Il Trovatore
Il Trovatore di Giuseppe Verdi torna al Teatro La Fenice di Venezia in forma semi-scenica.
“Ho trasferito i sentimenti espressi dal Trovatore di Verdi dalla ribalta in una storia di guerra e di ribellione (…) amo il melodramma perché si situa proprio al confine della vita e del teatro”. Così Luchino Visconti spiegava la famosa scena di apertura di “Senso”, film del 1954, che celebrava non solo il melodramma ma anche uno dei suoi luoghi di culto: il teatro la Fenice di Venezia. Oggi, arrivando in Campo San Fantin, dove svettano transenne e termoscanner petulanti non si può che provare una certa gattorpadite, che ci impone di apprezzare, nonostante tutto, la situazione attuale e di arrivare a ripeterci come un mantra le parole di Tancredi :”Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Tutto è cambiato infatti: i rituali, i ritmi, le distanze, cronaca ormai già scritta ma che colpisce ogni volta, quando si torna in un teatro amato. È rimasta immutata solo la musica, per fortuna, il capolavoro di Verdi, immortale, che risuona oggi come allora nella sala ricreata “come era e dove era” da Aldo Rossi alla fine degli anni novanta del Novecento.
L’opera viene rappresentata in forma semi-scenica, i pochi elementi sul palco sono quanto resta dell’allestimento del 2011: tavoli, sgabelli e grandi candelabri, domina il nero in opposizione ai bagliori delle fiamme, a volte qualche lampo rosso illumina il palco, il coro entra ed esce di scena armeggiando vistosamente con la mascherina, come è giusto che sia. La regia di Lorenzo Mariani cerca, con le poche possibilità odierne, di suggerire mondi ed emozioni e tutto sommato la sua è una sfida vinta, grazie anche all’aiuto del light designer Fabio Berettin.
Sul fronte musicale il cast risulta decisamente ben assortito.
A Piero Pretti spetta il compito di far risuonare le corde del trovatore Manrico di cui predilige soprattutto il carattere romantico e melanconico; un eroe nobile, nell’animo e nell’accento, vittima disincantata e inconsapevole delle trame della madre e del fratello. Dopo il recente debutto in Ernani, avvenuto pochi giorni fa al Teatro Regio di Parma, si conferma cantante solido ed affidabile, omogeno nell’emissione e pregevole nel registro acuto; non tradisce l’appuntamento con la celeberrima “Pira” che dopo la chiusura con una squillante puntatura viene premiata dal pubblico con un caloroso applauso a scena aperta.
Il giovane soprano palermitano Roberta Mantegna incontra nuovamente Leonora dopo la produzione di Trouvere del Festival Verdi Parma nel 2018: sono innegabili la maturazione e lo studio del personaggio sotto il profilo tecnico-vocale, inoltre sono sempre degne di lode la freschezza e la morbidezza del mezzo, specialmente nel registro centrale. Il timbro chiaro e un buon controllo del registro acuto contribuiscono a rendere convincente la sua prestazione; sotto il profilo interpretativo si ravvisa talvolta un bisogno di maggiore incisività, dovuta forse alla giovane età dell’interprete.
Nel ruolo del Conte di Luna il giovane baritono Luca Micheletti che con la sua presenza gradevole e carismatica riesce a sbalzare un personaggio assolutamente coinvolgente: un giovane innamorato, mosso da ardore e passione, infuocato e geloso. Vocalmente colpisce per un timbro solare e dal pregevole velluto, un buon utilizzo delle sfumature e un’ottima padronanza del fraseggio. Un artista interessante, che con maggiore esperienza, potrebbe annoverarsi tra i più promettenti baritoni del panorama attuale.
Veronica Simeoni, già nota al pubblico veneziano per aver preso parte ad alcune produzioni nelle passate stagioni e, da ultima, quella del Don Carlo inaugurale, torna ad interpretare Azucena avendone già indossato le vesti nell’allestimento del 2014. Una lettura sinistra, a tratti allucinata, e una cura pressoché maniacale del fraseggio rendono la sua prestazione particolarmente riuscita sotto il profilo interpretativo e scenico. Vocalmente si avverte sin da subito il retaggio della lunga frequentazione della cantante nel repertorio belcantista: timbro chiaro, registro centrale delicato, note gravi non artefatte; una prestazione nel complesso convincente sebbene al termine si avverta inevitabilmente come questo ruolo sia troppo stretto per la vocalità del mezzo-soprano romano.
Il basso di origini coreane Simon Lim è un Ferrando notevole per volume, omogeneo tra i registri, squillante in acuto e rispettoso del canto di agilità nella scena di apertura di primo atto.
Completano la locandina gli adeguati: Lucia Raicevich (Ines), Roberto Menegazzo (Ruiz), Umberto Imbrenda (Un vecchio zingaro) e Enrico Masiero (un messo), tutti artisti scelti dalle fila del Coro del Teatro La Fenice.
Il Maestro Daniele Callegari imprime alla partitura una lettura ricca di tensione e di fuoco; rispettoso delle sfumature specialmente nei momenti solistici, tende a prediligere sonorità telluriche nelle chiuse d’atto. Si segnala l’esecuzione integrale dello spartito con tutte le ripetizioni delle cabalette e, tra l’altro, della puntatura acuta di Azucena nel duetto con Manrico di secondo atto.
L’Orchestra del Teatro la Fenice appare in buona forma e rispettosa delle indicazioni del maestro.
Il Coro del Teatro La Fenice, diretto la Maestro Claudio Marino Moretti, appare in ottima forma e brilla per omogeneità tra le diversi componenti, realizzando, tra l’altro, un’esecuzione particolarmente riuscita del coro “Chi del gitano i giorni abbella”.
Al termine dello spettacolo un successo vivo e caloroso accomuna tutti gli interpreti da parte di un pubblico che, secondo i nuovi standard previsti dalle normative anti-Covid, esauriva la sala.
Teatro La Fenice di Venezia
IL TROVATORE
Melodramma in quattro parti e otto quadri di Salvadore Cammarano e Leone Emanuele Bardare
Musica di Giuseppe Verdi
Il conte di Luna Luca Micheletti
Leonora Roberta Mantegna
Azucena Veronica Simeoni
Manrico Piero Pretti
Ferrando Simon Lim
Ines Lucia Raicevich
Ruiz Roberto Menegazzo
Un vecchio zingaro Umberto Imbrenda
Un messo Enrico Masiero
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Direttore Daniele Callegari
regia Lorenzo Mariani
Light designer Fabio Barettin
Allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, Teatro La Fenice, 4 ottobre 2020
FOTO MICHELE CROSERA