Ponchielli e l’incredibile successo tardivo di “Roderico, Re dei Goti”
Nel 1863 il 29enne Amilcare Ponchielli era decisamente sfiduciato dopo essersi reso conto dell’accoglienza riservata dal pubblico ai suoi primi melodrammi. “I Promessi Sposi” e “La Savoiarda” erano state opere accolte entrambe con applausi unanimi, ma limitate a successi locali. La terza fatica del compositore lombardo poteva rappresentare la svolta della sua carriera. Si trattava di “Roderico, re dei Goti”. L’entusiasmo iniziale venne presto spazzato via dai rifiuti di teatri prestigiosi come la Scala, il Regio di Torino e il Carlo Felice di Genova che non rischiarono la prima rappresentazione di un lavoro di un musicista pressochè sconosciuto. Ponchielli si accorse che senza protezioni dell’alto non si poteva giungere allo scopo, di conseguenza l’unica soluzione era quella di affidarsi a un teatro di provincia.
Il debutto di “Roderico, re dei Goti” avvenne quindi a Piacenza, presso il Teatro Municipale. Il 26 dicembre 1863 la musica di questi tre atti e del prologo fu applaudita tiepidamente, soprattutto a causa dell’esecuzione piuttosto scadente. Il libretto era stato ricavato da Francesco Guidi dopo aver approfondito il poema inglese “Roderick” di Robert Southey (datato 1814). La storia è tragica ed è ambientata nella Spagna dell’VIII secolo, un oscuro Medioevo che non riuscì ad affascinare gli spettatori piacentini. Le cronache dell’epoca riferiscono del completo fiasco dell’opera di Ponchielli, nonostante qualche apertura da parte della critica.
In particolare, ci furono lodi importanti nei confronti di diverse pagine dell’opera, ma per 25 anni non se ne sentì più parlare. Ponchielli morì nel 1886 e due anni dopo la gente iniziò incredibilmente ad appassionarsi a questo melodramma dimenticato. La svolta ebbe luogo a Milano, per la precisione nel gennaio del 1888, quando il pubblico del Teatro Carcano si lasciò convincere dall’insolito titolo presentato in cartellone. La proposta non convinse proprio tutti, anche perché si parlava di “Roderico” come di un’opera fin troppo acerba, mentre altri critici erano disposti a darle una seconda occasione.
Nei giornali di quel periodo si legge come la decisione di rispolverare un melodramma realizzato un quarto di secolo prima non avesse senso. Nonostante le “nozze d’argento”, la Ponchielli Renaissance non andò proprio a buon fine. Secondo una parte della critica non vale la pena nemmeno sentirne parlare dopo la prèmiere del 1863. La scelta del Teatro Carcano fu la diretta conseguenza dell’insistenza della vedova del compositore, il soprano Teresa Brambilla, accusata di non aver tutelato nel modo migliore la gloriosa memoria del marito. I numerosi spettatori che affollarono il teatro nel corso delle varie repliche raccontarono però una realtà diversa.
La musica entrò nel cuore dei milanesi a causa della “grande facilità”, non certo un difetto in questo caso. Inoltre, la melodia venne apprezzata per la sua freschezza e spontaneità, due elementi di cui si sentiva il bisogno in quell’ultimo scorcio dell’800. In seguito aumentarono le richieste di riproporre “Roderico, re dei Goti” e altri titoli minori di Ponchielli. Chi lo aveva conosciuto bene in vita era convinto che lo stesso musicista cremonese non avrebbe apprezzato una “riesumazione” del genere, ma la curiosità di gustare note poco eseguite era troppo forte. Tra l’altro, sembra che il fiasco del 1863 non fosse neanche la conseguenza di un’esecuzione scadente, ma ci sarebbe stato lo zampino della proverbiale distrazione dello stesso Ponchielli. Che cosa era successo?
In base a quanto riferito da Alfonso Mandelli e Bruno Sperani, una sera Ponchielli era intento a passeggiare a Milano ed era completamente assorto nei propri pensieri. Una volta giunto presso il bastione di Porta Vittoria inciampò cadendo in un fossato e nel torrente sottostante. Le guardie del dazio si accorsero dell’incredibile incidente, anche se inizialmente pensarono a un contrabbandiere che stava tentando la fuga. L’arresto fu inevitabile e in ospedale un medico svelò l’identità del paziente, il quale se l’era cavata con diverse contusioni. I giornali milanesi raccontarono l’accaduto con qualche fantasia di troppo, parlando di un Ponchielli ubriaco e barcollante.
Un amico del compositore riuscì a far rettificare la notizia, ma a quel punto si parlò del musicista come se fosse in fin di vita e il diretto interessato pensò che i dottori gli volessero nascondere la verità. La salute di Ponchielli non era in pericolo, ma la permanenza in ospedale fu dannosa per l’allestimento del “Roderico”, ribattezzato ironicamente “Re de’ fossi”. L’opera prometteva bene, ma una semplice distrazione sta per compromettere l’esecuzione successiva. A parte la riscoperta sensazionale del 1888, il melodramma non ha avuto altra fortuna ed è rimasto uno dei tanti lavori poco maturi di Ponchielli a cui difficilmente i teatri italiani si sono interessati.