Luigi e Federico Ricci, i fratelli dell’opera lirica
L’Ottocento operistico ha visto brillare a intermittenza la creatività di due fratelli napoletani, Luigi e Federico Ricci: i loro nomi sono ben incastonati nel firmamento della lirica soprattutto per un lavoro, l’opera buffa Crispino e la comare, una collaborazione davvero ben riuscita e che si avvalse anche di uno dei migliori librettisti di quel momento, Francesco Maria Piave (l’autore di molti libretti verdiani, tra cui La Traviata, Rigoletto e La forza del destino). Ma le loro vite e le loro esperienze meritano di essere approfondite e fatte conoscere. Il maggiore dei due era Luigi, nato nel 1805, quattro anni prima di Federico. Le loro quattro mani, inoltre, riuscirono a creare ben quattro opere.
Luigi Ricci si formò nella sua città natale e compose il primo lavoro al conservatorio all’età di diciotto anni. Per il trionfo vero e proprio, però, dovevano passare ancora otto anni, quando al Teatro alla Scala di Milano rappresentò Chiara di Rosembergh, mentre nel 1834 fu il turno di Un’avventura di Scaramuccia, titoli che gli diedero la giusta notorietà, non solo in Italia, ma anche in tutta Europa. Il 1835 fu invece l’anno in cui il loro cognome fu accomunato da un’opera, Il Colonnello, conosciuta anche come La donna colonnello. Anche Federico Ricci apprese i rudimenti della musica e della composizione nella città partenopea: il primo trionfo operistico fu La prigione di Edimburgo, il che ci fa subito capire che la sua predilezione andava soprattutto ai soggetti più seri, visto che anche un lavoro successivo, Corrado d’Altamura, riscosse le stesse lodi.
Le altre due collaborazioni che ancora non sono state menzionate sono quelle de La luna di miele (rivista dopo la morte di Luigi nel 1876) e Il disertore per amore (1836). Crispino e la comare rimane però inarrivabile. In effetti, non è un caso che quando venne rappresentata al Teatro San Benedetto di Venezia per la prima volta, il 28 febbraio del 1850, fu immediatamente considerata una delle opere comiche italiane di maggior livello. Non si è forse ai livelli di un Donizetti nell’Elisir d’amore, ma la sensibilità dei fratelli era davvero alta. In questo lavoro si fondono perfettamente le tecniche migliori della commedia e lo stile della canzone napoletana, molto popolare in quel periodo storico; inoltre, fu anche dato ampio spazio al ruolo del basso buffo, uno dei più godibili in assoluto.
Il libretto di Piave, poi, è spiritoso e fantasioso come non se ne trovano molti. L’ambientazione è quella della Venezia del ‘600: Crispino e la sua amata moglie Annetta vivono in povertà e Don Asdrubale mette gli occhi sulla ragazza. Un altro amore che non sboccia è quello tra Lisetta e il contino del Fiore. Lo stesso Crispino decide poi di buttarsi in un pozzo, ma la visione misteriosa di una buona comare gli fa intraprendere la carriera di dottore per diventare ricco. L’apparizione della comare di fronte ai malati significa la morte di questi ultimi, l’aiuto promesso in questo lavoro non certo semplice. Crispino riuscirà ad azzeccare molte guarigioni, tra cui quella di Lisetta e anche la morte di Don Asdrubale. La fama svanirà presto a causa del troppo orgoglio del protagonista, il quale si dimostrerà anche poco rispettoso nei confronti della moglie, salvo riappacificarsi nel finale.
L’ingenuità di alcuni personaggi e i ritmi danzanti e affascinanti sono rimasti intatti nel tempo, tanto che ancora oggi si è soliti cantare alcune arie, in primis Io non so più l’Annetta. La vita di Luigi fu davvero avventurosa. Ben due sorelle del celebre soprano Teresa Stolz (una delle cantanti preferite da Giuseppe Verdi), Francesca e Ludmila, ebbero una relazione con il compositore napoletano, il quale scrisse per loro La solitaria delle Asturie (1845). Si trattò di una liaison molto chiacchierata, soprattutto per il fatto che coinvolgeva tre persone, ma anche perché le due gemelle avevano diciassette anni e Luigi Ricci quaranta. Il 1849 fu l’anno del matrimonio con Lidia, nonostante la vita a tre continuasse: nacquero anche due bambini, Adelaide (da parte della stessa Lidia) e Luigi (da parte di Francesca). Questa eccessiva libertà sessuale lo portò in poco tempo alla pazzia e alla morte a Praga nel 1859, all’età di cinquantaquattro anni. Federico si spense invece a Conegliano sul finire del 1877.