La rivalità tra Bonci e Caruso: verità e falsi miti
Il mondo dell’opera lirica somiglia, per certi aspetti, a quello sportivo: i sostenitori di un cantante tendono a contrapporre la loro voce prediletta con quella di un altro, creando delle rivalità forti e accese. Il caso più eclatante è forse quello di Renata Tebaldi e Maria Callas, ma esiste anche un altro confronto di cui si parla di meno, quello tra Enrico Caruso e Alessandro Bonci. Furono davvero rivali come si legge in tante illustri biografie? L’occasione per sciogliere i dubbi è ghiotta come non mai. Il 10 febbraio del 1870, esattamente 151 anni fa, nasceva a Cesena colui che sarebbe diventato il grande competitore del cantante napoletano.
Bonci aveva tre anni più di Caruso e si era formato al Conservatorio “Gioachino Rossini” di Pesaro. Di lui si racconta soprattutto che amava allietare la pelletteria paterna in cui lavorava con le arie d’opera maggiormente in voga negli anni della sua giovinezza: oltre ai teatri italiani, riuscì a conquistare anche quelli stranieri, diventando uno dei cantanti lirici più celebri del suo periodo. Una lettera di Giuseppe Verdi del 1898 testimonia la grande considerazione di cui godeva:
È uno scherzo od è follia… l’aggiunta della risata rispettando il tempo e gli spazi è una vostra unica privativa e specialità che vi riconosce e che mi conferma la vostra perizia e lo studio che voi ponete in ogni esecuzione. Grazie, o mio spensierato Prence!
Mitologia o meno, l’ingaggio ottenuto a New York fu l’episodio che cominciò a dividere il pubblico in Boncisti e Carusiani. Un articolo del New York Times datato 22 luglio 1906 dimostra bene questa situazione fin dal titolo: “Bonci, rival of Caruso, interviewed in his Italian home” (Bonci, il rivale di Caruso, intervistato nella sua casa italiana). Leggendo l’intervista, non si legge nessun riferimento al presunto rivale e persino chi fa le domande sottolinea come sia impossibile un confronto tra le due voci, entrambe apprezzabili.
Dunque si potrebbe pensare a una rivalità creata ad arte da qualche altra firma giornalistica, piuttosto che dai diretti interessati o dalla stampa specialistica. Il critico musicale inglese Harold Rosenthal parlò addirittura di un Bonci sfortunato per essere arrivato a Londra prima di Caruso e senza il tempo e la possibilità di consolidare la propria posizione rispetto a quella del “magnetico rivale”. Il tenore cesenate fu un apprezzato Duca di Mantova nella capitale inglese nel corso di ben quattro stagioni fra il 1900 e il 1908 (il debutto di Caruso al Covent Garden, sempre in “Rigoletto”, è invece datato 1902).
I tre anni di età in più di Bonci sembrano aver “pesato” anche nel confronto a Roma. Come avvenuto a Londra, infatti, il cantante romagnolo riuscì a precedere Caruso di un anno e mezzo, esibendosi per la prima volta in assoluto nel marzo del 1901 e incontrando il favore incondizionato del pubblico. La critica era unanime nel riconoscere a Bonci l’emissione della voce, la fusione dei registri e lo studio attento e minuzioso di carezze, mezze tinte e sfumature quasi impercettibili. La rivalità, se mai è esistita, fu comunque soprattutto americana, tanto è vero che Caruso rimase a lungo la principale attrazione della Metropolitan Opera, compagnia per cui lo stesso Bonci firmò nel 1908.
Sono stati entrambi classificati come “tenori di grazia”: per Bonci questa definizione calza a pennello (in molti lo definirono un “re incontrastato”), mentre per Caruso vale fino a un certo punto, visto che con il tempo la sua voce si è progressivamente scurita e arricchita di armonici, risultando tra le altre cose più corposa. Si possono riconoscere pregi e difetti nei due cantanti, ma, tornando a parlare in termini sportivi, la loro rivalità somiglia tanto a quella che negli ultimi anni contrappone a livello calcistico Lionel Messi e Cristiano Ronaldo (paragone forse sciocco ma utile).
Esistono sostenitori dell’uno e dell’altro, ma nessuno mette in dubbio le qualità di entrambi. Lo stesso avvenne con Bonci e con Caruso: non si può parlare di un cantante migliore dell’altro, sarebbe più opportuno mettere in risalto le doti che hanno in comune e quelle che li differenziano. Tra l’altro, sia Bonci che Caruso intuirono in maniera formidabile le potenzialità commerciali delle incisioni discografiche, una peculiarità che ancora oggi (tenendo conto dei limiti e delle pecche della “tecnologia” dell’epoca) ci permette di apprezzarne le voci e di valutare le loro principali caratteristiche.