Spettacoli 2021

Don Carlo

Lunedi 1 febbraio 2021 ho assistito al Teatro Comunale di Modena, con pochissimi altri addetti ai lavori, all’esecuzione in forma di concerto di Don Carlo di Giuseppe Verdi nella versione in 4 atti che verrà proposta solo in video al grande pubblico, causa le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria in corso. Lo spettacolo verrà seguito in modalità virtuale da tutto il mondo nel contesto del progetto della regione Emilia Romagna chiamato OperaStreaming in data sabato 6 febbraio alle ore 20 sul Canale Youtube di OperaStreaming.

Commozione e gelo sono le due sensazioni che avvolgono noi sparuti spettatori. Commozione di rientrare nel nostro teatro, nel respirare quell’odore particolare di legno e velluto, gelo nel non poter applaudire gli artisti al termine delle loro arie o pezzi d’insieme, sapendo anche che per loro questo è vita. Gelo anche nel vedere palchi vuoti e senza l’afflato di molte anime pervase dalla nostra stessa passione per la musica. Ma comunque è bello esserci e sapere che la direzione del Teatro ha dedicato lo spettacolo a due mitici interpreti dell’opera verdiana quali Mirella Freni, mancata il 9 febbraio 2020, e il marito Nicolai Ghiaurov, amati cittadini modenesi.

DonCarlo_Modena_ph©RolandoPaoloGuerzoni

E il cast è di tutto rispetto. Si è sempre detto che per allestire Don Carlo ci vogliono cinque interpreti fuoriclasse e l’edizione modenese, pur nelle difficoltà effettive imposte dalle norme anticovid, quali orchestra in platea e solisti e coro in palcoscenico lontanissimi dal direttore, ha rispettato questa regola. Su tutti giganteggia Michele Pertusi un Filippo II da manuale. Il basso parmigiano scolpisce con intelligenza ogni sillaba, direi anche ogni respiro, con una voce dai mille accenti e colori, donando a chi ascolta un personaggio a tutto tondo, umanissimo nella sua solitudine ed ingabbiato in un potere che lo logora dentro. La voce è velluto scuro, mai sopra le righe, gestita con enorme intelligenza e sapienza tecnica. Suo degno avversario politico sulla scena, il gran ribelle generoso e idealista, Rodrigo è impersonato da un altro asso parmigiano, il baritono Luca Salsi. Anche questo artista ha raggiunto una piena maturità interpretativa e tecnica, donando a chi ascolta un Marchese di Posa istintivo e ben conscio dei suoi mezzi. La bronzea voce sovrasta l’orchestra e svetta sicura, anche se qualche attacco risulta preso con un po’ troppa enfasi. Ma la morte di Rodrigo è tratteggiata con grande classe e la morbidezza del velluto vocale non abbandona mai l’interprete. Altro nome in scena la celestiale Elisabetta di Valois di Anna Pirozzi che incanta chi ascolta con filati perlacei e fulminei acuti (uno su tutti il si naturale finale lanciato con estrema sicurezza e che sovrasta il fortissimo dell’orchestra). Il soprano tratteggia una Regina dolente e rassegnata, piegando la sua voce poderosa a dolcezze eteree e a suoni in pianissimo.
Don Carlo è il tenore Andrea Carè, allievo di altri due grandi modenesi quali Luciano Pavarotti e Raina Kabainvaska, e già affermato interprete al Metropolitan di New York. Il colore della voce è molto bello, ma sembra soffrire le asperità del ruolo, mostrando spesso smagliature nel passaggio all’acuto. Delude nel momento atteso della scena dell’Autodafé, scoglio di molti tenori, il “Sarò tuo salvator popol fiammingo” e spesso la sua voce viene coperta dall’orchestra o dagli altri colleghi. Il mezzosoprano rumeno Judit Kutasi ha un ottimo colore di voce e acuti fiammanti, ma non convince del tutto chi ascolta. La voce sembra gonfiarsi innaturalmente nella zona grave e l’interprete non dona il fuoco e la sensualità caratteristiche della principessa Eboli. Il Grande Inquisitore ha la voce di Ramaz Chikviladze e rende con possenti note la cattiveria gelida richiesta al personaggio. Gradevole e musicalissima il soprano Michela Antenucci che dà voce a Tebaldo e alla Voce dal Cielo. Come ben emessa e ben condotta l’interpretazione del basso Adriano Gramigni che impersona l’enigmatica figura di un Frate. Preciso e puntuale Andrea Galli nelle vesti del conte di Lerma e l’araldo reale.

DonCarlo_Modena_ph©RolandoPaoloGuerzoni

Il Coro Lirico di Modena, diretto dal M. Stefano Colò, risalta nei pianissimi con maestria ed emissione uniforme, ma viene mangiato soprattutto nelle sezioni acute dall’orchestra che non si risparmia nei fortissimi. Purtroppo non aiuta anche il numero esiguo dell’organico, probabilmente imposto dalle restrizioni derivate dalla pandemia in corso. Non molto precisi e con qualche voce (peraltro bella…) che fuoriesce dall’insieme i Deputati fiamminghi.
Il direttore d’orchestra Jordi Bernacer dà un’impronta personalissima e focosa alla lettura dell’opera verdiana. Si apprezza la tavolozza di colori e ritmi ben dosati e ampiamente assecondati dall’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini. Momenti ragguardevoli quelli tratteggiati dalla sezione archi, soprattutto i violini primi, nell’introduzione alla scena del Giardino della Regina, di una soavità ultraterrena davvero pregevole. In altre parti la posizione non aiuta e i fortissimi sono troppo schiaccianti.
Nel complesso un ascolto che lascia commossi e desiderosi di confermare con applausi appassionati l’esecuzione degli interpreti impiegati. La musica comunque c’è e sarà sempre più presente e non potrà essere mai soffocata da niente e da nessuno .

Don Carlo
Versione in 4 atti 1884 in forma di concerto
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Joseph Méry e Camille du Locle
Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini

Filippo II, Re di Spagna Michele Pertusi
Don Carlo, Infante di Spagna Andrea Carè
Rodrigo, Marchese di Posa Luca Salsi
Il Grande Inquisitore Ramaz Chikviladze
Un frate Adriano Gramigni
Elisabetta di Valois Anna Pirozzi
La Principessa d’Eboli Judit Kutasi
Il Conte di Lerma / un araldo reale Andrea Galli
Tebaldo/ una voce dal cielo Michela Antenucci

Direttore Jordi Bernàcer
Maestro del coro Stefano Colò
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro Lirico di Modena
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e
Fondazione Teatri di Piacenza

Foto di Rolando Paolo Guerzoni