che negli anni precedenti le ostilità erano cresciute a dismisura, con gli spettatori sempre più divisi su chi sostenere.
Le cantanti interpretarono insieme diversi titoli, tra cui vale la pena ricordare “Lucio Vero” di Attilio Ariosti e “Admeto” di Händel. Ai sostenitori della Cuzzoni e della Bordoni non interessava l’opera o il compositore, ma soltanto di far prevalere la propria beniamina. Alla presenza della principessa Carolina del Galles, Faustina Bordoni iniziò a cantare e la “fazione” cuzzoniana non tardò un istante a fischiare e canzonare la grande rivale. La rissa fu inevitabile. Le cantanti furono colte da una crisi isterica piuttosto violenta che culminò in una serie di schiaffi, tirate di capelli e insulti irriferibili.
Le cronache dell’epoca misero nero su bianco ogni epiteto (“put..na” e “tro..” solo per citare quelli peggiori): persino gli spettatori presero parte attiva alla zuffa, uno scontro fisico che portò alla distruzione delle scene teatrali. In base a quanto è stato ricostruito dagli storici, sembra che Händel abbia commentato con grande calma quanto stava accadendo sul palco, limitandosi a dire che le due donne si sarebbero stancate e la lite sarebbe terminata di conseguenza. Lo scandalo fu troppo grande e l’impresario pensò bene di non rinnovare a entrambe il contratto. Una volta fallita l’Accademia Reale, le strade delle cantanti si separarono inevitabilmente.
La Bordoni decise di partire alla volta di Parigi, mentre la Cuzzoni trovò una sistemazione stabile a Vienna insieme al marito, Pietro Giuseppe Sandoni, dopo l’espresso invito da parte dell’ambasciatore. Un episodio tanto eclatante, però, non poteva non essere sfruttato come spunto per altri racconti teatrali. Ne è un chiaro esempio l’idea di Colley Ciber, direttore del Drury Lane Theatre di Londra: è nata in questo modo la farsa “The contretemps or The rival queens”, in cui sono presenti appunto due cantanti che si tirano i capelli causando la disperazione di Händel. Una intuizione simile la ebbe John Gay con la commedia “The Beggar’s Opera” (1728) su musiche di Johann Christoph Pepusch.
“L’opera del mendicante” non è altro che una doppia satira, visto che viene presa in giro la tradizione operistica italiana, ma anche la corruzione dell’allora primo ministro, Sir Robert Walpole, e del suo governo. Lo stesso soggetto venne successivamente sviluppato da Bertolt Brecht con il suo “L’opera da tre soldi” (Die Dreigroschenope), rappresentato per la prima volta due secoli dopo, nel 1928. I capricci e le rivalità sono state presenze fisse dei teatri d’opera di tutto il mondo, ma quella tra Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni meritava di essere approfondita per le dimensioni raggiunte, di fronte alle quali c’è ben poco confronto.