Spettacoli 2021

La traviata

Specchio, servo delle mie brame, chi è la più… rappresentata del reame? Non serve scomodare la favola di Biancaneve per capire che “La Traviata” di Giuseppe Verdi è una delle opere più frequenti nei teatri di tutto il mondo, però nel caso dell’edizione 2021 del Macerata Opera Festival, non è casuale scomodare il vetro riflettente. Il festival marchigiano ha celebrato quest’anno il proprio centenario e per l’occasione è stata “rispolverata” una celebre produzione che continua ad essere molto popolare, quella della cosiddetta “Traviata degli specchi”. A distanza di quasi tre decenni dal debutto di questa versione del capolavoro verdiano proprio in questa città (correva l’anno 1992), il palcoscenico maceratese è tornato ad incantare il pubblico. Questa recensione si riferisce alla recita di sabato 31 luglio 2021.

L’idea è semplice, ma efficace: grazie ad una serie di specchi che ne formano uno ancora più grande, si riflettono i disegni di alcuni tappeti che si trasformano nelle scene dell’opera, lasciando liberi i protagonisti di muoversi in un palcoscenico in continuo mutamento. Il finale, poi, è stato ancora più coinvolgente con lo specchio gigante che è stato sollevato per riflettere il pubblico che stava assistendo alla morte di Violetta. Pur mantenendo intatta questa impostazione, il regista Henning Brockhaus ha apportato qualche piccolo cambiamento, senza però stravolgere l’intuizione originale di 29 anni fa.

Ad arricchire la scenografia di Josef Svoboda ci hanno pensato le coreografie di Valentina Escobar ed i bei costumi di Giancarlo Colis che hanno permesso di fruire di una “Traviata” all’insegna della tradizione, senza eccessi in un senso o nell’altro. Delle luci si sono invece occupati lo stesso Brockhaus insieme a Fabrizio Gobbi. La serata è trascorsa quindi piacevolmente in un contesto ancora a ranghi ridotti per via delle limitazioni del covid-19, ma che rappresenta sempre un buon punto di ripartenza per l’intero settore. Ben amalgamato e convincente il cast vocale che ha avuto la sua migliore rappresentante in Claudia Pavone.

Il soprano si è confermato una delle eccellenze attuali del panorama lirico italiano. Il suo canto è risuonato nelle orecchie degli spettatori maceratesi in maniera corretta e fluida, all’insegna di una tenuta molto buona. Le insidie del primo finale, poi, sono state affrontate e gestite con grande coraggio, senza tralasciare l’ottima immedesimazione dal punto di vista drammatico, con una costante ricerca di inflessioni nuove per la sua Violetta. Sergio Vitale si è ugualmente ben disimpegnato nel ruolo di Giorgio Germont: la sua performance, rispettosa ed “in punta di piedi”, è stata impreziosita da sfumature e morbidezze davvero interessanti, con il baritono casertano che ha emozionato con l’interpretazione profonda di Di Provenza il mar, il suol.

Marco Ciaponi ha cercato con cura sfumature che hanno fatto pensare ai tenori d’altri tempi: non ha mostrato alcuna emozione nell’affrontare le prime arie, diventando sempre più convincente a partire da Oh mio rimorso! nel secondo atto, cabaletta da gestire sempre con grande attenzione. I suoi accenti non sono apparsi forzati, mentre il timbro è stato promettente nel complesso. I ruoli dei comprimari non devono essere messi in secondo piano. Di pregevole fattura il Marchese D’Obigny di Stefano Marchisio e molto a suo agio Estìbaliz Martyn nei panni di Annina, ruolo che spesso viene colpevolmente sottovalutato. 

Valeria Tornatore è stata una Flora disinvolta, spigliata e precisa, oltre a Marco Puggioni, un Gastone dalla voce gradevolmente fresca. Molto credibile ed intenso, poi, il Dottor Grenvil del giovane Francesco Leone, senza dimenticare il bravo Francesco Auriemma nei panni del Barone Douphol. Paolo Bortolameolli ha garantito una direzione d’orchestra per così dire di routine. Questo non vuol dire che abbia penalizzato o depresso il linguaggio musicale, anzi è stato attento ai vari abbandoni lirici e a quelli più patetici, dosati con attenzione per non far prevalere troppo gli uni sugli altri. Il fraseggio verdiano ha avuto il suo giusto smalto e non sono state eccessive le pulsioni ritmiche “nervose”, soprattutto durante la presenza in scena delle zingarelle e dei matador, ben accompagnati dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana.

Un cenno lo merita anche il coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” diretto da Martino Faggiani. Di sicuro nella Traviata il coro non ha un ruolo ben definito come nelle altre due opere della trilogia popolare di Verdi. Ne “Il Trovatore” e “Rigoletto” i coristi formano quasi un personaggio a parte, fondamentale per sottolineare i punti salienti delle trame. Nel caso di Violetta e Alfredo ha comunque la sua importanza per le chiusure d’atto e i momenti di festa che sono vissuti spesso con grande coinvolgimento dal pubblico. In estrema conclusione, uno spettacolo di grande resa, vocale e visiva, per concludere più che degnamente il mese di luglio.

Macerata Opera Festival 2021
LA TRAVIATA
Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave,
dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio
Musica di Giuseppe Verdi

Violetta Valéry Claudia Pavone
Flora Bervoix Valeria Tornatore
Annina Estìbaliz Martyn
Alfredo Germont Marco Ciaponi
Giorgio Germont Sergio Vitale
Gastone Marco Puggioni
Barone Douphol Francesco Auriemma
Marchese d’Obigny Stefano Marchisio
Dottor Grenvil Francesco Leone

Orchestra Filarmonica Marchigiana
Complesso di palcoscenico “Banda Salvadei”
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”
Direttore Paolo Bortolameolli
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda
Costumi Giancarlo Colis
Luci Henning Brockhaus e Fabrizio Gobbi
Coreografie Valentina Escobar
Allestimento dell’Associazione Arena Sferisterio vincitore del Premio Abbiati 1993

Foto: Tabocchini-Zanconi