Zubin Mehta e Rudolf Buchbinder
Fuori una triste rassegna di colori anche se appartenenti alla tavolozza delle tinte accese (arancione e rosso), dentro nell’elegante ed avvenieristica sala del Maggio Musicale Fiorentino, un’esplosione di armonia e gioia è scaturita dalle magiche mani del direttore onorario a vita della Fondazione fiorentina Zubin Mehta e del pianista austriaco Rudolf Buchbinder e ha donato fortissime e uniche emozioni a noi che ascoltavamo in presenza il Concerto in programma . Sensazioni che potrà provare il grande pubblico in streaming sul sito del teatro (link : http://bit.ly/Mehta_Buchbinder_10marzo) da mercoledì 10 marzo 2021 alle ore 20.
In programma una nuovissima composizione di Fabio Vacchi in prima esecuzione assoluta dal titolo Beethoven, e la primavera ritrovata e tre gioielli notissimi di Wolfang Amadeus Mozart: Ouverture dall’opera Le nozze di Figaro, Sinfonia in sol minore K 550 ed il Concerto in re minore K 466 per pianoforte ed orchestra.
Colpisce non solo la forza della musica, ma anche quella che sprigionano gli artisti sul palco. Il Maestro Mehta, che voltandosi ai nostri applausi verso la platea deserta alza le due mani in segno di “Forza ragazzi miei” e il pianista, che con il corpo asciutto ed elegante e con brevi e significativi gesti del capo segue l’onda della musica mentre aspetta di creare la sua magia di note di diamante sulla tastiera.
Si inizia con la composizione di Vacchi. Una ridda di impressioni scaturite dalla lettura da parte del compositore italiano delle Lettere dal carcere di Nelson Mandela. libro letto durante il lockdown di febbraio-marzo, in un periodo quindi durissimo per tutti noi. Lettura legata alla commissione da parte della Paris Mozart Orchestra, di abbadiane radici, per la Philarmonie di Parigi di un melologo dal titolo Beethoven l’Africain, ispirato a un capolavoro letterario di Nadine Gordimer, amica e sodale del grande politico e attivista sudafricano. Tale opera letteraria sconvolge e commuove il musicista che pensa come ha potuto resistere per trent’anni Mandela in una prigione disumana e privato di ogni diritto e poi avere la forza di governare nel modo più alto e illuminato un Paese ferito dal razzismo come il suo? Nell’animo dell’artista (e sono sue parole ) “…è scattata una profonda associazione immaginifica con l’uscita dal lockdown, dalla paura e dall’ansia, giusto in tempo per ritrovare la primavera, la vita e, forse, per cominciare a guardarla in un altro modo”. Impressioni rese con molta veridicità dalla composizione in cui si avvertono echi della sonata beethoveniana detta La Primavera intrecciata a ritmi jazz o afro in fluida armonia. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in organico qui ridotto, quasi a parti solistiche, sotto la sapiente e ferma mano del direttore indiano, sembra giocare e danzare con elegante soavità tra questi ritmi classici e moderni. Piacevole e incisiva per chi ascolta.
Ci si immerge poi nella folle giornata mozartiana de Le nozze di Figaro con la sua Ouverture che con il tempo Presto ci introduce all’andamento frenetico e vorticoso dell’azione, ben delineato e scolpito dalla compagine fiorentina, ma anche avvolto in una luce calda quasi a seguire il pensiero della precedente composizione. Le arcate dei violini non sono brucianti o nette, ma morbide e sinuose come a rendere l’idea di una profumata e positiva (in senso buono) stagione primaverile.
Segue poi la notissima Sinfonia in sol minore K 550, seconda di una splendida terna di Sinfonie mozartiane scritte in un mese e mezzo in un periodo difficile e pesante umanamente ed economicamente per il genio di Salisburgo. A Vienna lo etichettano ormai come un compositore difficile e per intenditori ed è costretto a contrarre debiti. Datata 25 luglio 1788 questa Sinfonia si pone in forte contrasto con le altre della terna per il tono profondamente appassionato e dolente. Emozioni raggiunte e fatte proprie dal direttore onorario del Maggio che imprime alla “sua” orchestra un incalzare vorticoso e denso di sensazioni e di colori sfaccettati ed incalzanti fino alla rassegnazione finale. Ottimo il colore unico dell’orchestra, il luminoso suono dei fiati, mai eccessivi o predominanti sull’eleganza degli archi.
E dopo un breve intervallo ascoltiamo il Concerto mozartiano per pianoforte e orchestra K 466. Esecutore sublime, elegante e raffinato il pianista di Mozart e Beethoven, membro onorario dei Wiener Philarmoniker e della Israel Philarmonic Orchestra, Rudolf Buchbinder. In piena armonia e sintonia con il direttore d’orchestra e con il complesso fiorentino, sembra far uscire dalle sue mani diamanti e gemme preziose sulla tastiera, dando carattere proprio e trasferendolo ad ogni singolo componente della mirabile ensemble del Maggio (a mio avviso degna di stare nel novero delle titolate orchestre) che si fonde melodiosamente con il sommo artista. Il concerto ha un clima fosco e rivela un profondo e sincero coinvolgimento emotivo, il pianoforte dialoga con un’orchestra in tensione emotiva e demoniaca. Solo all’ultimo sorge il sorriso rasserenante e tranquillo: la coda è infatti in re maggiore e suona come uno sberleffo ironico con lo sberleffo punzecchiante delle trombe qui a Firenze davvero degne di nota. Il maestro al pianoforte dona la sua forte e signorile personalità nelle stupende cadenze (scritte da Beethoven che molto amò ed eseguì questo Concerto) lasciando gli spettatori senza fiato.
Da par suo dona poi un’effervescente e brioso bis schubertiano, lasciandoci senza fiato per lo sgranare perfetto delle note a cascata argentea sulla tastiera.
Uno spettacolo che riconcilia l’animo gravato dal momento attuale e che dimostra quanto sia unica ed immortale la grande Musica eseguita da artisti memorabili e straordinari.
Foto di Michele Monasta e Marco Borggreve