Verga, Mascagni e “Cavalleria Rusticana”
Il 17 maggio del 1890 il Teatro Costanzi di Roma registra il grandissimo successo di Cavalleria Rusticana, opera in un unico atto, nonché debutto assoluto del compositore livornese Pietro Mascagni: si trattava del lavoro che era riuscito a vincere un concorso dedicato ai giovani compositori e organizzato dall’editore milanese Edoardo Sonzogno due anni prima. Mascagni entra nella storia, il consenso di pubblico e critica è pressoché unanime, ma esistono anche le eccezioni che confermano la regola. E questa eccezione è rappresentata da chi aveva ispirato lo stesso musicista toscano, vale a dire lo scrittore Giovanni Verga. La novella omonima del drammaturgo catanese era stata trasposta in musica, ma fu proprio questa scelta a far nascere una vicenda giudiziaria non molto edificante tra lo stesso Verga e Mascagni in merito ai diritti d’autore. Che cosa è successo esattamente e di chi sono le responsabilità di quanto accaduto?
Una parte della polemica si deve a Mascagni stesso, visto che peccò di leggerezza e sufficienza, dando per scontata l’autorizzazione di uno scrittore tanto famoso. Al contrario, Verga aveva il sangue caldo tipico dei siciliani e decise di intentare causa al giovane ventisettenne per plagio, una scelta agevolata da una sorta di gelosia per aver visto sfruttata una sua “creatura”, ma anche per il successo che aveva ottenuto quest’opera, nel timore di vedere dimenticata la propria versione letteraria. Tra l’altro, Verga nutriva anche qualche dubbio in merito alle virtù musicali e melodrammatiche di Cavalleria Rusticana. Eppure, lo stesso atteggiamento non c’era stato appena un mese prima con Stanislao Gastaldon, compositore autorizzato a sfruttare la novella per il suo dramma lirico Mala Pasqua! C’era forse dell’antipatia tra Mascagni e Verga?
Il livornese minimizzò sempre questa vicenda, preferendo ricordare quanta stima avesse dello scrittore: Io e Verga siamo sempre stati buoni amici, è questa la frase che amava ripetere, peccato che tale amicizia fosse sbilanciata. Una buona fetta di responsabilità per la polemica ce l’ha ovviamente Verga, reo di non essersi interessato più di tanto a Cavalleria Rusticana nei momenti della gestazione e di essere uscito allo scoperto soltanto dopo il grandioso debutto romano. In tale maniera, Verga dimostrò quali fossero veramente le sue intenzioni, piuttosto venali, vale a dire ottenere un risarcimento in denaro. D’altronde, lo scrittore si lascerà in seguito coinvolgere in un progetto cinematografico che aveva a che fare con le sue opere, ancora una volta attratto dai lauti compensi.
Verga era indignato per le troppe somiglianze tra la novella e l’opera, soprattutto per quel che concerne i personaggi. Le differenze si riscontrano in quello che essi riescono a trasmettere, con il calore siciliano che domina lo scritto e i sentimenti che fanno lo stesso nella musica. In Mascagni, comunque, trovano molto più spazio alcune figure, tra cui quella di Lola, nonostante Turiddu sia più innamorato della sua virilità che di lei. La questione giudiziaria durò ben tre anni e non si concluse nemmeno dopo la sentenza. Le esose richieste dello scrittore ebbero come risposta le mille lire una tantum offerte dall’editore Sonzogno (circa 3.500 euro attuali se si volesse fare un raffronto), un compenso che Verga rifiutò seccamente e in maniera sdegnata.
Nel marzo del 1891 il Tribunale di Milano si pronunciò in favore di Verga, riconoscendogli il 50% degli utili netti ricavati e da ricavarsi, una pronuncia confermata anche nel 1892. Lo stesso Sonzogno cominciò a offrire cifre sempre più alte, fino ad arrivare alle 143mila lire definitive del 1893, un compenso davvero importante per l’epoca. Lo scrittore accettò, nonostante abbia affermato anche in vecchiaia di aver concluso il tutto dopo essere stato convinto con dolo. Il proseguo di questa storia fu rappresentato da un’altra composizione che accentuò ulteriormente il nervosismo.
Nel 1902, infatti, Verga accordò a un compositore di Genova, Domenico Monleone, la messa in musica di un’altra Cavalleria, quasi un dispetto a Mascagni e Sonzogno: questi ultimi infatti si rivolsero nuovamente al Tribunale di Milano, ritenendo Verga coautore della precedente Cavalleria Rusticana e, in quanto tale, impossibilitato a fornire una autorizzazione di quel tipo. Monleone fu dunque costretto a modificare il titolo in La giostra dei falchi, Verga si risentì moltissimo e pretese i diritti d’autore che a suo dire che non erano stati ricevuti. Insomma, una storia infinita fatta di parole, note, ricorsi e risarcimenti, ma che nulla toglie alla bellezza di entrambi i lavori.