Le responsabilità di Casa Ricordi nella bocciatura de “Le Villi”
Puccini alle stelle! Le Villi entusiasmano. Applausi di tutto, tuttissimo il pubblico dal principio alla fine. Povera Commissione del Concorso del Teatro Illustrato che non ha accordato a Puccini nemmeno la menzione onorevole, l’ha buttato in un canto come uno straccio.
L’articolo critico di Marco Sala è datato 1° giugno 1884, il giorno successivo alla prima rappresentazione de “Le Villi” (al Teatro Dal Verme di Milano), il debutto operistico di Giacomo Puccini, e contiene due informazioni davvero interessanti: prima di tutto l’accoglienza favorevole del pubblico milanese e poi lo strano atteggiamento della commissione che esaminò il lavoro del giovane lucchese.
La genesi di quella che è un’opera-ballo fu piuttosto particolare. Puccini terminò i propri studi al Conservatorio di Milano nel 1883 con un più che apprezzato “Capriccio Sinfonico” come saggio finale. In quello stesso anno iniziò a lavorare proprio alla sua prima opera, con Amilcare Ponchielli che cercò di promuovere il proprio allievo negli ambienti milanesi iscrivendolo al concorso per nuovi lavori indetto da Edoardo Sonzogno attraverso le pagine della rivista musicale “Il Teatro Illustrato”. Il libretto venne invece affidato a Ferdinando Fontana, esponente della cosiddetta “seconda Scapigliatura” e con una discreta esperienza in campo operistico.
Il regolamento era molto chiaro: bisognava comporre, tra le altre, una parte sinfonica, e l’opera di Puccini si intitolò inizialmente “Le Willis”, un atto unico ispirato all’omonimo racconto di Alphonse Karr, a sua volta ricavato dal balletto “Giselle”. Nonostante la sponsorizzazione di un compositore importante come Ponchielli, l’esito del concorso fu negativo per Puccini. Tante biografie hanno parlato di una composizione che non fu presa in considerazione a causa della partitura disordinata e della grafia illegibile, ma fu davvero così? La questione della calligrafia non ha ragione di esistere, visto che molte pagine erano state copiate ordinatamente da un prete di Lucca, noto per la scrittura chiara e precisa.
Il manoscritto era stato consegnato il 31 dicembre del 1883, proprio l’ultimo giorno utile secondo il regolamento. La commissione, composta da Ponchielli come presidente, Amintore Galli, Franco Faccio, Cesare Dominiceti e Pietro Platania, si riunì quattro mesi dopo e proclamò i vincitori. Puccini non fu tra questi e non fu incluso nemmeno tra le cinque opere degne di menzione (in totale furono 28). Il primo premio venne assegnato a “La fata del Nord” di Guglielmo Zuelli e ad “Anna e Gualberto” di Luigi Mapelli (il libretto era sempre di Fontana). Il verdetto non deve ingannare, Ponchielli voleva puntare a tutti i costi sul talento di Puccini, come ben testimoniato dalle decisioni successive.
In effetti, il compositore lombardo non esitò a dare una seconda occasione a “Le Villi”, organizzando insieme a Fontana una rappresentazione nel salotto letterario di Marco Sala a Milano, uno dei luoghi di eccellenza per quel che riguarda lo scenario artistico dell’epoca. Il successo dei mesi seguenti e il grande interesse dell’editore Ricordi nei confronti di Puccini permette di ricostruire in modo diverso la bocciatura iniziale. Da diverso tempo si è iniziato a parlare di una vera e propria manovra editoriale, una sorta di “trappola” organizzata da Ricordi per mettere in difficoltà l’editore concorrente.
Della commissione esaminatrice del concorso facevano parte alcune personalità molto importanti e soprattutto legate alla famiglia Ricordi, in particolare Faccio e lo stesso Ponchielli. Una eventuale vittoria di Puccini avrebbe garantito a Casa Sonzogno l’esclusiva su un possibile astro nascente dell’opera e questo non poteva non dare fastidio alla concorrenza. Proprio per questo motivo sono state immaginate e ipotizzate alcune manovre di ostacolo nei confronti del musicista toscano, mentre le motivazioni della pessima calligrafia e del ritardo della consegna non sarebbero stati che dei semplici pretesti per assegnare il premio ad altri compositori.
Una ricostruzione storica del genere è sicuramente affascinante e romanzesca, ma un fondo di verità deve pur esserci, dato che in quel periodo l’opera lirica era un business redditizio e le mosse prive di scrupoli non mancavano. Le uniche certezze sono quelle che la storia ha raccontato. Dopo “Le Villi” Giacomo Puccini riuscì a ottenere successi e trionfi, mentre dei due vincitori si persero le tracce: il caso di Zuelli è curioso, visto che “La fata del Nord” fu il suo unico lavoro di questo tipo, mentre una sua opera successiva (“Il profeta di Korasan”) rimase inedita. Il trionfo di Mapelli fu ugualmente un fuoco di paglia, tanto che il compositore di Bellinzago preferì concentrare le sue attenzioni sulla didattica.