Didone abbandonata – Dido and Æeneas
Uno spettacolo ricco di magia e suggestione quello offerto dalla Fondazione Arena di Verona al grande pubblico in streaming il 28 marzo, ed a pochissimi addetti ai lavori in presenza il giovedi 25 marzo in un fastoso Teatro Filarmonico vuoto come tutti i nostri teatri in questo periodo di pandemia che sembra interminabile.
In scena la cantata per soprano, archi e continuo “Giusti Numi che il ciel reggete”, detta “Didone abbandonata” di Niccolò Jommelli e la celeberrima opera barocca Dido and Æneas di Henry Purcell.
Nella cantata qui proposta spicca la grande abilità melodica di Jommelli e la sua capacità di rendere profondamente idiomatica la scrittura orchestrale. Molto evidente a riguardo la figurazione ricorrente nell’ultima aria, in cui l’orchestra evoca in modo pittorico e vivido il crollo di Cartagine.
Nelle arie – come nell’arioso inserito nel recitativo centrale – la voce è quella di Didone, in prima persona, mentre nel recitativo parla una voce narrante. Ecco, quindi, che la cantata assume i toni di un prologo alla narrazione dell’opera di Purcell, guidando l’ascoltatore all’azione. Didone sceglie di morire insieme alla sua Cartagine, divorata da un incendio catartico, rifiutando la proposta di un Re per restare fedele a Enea.
Il brano di Jommelli avviene a sipario quasi del tutto chiuso, solo uno spiraglio da cui si staglia la figura triste e solitaria della regina cartaginese abbandonata, avvolta da nuvole di fumo e delimitata da una luce tagliente e ben definita.
Il soprano Maria Grazia Schiavo è dotata di sapiente musicalità che infonde alla morbida e luminosa voce un valore notevole. Agilità sgranate, acuti ben calibrati ed aderenza totale allo stile dell’epoca. Aggiungiamo una dizione buona e varietà di accenti per questo momento importante e pregnante.
Dopo un breve intervallo inizia l’opera capolavoro di Purcell. E qui devo ammettere che si viene immersi in una magia fascinosa in maniera sottile e per questo molto coinvolgente. Uno dei pochi casi in cui l’idea registica rende ancora piu splendente e seducente la già straordinaria composizione del musicista londinese. Ogni angolo del teatro veronese viene sfruttato e reso importante: non solo palcoscenico, ma palchi, platea, foyer. Fautore di questo magnifico risultato il regista Stefano Monti, che firma anche scene e costumi, coadiuvato per le luci da Paolo Mazzon. Come indicato dal regista: «il gioco teatrale si fa portatore di significato». L’inizio dell’opera, con le parole del Coro, anticipa il sogno di un’Europa unita nel segno della fratellanza tra le nazioni. Dominante tra tutti il tema femminile, in cui si delinea un personaggio completamente differente rispetto alla Didone di Jommelli: qui è una donna sola e tormentata, attorniata dai cortigiani, che trova conforto solo in Belinda. Non vi è alcuna morte eroica, ma solo un profondo senso di solitudine.
E questa dimensione sfaccettata del personaggio femminile affascina molto il Direttore d’orchestra Giulio Prandi, che si interroga: «Dietro quante eroine leggendarie si nasconde una vittima? Una donna sola? Quanto costa alle donne essere regine? O anche solo essere donne, ieri come oggi? Quanto è pericolosa la solitudine, questa condizione che oggi ci si presenta davanti carica di nuove ambiguità?». E ancor più, in questo tempo difficile, la musica diviene ancora una volta portatrice di un forte messaggio: «Il tempo che viviamo ci impone di riflettere, di dare il massimo significato a ciò che abbiamo il privilegio di fare. L’arte è chiamata a un compito alto, mai come oggi».
Josè Maria Lo Monaco è una Dido elegante e raffinata, umanissima nel suoi accenti dolorosi e dalla bella voce brunita. Aderenza perfetta allo stile barocco e nel celeberrimo Lamento finale unisce nobiltà di fraseggio a capacità d’incantare chi ascolta.
L’eroe troiano è interpretato da Renato Dolcini, voce da baritono esperto in repertorio barocco che affronta il personaggio con maschia sicurezza sia vocale che scenica, delineando un Aeneas freddo e determinato.
La sorella della infelice regina, Belinda, ha la voce di Maria Grazia Schiavo che conferma la sua eccellenza già ascoltata ed ammirata nella cantata precedente.
