Gianni Schicchi
Assolutamente spettrale! Non si tratta della sala vuota durante le prove, bensì della totale assenza di pubblico – ad esclusione di una manciata di professionisti – che la legge impone in virtù della sicurezza sanitaria.
La salvaguardia della salute è importante, fondamentale e giustamente messa al primo posto. Ma a differenza di marzo, quando le code in ingresso ai supermercati erano un emblema di tale cura, difesa e protezione, oggi assistiamo ad entrate decisamente incontrollate nella maggioranza delle attività commerciali e nei mezzi di trasporto pubblico. È comprensibile la difficoltà di mantenere distanziamento e mascherina negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, ma un teatro appositamente controllato è decisamente un posto sicuro.
Gli artisti possono essere costantemente sottoposti a tampone molecolare, così come nelle squadre di calcio. Le forze dell’ordine possono sorvegliare, così come i vigili del fuoco da sempre assistono per la sicurezza antincendio. Il personale di sala può essere adeguatamente formato per fare in modo che il pubblico contingentato rispetti le regole. In questo frangente non è necessario rappresentare grand-opéra della durata di quattro ore con duecento artisti impegnati; il mondo dell’opera è pieno di capolavori rappresentabili in un atto unico, in modo da evitare code e assembramenti.
E così sarebbe potuto accadere al Teatro Municipale di Piacenza, dove è andato in scena Gianni Schicchi di Giacomo Puccini nel vuoto angosciante di una sala priva di spettatori, laddove fossero stati trecento o quattrocento sarebbero stati perfettamente controllabili e in totale sicurezza.
Dunque nonostante il protrarsi della chiusura dei teatri, si è voluto mantenere viva la cultura, continuando la programmazione attraverso la piattaforma di Opera Streaming, anche per questa volta gratuitamente. Nel segno delle celebrazioni a Dante Alighieri, a 700 anni dalla scomparsa (1321-2021), è stato dedicato uno speciale omaggio che abbraccia letteratura e melodramma, con il massimo coinvolgimento degli artisti piacentini in una sorta di “chiamata all’arte” del territorio. L’atto unico di Puccini è stato preceduto dai versi della Divina Commedia – recitati dall’attore piacentino Mino Manni – dedicati a Schicchi, che il sommo poeta pone tra i “falsatori di persona” nel XXX Canto dell’Inferno.
Massimiliano Stefanelli era alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, mentre la regia – che faceva l’occhiolino alla somma arte di Beppe De Tomasi – era firmata dall’esperto Renato Bonajuto, con la gradevole scenografia di Danilo Coppola, gli sfavillanti costumi – azzeccatissimi Schicchi e Lauretta – di Artemio Cabassi e le luci di Michele Cremona.
Roberto de Candia vestiva i panni del protagonista con disinvoltura, sfoggiando una morbida liricità che colpiva ancor più del suo sapere comico, al quale siamo più abituati e forse lo diamo per scontato.
Giuliana Gianfaldoni era una Lauretta incantevole, che affascinava per i suoi filati naturali e conquistava per gli acuti sfavillanti.
Matteo Desole era un Rinuccio di sicuro effetto, limpido, che impressionava per le sue gradevoli messe di voce.
Da riascoltare in parti più corpose le belle voci di Stefania Ferrari e Juliusz Loranzi che vestivano i panni de La Ciesca e Marco.
Valeria Tornatore era Zita, Andrea Galli era Gherardo, Renata Campanella era Nella, Graziano Dallavalle era Betto, Mattia Denti era Simone, Valentino Salvini era Spinelloccio, Simone Tansini il notaio, Francesco Cascione il calzolaio, Lorenzo Sivelli il tintore e la piccola Elettra Secondi era Gherardino.
Gli applausi dell’orchestra al palcoscenico hanno salutato gli artisti, che si sono esibiti con estrema professionalità davanti alle sole telecamere che li hanno portati nelle case di tutto il mondo. Il pubblico, anche se contingentato e sorvegliato, deve tornare in presenza, così come gli spettacoli devono continuare ad essere trasmessi in streaming per la gioia di tutti. Solo l’arte e la cultura ci possono salvare.
[William Fratti]
Nel settecentesimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri, il Teatro Municipale di Piacenza decide di rendergli omaggio con la messa in scena di “Gianni Schicchi”, il “folletto” del canto trentesimo della Divina Commedia.
Questa celebrazione assume un ulteriore valore se si pensa che il Codice Landi 190, il più antico manoscritto di data certa della Commedia è conservato proprio nella Biblioteca Passerini Landi di Piacenza.
In osservanza delle attuali disposizioni governative anti Covid anche questo spettacolo viene allestito a porte chiuse e trasmesso in streaming attraverso la piattaforma Opera Streaming. In sala è stato concesso l’accesso, tuttavia, ad un gruppo ristretto di giornalisti ben distanziati e dopo aver espletato i controlli normativamente previsti. Quella che segue è il punto di vista scaturito dall’ascolto “live” dello spettacolo.
