La passione cinematografica e privata di Alberto Sordi per l’opera lirica
Sappia che sarei potuto diventare l’ esploratore degli abissi delle note musicali.
Alberto Sordi è stato un personaggio carismatico sia nella finzione cinematografica che nella vita privata e questa frase spiega molto bene la passione per l’opera lirica di cui non smetteva mai di vantarsi. In particolare, erano le sue doti di basso a renderlo orgoglioso. Il celebre attore romano è stato protagonista di una serie di pellicole in cui il melodramma è parte integrante, senza dimenticare le esperienze personali a contatto con la musica, iniziate quando era piccolo. D’altronde, le sette note non potevano non caratterizzare la sua formazione e cultura.
Il padre di Sordi, Pietro, lavorava al Teatro dell’Opera di Roma come suonatore di basso tuba e questa professione non può non aver influenzato il piccolo Alberto. Ne è una chiara testimonianza il fatto che iniziò a cantare come voce bianca nel coro della Cappella Sistina e a tentare la carriera artistica come basso in qualche opera. Alla fine prevalse il cinema, però la lirica non lo abbandonò mai. Sono almeno tre i film che bisogna ricordare per far capire quale passione Sordi nutrisse nei confronti dell’opera. Il primo si chiama “Mi permette babbo” ed è un vero e proprio manifesto per qualsiasi cantante lirico.
La pellicola è del 1956 e l’attore ripercorre idealmente la sua esperienza come basso. Sordi interpreta Rodolfo (un nome non casuale), cantante lirico senza troppe pretese ma pieno di entusiasmo. Nonostante la buona predisposizione non riesce mai a debuttare a teatro, poi un giorno gli viene proposta una piccola parte ne “La traviata”, quella del Dottor Grenvil. Le frasi da cantare sono poche e la sera della prima Rodolfo spiazza tutti eseguendo il celebre “È spenta” finale che viene normalmente tagliato dopo aver intravisto la faccia di Giuseppe Verdi in quella del direttore d’orchestra. La sequenza è esilarante, come anche le interpretazioni del resto del cast, Aldo Fabrizi in primis.
Anche una delle scene più gustose de “Il marchese del Grillo”, film del 1981 diretto da Mario Monicelli e con un Alberto Sordi in grande spolvero, è ambientata a teatro. Una locandina affissa al muro ci fa capire che è il mese di novembre del 1810 e al Teatro D’Alibert di Via Margutta 28 a Roma viene rappresentata “La cintura di Venere”. La musica che si ascolta è però un falso d’autore, una serie di composizioni realizzata per l’occasione da Nicola Piovani che ha ingannato e inganna ancora tante persone. Questa scena mostra perfettamente la repulsione e il timore per una donna in scena, una novità introdotta dai francesi che avevano appena conquistato la Capitale.
“Bravissimo”, invece, è una commedia del 1955. Alberto Sordi vi interpreta Ubaldo, un maestro di musica elementare che cerca di arrotondare nel tempo libero. Uno dei bambini che segue le sue lezioni si chiama Gigetto: a soli sei anni questo bambino riesce a cantare con la voce di un baritono e il maestro riesce a garantirgli un successo crescente. Il bimbo viene fatto debuttare a teatro in “Rigoletto” e a quel punto i famigliari di Gigetto si fanno vivi dopo aver fiutato l’affare, dando il via a una serie di disavventure. Il canto baritonale del piccolo protagonista non è stato accreditato, ma si trattava di Nestore Catalani, collaboratore delle produzioni RAI e discreto cantante lirico.
Un bel ricordo è quello del 1991 in occasione della trasmissione “Serata d’onore”. Alberto Sordi era presente insieme al baritono Renato Bruson e Pippo Baudo era riuscito a convincerli a cantare insieme il duetto tra Sparafucile e Rigoletto. Inizialmente l’attore romano ne fu entusiasta, ma con l’avvicinarsi del momento decisivo subentrò il panico. Lo stesso Baudo ha ricordato più volte di averlo tranquillizzato e la performance si può ammirare ancora oggi grazie ai filmati presenti online. Sordi ha interpretato simpaticamente Sparafucile, non andando sempre a tempo ma dimostrando una voce interessante e ricordando molto bene la parte. Le sue doti di basso si possono apprezzare anche grazie ai film di Stanlio e Ollio.
In molti sanno che tra i doppiatori di Oliver Hardy ci fu proprio Sordi. Ollio amava cantare, anche se la sua era più una voce tenorile che si può ascoltare nelle versioni in lingua originale dei vari cortometraggi e lungometraggi. “Guardo gli asini che volano nel ciel” de “I diavoli volanti” fu impostata per la voce di basso di Sordi, mentre invece Hardy interpreta un’altra canzone in inglese, “Shine on harvest moon”. Non molto tempo fa è uscita anche una raccolta di tutto quello che l’attore realizzò in ambito musicale, un cofanetto interessante e che conferma quanto la musica facesse parte della sua vita. Chissà quale carriera avrebbe avuto se non avesse scelto il cinema, nessuno può saperlo, di sicuro avremmo rimpianto tutti i suoi film e le sue interpretazioni.