La serva padrona
Terzo titolo nel nutrito cartellone estivo del Teatro Regio di Torino è La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi, intermezzo composto nel 1733 per l’opera seria Il prigionier superbo di cui ha enormemente surclassato la fama. La serva padrona è seguita subito dopo nel cartellone da Pimpinone ovvero le nozze infelici, rielaborazione di Georg Philipp Telemann e Johann Philipp Praetorius del 1725 del Pimpinone di Tomaso Albinoni e Pietro Pariati del 1708 garantendo così al pubblico torinese una seconda metà di luglio all’insegna della frizzante commedia settecentesca. La prima recita di La serva padrona, ospitata come tutto il festival dalla splendida cornice del Palazzo dell’Arsenale, nel pieno centro di Torino, registra un buon afflusso di pubblico e un caloroso successo, non da sottovalutare in periodo di vacanze e per un titolo non tra i più solleticanti per i non appassionati, ma l’affetto del pubblico per il Teatro Regio fortunatamente si fa sentire.
L’allestimento si avvale della regia di Mariano Bauduin, puntuale e maliziosa al punto giusto, con movimenti precisi come un orologio svizzero che risultano sempre fluidi e naturali grazie anche agli sforzi dei tre protagonisti in scena. Una vera gioia per gli occhi il grazioso e raffinato gioco metateatrale delle scenografie di Claudia Boasso le quale pongono di fronte ad un fondale dipinto la riproduzione intagliata e in prospettiva della silhouette di un teatro all’italiana completo di palchi e sipario, a sua volta dipinto, attorno alla quale si muove uno scelto e coordinato gruppo di maestranze che a luci spente, diventando a loro volta silhouette, fungono da comparse durante le (poche) necessità di variazioni sceniche assieme naturalmente ai tre protagonisti che è possibile osservare mentre escono dalla quinta simulata prima che arrivino effettivamente dietro le quinte o mentre si apprestano a tornare in scena. Deliziosi i costumi di Laura Viglione che sembrano usciti da pitture d’epoca.
Sul fronte musicale: alla guida dell’orchestra troviamo Giulio Laguzzi il quale conduce con la delicatezza, il garbo e l’ironia che si confà al soggetto la sempre ottima Orchestra del Teatro Regio. Il trio di protagonisti non delude le aspettative. Torna a Torino Marco Filippo Romano, dopo i recenti successi con Così fan tutte e L’Elisir d’amore, qui nel ruolo del brontolone Uberto. Si torna anche ad apprezzare la sua capacità di coniugare la pulizia dell’emissione e la precisione nell’intonazione con le chiare intenzioni interpretative accompagnate dalle innegabili doti recitative che già ben conosciamo. Francesca di Sauro, apprezzata anch’essa nel recente Così fan tutte e qui nel ruolo di Serpina, ha verve e brio da vendere, indubbie qualità interpretative e un colore della voce caldo e avvolgente che conquista, insomma cosa chiedere di meglio? Chiude il terzetto Pietro Pignatelli che ricopre molto efficacemente il ruolo (quasi) muto di Vespone. È a lui che in un brevissimo intermezzo tra le due parti dell’Intermezzo viene affidata l’esecuzione di un arrangiamento dell’aria di Vannella “Chi disse, ca la femmena” da Lo frate ‘nnamorato, opera buffa del 1732 dello stesso Pergolesi. Considerata l’ottima riuscita di questa rappresentazione si attende ora con ancora più energia il prossimo Pimpinone che vedrà nuovamente in scena questo trio ben amalgamato e si spera che il successo del Regio Opera Festival prosegua se non aumenti.
La serva padrona
Intermezzo buffo in due parti
Libretto di Gennarantonio Federico
Musica di Giovanni Battista Pergolesi
Personaggi e Interpreti
Uberto Marco Filippo Romano
Serpina Francesca Di Sauro
Vespone Pietro Pignatelli
Maestro al cembalo Carlo Caputo
Direttore d’orchestra Giulio Laguzzi
Regia Mariano Bauduin
Scene a cura di Claudia Boasso
Costumi Laura Viglione
Luci Andrea Anfossi
Direttore dell’allestimento Claudia Boasso
Orchestra Teatro Regio Torino
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino