Adriana Lecouvreur (streaming)
L’anno operistico 2021 del Teatro Comunale di Bologna viene inaugurato con un nuovo allestimento di “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea in una inedita versione film-opera.
Questa nuova produzione di “Adriana Lecouvreur”, prevista originariamente per il maggio 2020 e poi cancellata a seguito dell’emergenza sanitaria tutt’ora in corso, viene ora proposta come titolo inaugurale della stagione operistica 2021 del Teatro Comunale di Bologna in un’inedita versione film-opera.
La vicenda, infatti, viene raccontata non solo sul palcoscenico “tradizionale” del teatro, ma sfruttando anche altri ambienti dell’edificio progettato dal Bibiena, quali i palchetti, il corridoio interno che corre lungo questi stessi e il ridotto, luoghi ben noti agli spettatori solitamente presenti in sala. Il progetto registico, pensato per il pubblico collegato da casa, viene realizzato attraverso un racconto che si muove su tre piani narrativi ben interconnessi tra loro: quello classico della recitazione sul palco, quello di taglio cinematografico con ampio utilizzo di primi piani e carrellate e quello ottenuto con l’inserimento, in fase di montaggio, di scene registrate al di fuori del palcoscenico. Il risultato, da un punto di vista tecnico, è un progetto ben confezionato, fluido e accattivante nella sua veste visiva, merito anche del buon lavoro svolto da Arnalda Canali, che firma la regia televisiva dello spettacolo.
La regia di Rosetta Cucchi vuole rappresentare un vero e proprio omaggio al teatro e in particolar modo all’immagine della diva. Il primo atto, ambientato nella Parigi del 1730, presenta allo spettatore la “vera” Adriana Lecouvreur, attrice eccelsa e primadonna assoluta, che si muove elegantemente disinvolta in un retropalco affollato di attori e comparse in quell’atmosfera frenetica che accompagna la messa in scena dello spettacolo del quale la “nostra” Diva è la protagonista.
Con il secondo atto lo spettatore si trova catapultato nel secolo successivo, nel 1830, dove la protagonista viene rappresentata idealmente come Sarah Bernahardt, una delle attrici più celebri dell’epoca e che ha più volte interpretato proprio il ruolo di Adriana nella tragedia di Legounvé e Scribe.
Nel terzo atto un altro salto temporale, questa volta nella Parigi del 1930, e viene dato particolare risalto all’invenzione del cinematografo: in questo contesto Adriana viene identificata come una delle grandi attrici del cinema di quegli anni, su tutte Greta Garbo.
Nel quarto atto, infine, siamo nel 1968, gli anni della Nouvelle Vague e la protagonista viene ora presentata come una donna sola (in un palco desolatamente spoglio), inquieta e tormentata da un malessere interiore; suggestiva in tal senso è la scena della morte con Adriana in piedi, rivolta verso dei figuranti plaudenti, quasi una sua consacrazione assoluta all’arte teatrale, l’unica dimensione dove può ritrovare finalmente se stessa.
Rosetta Cucchi compie un lavoro meticoloso sui personaggi, l’interazione risulta credibile, lo spazio scenico ben gestito. Come già ricordato, siamo di fronte ad un prodotto pensato per il solo passaggio televisivo e pertanto sarebbe quantomeno curioso potere assistere alla produzione ripensata per la messa in scena teatrale. Nel quarto atto, ad esempio, il personaggio di Maurizio, compare sulla scena ad intermittenza mentre la sua parte risulta cantata interamente fuori scena (probabilmente con utilizzo di microfoni): una rappresentazione suggestiva e di sicuro effetto per sottolineare lo stato di follia vissuto dalla protagonista (e che ribadisce così come la sua presenza sia solo nella mente di Adriana al cui fianco si trova in realtà il solo Michonnet) ma poco riuscito da un punto di vista meramente musicale in quanto rende artificiosa la vocalità del tenore.
Alla buona riuscita dello spettacolo concorrono le scene curate da Tiziano Santi che ben sottolineano le diverse epoche storiche nelle quali risultano ambientati i diversi atti.
Particolarmente pregevoli i costumi firmati da Claudia Pernigotti, con caratterizzazioni pertinenti e facilmente riconoscibili per l’epoca storica cui sono di volta in volta riferiti, meticolosamente curati nei dettagli e nella scelta delle cromie, soprattutto per i personaggi di Adriana e della Principessa di Bouillon.
Suggestive le luci di Daniele Naldi, con la prevalenza di tonalità calde per sottolineare, nei primi due atti le luci del teatro e l’illuminazione interna del villino, nel terzo per sbalzare le figure delle due antagoniste durante il loro scontro ferino, nel quarto atto,infine, per sottolineare lo stato emotivo disperato e desolato in cui versa la protagonista.
Efficaci le proiezioni video curate da Roberto Recchia, impiegate, in terzo atto per omaggiare le dive del cinema di inizio Novecento, nell’ultimo atto per sottolineare la drammatica espressività del volto della protagonista.