Renato Bonajuto racconta la vicenda ambientandola nella Firenze del secondo dopoguerra; il contrasto tra la famiglia Donati, di aristocratico lignaggio, e quella dello Schicchi, appartenente alla “nuova borghesia”, risulta perfettamente mantenuto grazie ai costumi di Artemio Cabassi appaganti per la vista e sapientemente equilibrati nel loro vivace cromatismo. La scena, firmata da Danilo Coppola, rappresenta l’interno di una camera da letto spaziosa e arredata con mobili di color noce; sullo sfondo la proiezione di una tela ad acquerello offre una suggestiva veduta di Firenze che, nel finale lascerà il posto, prima, ad un’immagine evocativa del girone infernale ove è destinato il protagonista e quindi ad un doppio ritratto di Dante e Puccini. Il disegno luci di Michele Cremona è funzionale soprattutto alla ripresa televisiva dello spettacolo. Il progetto registico curato da Renato Bonajuto, con la collaborazione di Teresa Gargano, appare godibile e ben riuscito nel tratteggiare con armonia e naturalezza la gestualità, sempre misurata e mai caricaturale, tra i vari personaggi. L’attuale emergenza sanitaria rende necessario il rispetto di una serie di protocolli anti contagio (distanziamento, uso di mascherine e gel igenizzanti durante le prove, continuo ricorso a tamponi per gli artisti) che hanno reso inevitabile il ripensamento di un nuovo concetto di regia; uno dei principali meriti di Bonajuto è stato quello di rendere impercettibile il lungo e quanto mai intenso lavoro nei giorni precedenti lo spettacolo e di creare uno spettacolo dove l’interazione tra i personaggi appare assolutamente disinvolta e credibile.
Sul fronte musicale la compagnia risulta ben assortita e preparata.
Nel ruolo del protagonista Roberto de Candia, che torna al Teatro Municipale di Piacenza dopo il recente “Barbiere di Siviglia” del dicembre scorso, conferma anche in questa occasione la pregevole qualità del mezzo e la totale immedesimazione nel ruolo. La linea vocale è omogenea e caratterizzata dal bel colore caldo, il registro superiore sicuro, il fraseggio pertinente e nobile.
Maiuscola la prestazione di Giuliana Gianfaldoni nel ruolo di Lauretta: l’uso di filati madreperlacei, la morbidezza del suono e la limpidezza del timbro rendono la celeberrima “O mio babbino caro” uno dei momenti più riusciti della serata. Particolarmente riuscita anche la lettura del personaggio , qui tratteggiato come una ragazza che lotta per difendere il proprio amore per Rinuccio.
Quest’ultimo, viene interpretato con efficacia e convinzione dal tenore Matteo Desole, che sfoggia buona intonazione e adeguata sicurezza nel registro superiore.
Ben assortito lo stuolo dei parenti interpretato da Valeria Tornatore, Zita, Andrea Galli, Gherardo, Renata Campanella, Nella, Graziano Dallavalle, Betto di Signa, Mattia Denti, Simone, Juliusz Loranzi, Marco e Stefania Ferrari, una musicalissima Ciesca. Completano la locandina Valentino Salvini, Maestro Spinelloccio, Simone Tansini, Ser Amantio di Nicolao, Francesco Cascione, Pinellino Calzolaio, Lorenzo Sivelli, Guccio Tintore, la piccola Elettra Secondi, Gherardino e Michele Zaccaria nel ruolo mimato del povero Buoso Donati.
Il Maestro Massimiliano Stefanelli offre una lettura corretta e puntuale della partitura, grazie, tra l’altro, anche al contributo dell’ Orchestra Filarmonica Italiana, a ranghi ridotti per effetto delle già citate norme anti pandemia.
Lo spettacolo si conclude con l’ormai noto rituale delle singole uscite degli artisti accolti dall’applauso degli orchestrali nel quanto mai ampio e desolato spazio di una sala terribilmente deserta.
Per completezza di informazione ricordiamo che l’esecuzione del titolo pucciniano è stata preceduta in streaming dalla lettura di Mino Manni dei versi del cantico XXX dell’Inferno (vv. 1-48).
[Marco Faverzani | Giorgio Panigati]
Celebrazioni Dantesche a 700 anni dalla morte (1321-2021)
Omaggio al Sommo Poeta
Gianni Schicchi nell’inferno di Dante
Voce recitante Mino Manni
Giacomo Puccini
Gianni Schicchi
Opera in un atto di Giovacchino Forzano
Edizione Casa Ricordi, Milano – Versione per orchestra ridotta a cura di Ettore Panizza
Orchestra Filarmonica Italiana
Allestimento del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Massimiliano Stefanelli
Regia Renato Bonajuto
Idea Scenica Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Luci Michele Cremona
Gianni Schicchi Roberto De Candia
Lauretta Giuliana Gianfaldoni
Zita Valeria Tornatore
Rinuccio Matteo Desole
Gherardo Andrea Galli
Nella Renata Campanella
Betto Di Signa Graziano Dallavalle
Simone Mattia Denti
Marco Juliusz Loranzi
La Ciesca Stefania Ferrari
Maestro Spinelloccio Valentino Salvini
Ser Amantio Di Nicolao Simone Tansini
Pinellino Calzolaio Francesco Cascione
Guccio Tintore Lorenzo Sivelli
Gherardino Elettra Secondi
Buoso Donati Michele Zaccaria
foto fornite dall’Ufficio Stampa del Teatro Municipale di Piacenza