Meno incisiva la prova della Second Woman Eleonora Bellocci, anche un po’ impacciata nelle vesti elaborate pensate dal regista. Tuttavia la voce è bella e curata.
Avvolta in un costume spettacolare, molto brava scenicamente e nelle movenze da maliarda la strega di Lucia Cirillo, che però non ha una voce adeguata al ruolo e non supporta con vocalità adeguata la brillantezza e l’importanza richiesta al suo personaggio.
Corretti e adeguati ai ruoli a loro assegnati il First Witch / Spirit Federico Fiorio Second Witch Marta Redaelli.
Indimenticabile il marinaio di Raffaele Giordani nel suo breve intervento, ma molto simpatico e capace di salti ed equilibrismi da mimo. L’artista rende personalità viva ad un piccolo ruolo.
Il Coro della Fondazione Arena di Verona,diretto dal Maestro Vito Lombardi qui disposto nei palchi, prende parte viva all’azione, cambiandosi spesso di costume e con attrezzeria scenica adatta alllo svolgimento dell’azione. Funambolici nella tavolozza di colori, un unico suono, senza sforature e con proprietà d’accenti, davvero molto bravi.
Come è eccellente nella scelta di fraseggi e tavolozza di colori musicali la direzione del Maestro Giulio Prandi, che guida con sapiente e ferma mano da esperto studioso della musica barocca qual è i cantanti, il coro, e l’Orchestra della fondazione Arena di Verona, qui in ranghi ridotti, ma molto importante nel suo apporto musicale e compatto.
Gioiello offerto al grande pubblico online sulla webTV di Fondazione Arena arena.it/tv e sul canale YouTube a partire da domenica 28 marzo alle 15, mentre sarà su Facebook sabato 3 aprile alle 15. E grazie alla volontà di aprire a tutti le porte del Teatro, lo spettacolo sarà trasmesso su Telenuovo (al canale 11) venerdì 9 e sabato 10 aprile, sempre alle ore 15.
Ma spero vivamente che venga riproposto dal vivo quando si potrà di nuovo affollare i teatri, perché merita davvero.
[Cristina Miriam Chiaffoni]
Affascinante e singolare proposta della Fondazione Arena di Verona per la Stagione 2021 del Teatro Filarmonico.
Nel dibattito letterario musicale riguardo l’innovamento dell’ormai stanca opera seria barocca, la figura di Nicolò Jommelli rimane quella di un musicista pratico, convenzionale, più che animato da ideali di riforma; Jommelli, nonostante l’esperienza maturata nei grandi ambienti culturali come Vienna, non si distaccò mai dalla forma metastasiana, anche se cercò di modificare la retorica degli effetti barocchi a favore di una passione più fatale e di una più generale aulica grandezza; in questo frangente il recitativo secco, ormai scaduto a noiosa routine, viene spesso sostituito con quello accompagnato dove, in poche battute, vengono sbalzate a tutto tondo le caratteristiche psicologiche del personaggio, recitativo sorretto da registri e timbri strumentali accuratamente selezionati e strutturato in modo da assecondare il cangiare degli affetti nella variazione agogica.
Esempio paradigmatico la Cantata per soprano, archi e continuo Giusti Numi, che in ciel reggete, qui presentata quasi come prologo al successivo Dido and Æneas, come anche riportato nelle note di sala di Giulio Prandi, a commento della scelta di rappresentare le due composizioni consecutivamente, con solo un breve intervallo. La Cantata avviene a sipario semichiuso, con solo uno spiraglio che lascia intravedere un fondale rosso e del fumo che rappresenta il rogo di Cartagine.
Dido and Æeneas, masque in tre atti di Henry Purcell, fu rappresentato nel 1689 presso l’educandato femminile di Chelsea e interpretato (salvo il ruolo di Enea) dalle stesse allieve; è la prima, vera, opera seria completamente musicata da Purcell e uno dei capolavori assoluti di tutta la storia del melodramma (bisognerà attendere l’avvento di Händel per trovare pagine di eguale bellezza); la pagina conclusiva, il lamento e morte di Didone, è fra i più alti esempi per bellezza e inventiva musicale. Qui, la vicenda, è oltremodo arricchita di cori e danze, per venire incontro al gusto dell’epoca. L’opera risente l’influenza dei grandi modelli veneziani e di quelle di Lully nelle sue grandi linee, ma la concezione di questa musica e la sua realizzazione sono originali e personalissime.
