Tosca
“Serata di gala a Palazzo Farnese” parafrasando il Sagrestano eccitato dalla notizia poi rivelatasi infondata della sconfitta di Bonaparte durante la Cantoria dell’immortale capolavoro pucciniano che risponde al nome di Tosca; potremmo intitolare così la serata magnifica che a Piacenza ha avuto come protagonista il Palazzo Farnese emiliano, gemello dell’imponente altro edificio storico romano. Serata concepita e ideata, come l’interessantissima stagione che seguirà, da Cristina Ferrari, eccellente donna di teatro e cultura, Direttrice e Direttrice artistica del Teatro Municipale cittadino. Giustamente insignita alcuni giorni fa del premio Luigi Illica in un’altra suggestiva location piacentina, il borgo medievale di Castell’Arquato.
Il luogo storico si fa anima del sanguigno e vibrante dramma pucciniano, trasformandosi in scena, sfondo e avvolgendo grazie alle proiezioni di visual art di Imaginarium Creative Studium, belle, coerenti e d’impatto forte, i protagonisti in scena, privati della presenza di coro e comparse (purtroppo le regole Covid limitano fortemente il nostro settore dello spettacolo).
In questo modo vengono ben definiti e cesellati i caratteri scenici e vocali di ogni personaggio a cominciare dalla protagonista cui da voce ed anima Chiara Isotton. E che voce! Brunita ed esemplare nel registro medio-grave, siderale e sicura negli acuti (memorabile il Do di “Io quella lama”), musicalissima. Manca solo un po’ di grinta nelle scene di furore e impulsività del ruolo e più personalità nelle frasi declamate quali “E avanti a lui tremava tutta Roma” perché il giovane soprano veneto diventi la Tosca di riferimento.
Il suo amore, il bel Mario è Francesco Meli. Qui c’è una grande personalità musicale e artistica in scena, che conquista e incanta, come dovrebbe sempre essere per ogni artista in scena, già dal suo entrare e da quel gagliardo e romanesco “Che fai?” rivolto al Sacrista. Dotato di voce di indubbia bellezza, che accarezza le orecchie di chi ascolta, l’artista genovese tratteggia un Cavaradossi di grande rilievo, con le sue debolezze, i suoi slanci temperamentosi, donando al pubblico due frecce fiammanti, lanciate con sicurezza quasi proterva nei momenti eponimi della parte “La vita mi costasse” e “Vittoria”, un fraseggio da grande interprete, sublimato nel “O dolci mani” e donando un umanissimo “E lucevan le stelle”, con un estenuato e vinto senso di sconfitta verso la vita che fugge e mai più ritorna. Qualche lievissima smagliatura in alcuni acuti estremi, non compromette per niente un’ottima prova.
Come il suo avversario politico, il cattivo per antonomasia dell’opera italiana, il Barone Scarpia è eseguito con altissima arte sia musicale che scenica dal baritono Luca Salsi che riesce nell’ardua impresa di affascinare gli spettatori e di fare venire brividi altissimi nel “Te Deum”, cantato da solo nel palcoscenico privo di coro, che è seduto in parte, e comparse. Non è sicuramente da tutti infondere queste sensazioni nel pubblico in una scena vuota! Ma tutto il ruolo viene svolto con voce che ben adatta, insinuante, imperiosa, dall’ottima pasta che ben conosciamo e dalla musicalità esemplare. Di questo artista non mi stancherò mai di lodare il grande studio su ogni parola e frase musicale. Una per tutti la quasi sibilata alle orecchie di Floria “È arnese di pittore questo” che lo rende quasi un serpente insinuante e tentatore. Esemplare davvero.
Voce importante, ma non sempre sostenuta da fiato e buone intenzioni, quella del basso Mattia Denti come Angelotti. Il Sagrestano di Valentino Salvini è simpatico scenicamente e ben caratterizzato, sostenuto da una grande esperienza e musicalità.
Veramente due belle voci che meritano ruoli più primari sono quelle di Andrea Galli, un vibrante Spoletta, e uno Sciarrone di lusso, il baritono Francesco Cascione. Buono il Carceriere di Simone Tansini, mentre è inascoltabile il Pastorello di Elettra Secondi, forse per la distanza o l’emozione.
La parte musicale è ben condotta e guidata dal direttore Sesto Quatrini, dal gesto sicuro. Degno di nota il trovare nuove, squisite nuance nella già titanica tavolozza di colori e fraseggi dell’opera pucciniana che hanno donato momenti preziosi a chi ascolta. Ben seguito da un’Orchestra Filarmonica Italiana in stato di grazia, fiammante e dal suono unico e corposo.
Ottima sotto tutti i punti di vista la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza sotto la guida del Maestro Corrado Casati. Voci belle e ben coese in ogni sezione. Come buona la prova delle Voci bianche del Coro Farnesiano di Piacenza con maestro Mario Pigazzini.
Di squisita fattura, assai pertinenti e di grande personalità i costumi di Artemio Cabassi e le luci di Michele Cremona donano ulteriore bellezza a tutta l’opera.
La regia di Giorgia Guerra si affida molto alla grande esperienza e valentia scenica dei cantanti, mi sarebbe piaciuto più rilievo e personalità e qualche comparsa in scena.
Il pubblico numeroso, affascinato e caloroso ha decretato ilo successo di una serata veramente bella ed interessante.
GIACOMO PUCCINI
Tosca
Melodramma in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Cortile di Palazzo Farnese, Piacenza
Floria Tosca Chiara Isotton
Mario Cavaradossi Francesco Meli
Barone Scarpia Luca Salsi
Cesare Angelotti Mattia Denti
Il Sagrestano Valentino Salvini
Spoletta Andrea Galli
Sciarrone Francesco Cascione
Un carceriere Simone Tansini
Un pastorello Elettra Secondi
Direttore Sesto Quatrini
messa in scena Giorgia Guerra
costumi Artemio Cabassi
luci Michele Cremona
visual art Imaginarium Creative Studio
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
maestro del Coro Corrado Casati
VOCI BIANCHE DEL CORO FARNESIANO DI PIACENZA
maestro del Coro Mario Pigazzini
Produzione Teatro Municipale di Piacenza
Foto Cravedi e Del Papa