Puntuali e di stampo tradizionale le coreografie curate (ed interpretate direttamente) da Luisa Baldinetti, ben eseguite, tra l’altro, anche dall’acrobata Davide Riminucci.
Sul fronte musicale, alla guida dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, disposta per l’occasione nello spazio tradizionalmente occupato dalle poltroncine di platea, il Maestro Asher Fisch legge la partitura con piglio sicuro e si mostra rispettoso delle indicazioni dell’autore, pur in assenza di particolari guizzi interpretativi personali. Una lettura caratterizzata da buon ritmo e in grado di restituire all’ascoltatore le molte sfumature di cui è pervasa la partitura. La compagine orchestrale appare in buona forma e, per quanto intelligibile dalla registrazione, rispettosa dei pesi vocali degli interpreti.
Nel ruolo della protagonista, il celebre soprano lettone Kristine Opolais, per la prima volta al Teatro Comunale di Bologna e debuttante nel personaggio di Adriana. Il soprano, tra i più in vista del panorama lirico attuale, colpisce per una presenza scenica seducente, per il suo incedere elegante e disinvolto, per una gestualità naturale ed espressiva. L’interprete appare totalmente immedesimata e il personaggio viene sbalzato con grande realismo, soprattutto nell’ultimo atto dove il suo personaggio risulta particolarmente straziato e disperato. Vocalmente convince sopratutto nel registro centrale e in quello acuto dove il mezzo, per quanto giudicabile attraverso la ripresa video, presenta buono squillo e pregevole intonazione specie nelle parti di maggior abbandono lirico e nei cantabili. Perfettibili, tuttavia, le parti declamate, dove viene messo in evidenza il timbro asprigno della sua voce; Adriana è un ruolo dove la parola e il fraseggio diventano fondamentali e sicuramente una cantante non di madre lingua può talvolta mancare di accentare sempre correttamente ogni parola del libretto. Siamo in ogni caso di fronte ad un artista di grande livello e sarebbe interessante poterla riascoltare in un ruolo più lirico, forse più congeniale per le sue corde.
Nel ruolo della Principessa di Bouillon, il mezzosoprano Veronica Simeoni offre una prova ben riuscita. Il caratteristico timbro chiaro della cantante, quasi sopranile, conferisce al personaggio il giusto alloure aristocratico, l’accento è pertinente e penetrante, il fraseggio curato ed espressivo. Una prova convincente anche sotto il profilo vocale dove l’artista mostra una buona omogeneità su tutta la linea e una pregevole intonazione specialmente nel registro centrale.
Luciano Ganci affronta sicurezza la parte di Maurizio, una delle più ingrate tra quelle scritte per tenore. L’artista convince per totale immedesimazione nel personaggio diviso tra gli struggimenti amorosi per Adriana e il dovere di stato; accorato e ad un contempo baldanzoso il fraseggio, pertinente e godibile la presenza scenica. Vocalmente colpisce per il timbro caldo e solare, il buon controllo del registro acuto e un sempre pertinente dosaggio dell’emissione.
Il quartetto vocale è dominato dal Michonnet di Nicola Alaimo, musicalissimo e ad un contempo irresistibile scenicamente. Il bel colore della voce, la padronanza della linea vocale e la luminosità del registro acuto contribuiscono nel siglare una prova invero maiuscola. Il fraseggio è curato con dovizia così come l’accento, sempre variegato grazie ad una pregevole tavolozza di colori ottenuti attraverso la ricerca di continue sfumature.
Di buon livello le prestazioni di Elena Borin e di Aloisa Aisemberg, rispettivamente nei ruoli di Madamigella Jouvenot e Madamigella Dangeville, dotate di buona intonazione e musicalità.
Ben a fuoco il Principe di Bouillon interpretato da Romano dal Zovo.
Completano il cast, pur con esiti alterni, Gianluca Sorrentino, nel ruolo dell’Abate di Chazeuil, Luca Gallo, Quinault e Stefano Consolini, Poisson.
Puntuali gli interventi del Coro del Teatro Comunale di Bologna, diretto con perizia dal Maestro Alberto Malazzi.
Efficaci sulla scena, infine, i figuranti della Scuola di Teatro Galante Garrone.
[Marco Faverzani | Giorgio Panigati]
In tempi tragici per il teatro d’opera e non solo è lodevole l’iniziativa del teatro Comunale di Bologna di voler donare al grande pubblico televisivo una soluzione alternativa al venire in sala quale può essere la riduzione a film del capolavoro di Francesco Cilea. Mercoledi 10 febbraio infatti è stato trasmesso su Rai5 una suggestiva ed anche inconsueta rappresentazione di Adriana Lecouvreur. La regia di Rosetta Cucchi sceglie la strada del suddividere in varie epoche lo scorrere della vicenda: percorso molto incisivo ed interessante, ma a mio avviso lo sarebbe stato di più se avesse curato, soprattutto nella protagonista. i vari modi di essere ed atteggiamenti secondo i periodi storici. Un’ attrice del 1700 o un nobile del 1800 hanno diverse posture e comportamenti differenti rispetto a i loro equivalenti vissuti in epoca moderna o negli anni ’30 . Questa ultima era, dal punto di vista registico e d’insieme lo considero il quadro più riuscito a cominciare dal fumoso tabarin e dalla ferina Principessa di Bouillon che rieccheggia la Velma (Catherine Zeta Jones) del film Chicago.