L’impianto registico si giova della meravigliosa cornice di quello che rimane uno dei pochi esempi di architettura settecentesca arrivato quasi indenne fino ai giorni nostri, il Teatro Filarmonico. L’uso dei palchi, del foyer, la platea che rappresenta, attraverso il sapiente uso di teli, il mare da cui Enea arriverà e da cui sarà costretto a ripartire; la lunga scena finale dove Didone, dopo essersi svestita dalle sue spoglie regali e, donna, non più regina, esce dalla sala del Francesco Galli Da Bibbiena, scortata dai mimi (ottimamente preparati da Tony Contartese) attraversa la Sala Mozart, per morire affranta sulla scalinata dell’ingresso del teatro; immagini indelebili, splendidamente catturate per la ripresa streaming, e che appunto per tale forma di condivisione lo spettacolo è stato appositamente ripensato; scelta molto intelligente ed affascinante da parte di Stefano Monti, che cura anche le scene e i bellissimi costumi.
Fondamentale l’apporto delle luci firmate dal bravissimo Paolo Mazzon.
Anche sul piano musicale le attese non sono state deluse.
Giulio Prandi, alla testa dell’Orchestra di Fondazione Arena di Verona, ottiene suoni morbidi e delicati, il tutto in una concertazione stringata e ricca di armonici; la Cantata è dipanata in ogni sua forma con una continuità narrativa davvero pregevole e l’opera di Purcell è anch’essa ben articolata grazie a un’ottima coesione con i solisti e il Coro di Fondazione Arena di Verona, in questo ben supportato grazie all’ottimo contributo di Vito Lombardi.
Eccellente il Cast.
Maria Grazia Schiavo, col suo bel timbro caldo e bel colore disegna una Didone dalle mille sfaccettature, che la buona tecnica e preparazione le permettono di superare ogni ostacolo di scrittura; pregevole anche l’interprete come pure la sua Belinda del titolo di Purcell.
Josè Maria Lo Monaco è anche essa una splendida Didone, regina e donna tradita; il finale di cui sopra si è parlato l’ha vista non solo ottima cantante ma interprete e attrice di rara suggestione (quel suo sguardo perso nel vuoto, che si incammina consapevolmente verso la morte, letteralmente buca lo schermo e il lento declinare a terra sui gradini dell’ingresso del teatro valgono da soli la ripresa streaming).
Molto bravo Renato Dolcini nel ruolo di Enea, scenicamente apprezzabile come apprezzabile è anche l’interprete.
Completano il cast Eleonora Bellocci (Second Woman), Lucia Cirillo come Sorceress, Federico Fiorio nel doppio ruolo di First Witch e Spirit (quest’ultimo che si affaccia dal palco reale ad avvisare Enea della sua partenza forzata), Marta Redaelli (Second Witch), Raffaele Giordani (Sailor) e Tony Contartese (Jack).
Ottima la ripresa televisiva curata da Francesco Stelluti Scala, che non si limita a una banale carrellata di scene infilate tra di loro senza una logica ma una regia pensata, un sapiente uso delle controscene così da far apprezzare appieno sia l’impianto registico che i movimenti dei singoli interpreti.
Ottima anche la ripresa audio da parte di Audio Classica.
Un bellissimo spettacolo che merita di essere stato ripreso e conservato.
[Alessio Solina]
Teatro Filarmonico di Verona
Stagione lirica 2021
DIDONE ABBANDONATA
Cantata per soprano, archi e continuo
Musica di Niccolò Jommelli
Soprano Maria Grazia Schiavo
DIDO AND ÆNEAS
Opera in tre atti di Nahum Tate
Musica di Henry Purcell
Dido Josè Maria Lo Monaco
Æneas Renato Dolcini
Belinda Maria Grazia Schiavo
Second Woman Eleonora Bellocci
Sorceress Lucia Cirillo
First Witch / Spirit Federico Fiorio
Second Witch Marta Redaelli
Sailor Raffaele Giordani
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Giulio Prandi
Maestro del coro Vito Lombardi
Regia, scene e costumi Stefano Monti
Responsabile movimenti mimici Tony Contartese
Luci Paolo Mazzon
Allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Verona, 25/28 marzo 2021
©Foto Ennevi