I costumi di Claudia Pernigotti sono molto belli ed adeguati ai vari momenti storici rappresentati, tranne il vestitone bianco della Principessa nel secondo atto un po’ troppo dozzinale per una nobile parigina di alto rango e con ingombrante gorgiera stile Elisabetta prima o Crimilde di Biancaneve. Il taglio cinematografico che gioca molto sui primissimi piani e sulle luci appropriate di Daniele Naldi, assieme alle asciutte ma efficaci scene di Tiziano Santi, fanno conoscere un lato poco spesso sfruttato e considerato nei cantanti lirici, ma per chi scrive estremamente importante quanto la bella emissione o la giusta tecnica: la forza interpretativa. E vincitrice assoluta in questo e’ il mezzosoprano Veronica Simeoni, stupenda in ogni occhiata e con plastica facciale duttile. L’artista romana rende pienamente il carattere felino e sanguigno della Bouillon e raggiunge l’apice nel famoso scontro del terzo atto con la Lecouvreur. La voce, pastosa e musicalissima, a mio avviso e’ un po’ troppo chiara per il ruolo che pur rientrando nel cosidetto repertorio Falcon, necessita di polpa e toni bruniti nella zona medio grave, elementi un po’ esili nell’esecutrice che tuttavia ci regala uno splendido personaggio. La protagonista è la fascinosa Kristine Opolais che sembra rappresentare se stessa sulla scena, in quanto diva del momento. Voce morbida, luminosa e raggiante, a volte rende meno rispetto la rivale scenica la forza dei sentimenti nell’accento, forse anche perché non di madrelingua italiana, ma ci regala un’Adriana elegante, fiera e musicalissima. Conteso dalle due donne, Maurizio di Sassonia è Luciano Ganci, dalla splendida voce tenorile svettante e gagliarda e con espressività vocale e scenica. Il cantante rende molto bene il suo personaggio un po’ guascone e furbetto, diviso tra due amori, Adriana ed il potere. Umanissimo, travolgente e con voce brunita ed importante il baritono Nicola Alaimo è Michonnet, con il suo amore inespresso e dolente nei confronti della bella attrice. Spiritosi e ben caratterizzati sia vocalmente che scenicamente il Principe di Bouillon cui da voce Romano dal Zovo ed il pepato e presente Abate di Chazeuil, quasi da commedia dell’arte di Gianluca Sorrentino.Il quartetto degli attori soci della Comedie è efficace e ben interpretato da Elena Borin ( seducente e con bella voce sicura Jouvenot), Aloisa Aisemberg ( una incisiva e petulante Dangeville) Luca Gallo (appropriato e simpatico Quinault) e la bella macchietta con voce ben emessa di Stefano Consolini (Poisson e parliamo di due colonne del teatro bolognese…).Il coro del teatro Comunale di Bologna sembra quasi divertirsi nel prendere parte al film e nei pochi momenti riservati ad esso e’ fluido ed accattivante oltre che strumento unico sotto la guida del M. Alberto Malazzi.
Straordinario l’acrobata in scena nel terzo atto e gradevoli le coreografie di Luisa Baldinetti. Come sono gradevoli ed efficaci le presenze dei ragazzi allievi della scuola di teatro Galante Garrone in qualità di figuranti
Su tutto la fulminea, focosa e ricca di colori direzione del Maestro Asher Fisch che guida l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e gli artisti in scena con mano fermissima e ci restituisce il vero carattere travolgente e ferino del capolavoro di Cilea
Uno spettacolo vivo, vero in attesa di tempi migliori e di rivivere in teatro la magia dell’opera.
[Cristina Miriam Chiaffoni]
ADRIANA LECOUVREUR (streaming)
Commedia-dramma di Eugene Scribe e Ernest Legouvé,
ridotta in quattro atti per la scena lirica da Arturo Colautti
Musica di Francesco Cilea
IL PRINCIPE DI BOUILLON Romano Dal Zovo
L’ABATE DI CHAZEUIL Gianluca Sorrentino
MAURIZIO Luciano Ganci
MICHONNET Nicola Alaimo
ADRIANA LECOUVREUR Kristine Opolais
LA PRINCIPESSA DI BOUILLON Veronica Simeoni
MAD.LLA JOUVENOT Elena Borin
MAD.LLA DANGEVILLE Aloisa Aisemberg
QUINAULT Luca Gallo
POISSON Stefano Consolini
Direttore Asher Fisch
Maestro del coro Alberto Malazzi
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Luci Daniele Naldi
Regia Rosetta Cucchi
Coreografie Luisa Baldinetti
Video Roberto Recchia
FOTO DI Andrea Ranzi (casaluci-ranzi)