Intervista a Eleonora Buratto
In occasione del Festival Verdi 2020 incontriamo il soprano Eleonora Buratto, protagonista di Ernani e voce solista in Messa da Requiem.
Messa da Requiem: questa composizione sacra ultimamente è sempre più rappresentata perché spiritualmente vicina al tragico momento presente. Lei ha cantato la composizione di Donizetti a Bergamo, alla fine del lockdown, ed ora, qui a Parma, la messa di Verdi. Cosa ha provato quel giorno a Bergamo e cosa le comunica oggi questa musica di Verdi?
Arrivare alla prima prova al cimitero è stato un momento di grande commozione, è stato impossibile trattenere le lacrime. Questo primo impatto mi ha permesso di gestire la grande emozione del concerto. Cantare anche il Requiem di Verdi per le vittime della pandemia sarà altrettanto emozionante e importante.
Quali sono le caratteristiche delle scritture vocali per soprano in queste due composizioni? Quale sente più affine alla sua vocalità?
Purtroppo, essendo il Requiem di Donizetti un’opera incompiuta, non sapremo mai se avesse in serbo per il soprano un brano come quello scritto da Verdi per il finale del suo. Verdi regala al soprano momenti di una bellezza unica, chiedendole di spaziare dal pianissimo angelico al fortissimo drammatico. Quindi posso dire che sicuramente la scrittura verdiana del Requiem è molto più affine alla mia vocalità.
Al Festival Verdi 2020, avverrà il suo debutto nel ruolo di Elvira, in Ernani. Come si è accostata a questo personaggio? Può anticiparci la sua chiave di lettura?
Mi sono accostata al personaggio come faccio sempre: spartito, libretto e libro dal quale è tratta la storia (quando c’è). Elvira è una donna contesa da tre uomini, ma lei durante tutta l’opera rimane fedele a se stessa e al suo amore, credendolo morto ha già pianificato di morire piuttosto che essere di un altro. Vocalmente e drammaturgicamente la amo, segna un momento importante del mio percorso verdiano.
Fra i vari ruoli studiati sotto la direzione del Maestro Muti, ha affrontato anche il ruolo di Amelia in Simon Boccanegra. Ci sono particolari insegnamenti del Maestro, nell’ambito del repertorio verdiano, che lei porta con sé?
È grazie al Maestro Muti che sono entrata nel repertorio verdiano e grazie a lui ho imparato ad affrontarne lo studio, stando attenta a tutte le dinamiche e all’importanza del testo e della pronuncia della parola. Un lavoro teso ad indagare senza sosta l’essenza del teatro verdiano.
Lei ha recentemente interpretato, con grandi plausi di pubblico e critica Luisa Miller, in cosa questo personaggio differisce da Elvira? E cosa invece le accomuna?
Sicuramente questi due personaggi sono accomunati da una grande forza di volontà, se Elvira è disposta a morire pur di non essere di un altro, Luisa rinuncia al suo amore pur di salvare il padre e cede alla sua sofferenza e rinuncia al suo progetto suicida. Due aspetti simili della stessa concezione verdiana dei personaggi femminili. Grazie alle donne in Verdi si snodano e compiono vari sentimenti, racchiusi nei due estremi del sacrificio e dell’onore.
Ai suoi esordi come cantante lei ha dichiarato di avere fatto parte di una rock band. Porta qualcosa nella lirica di quel modo di cantare?
L’esperienza di aver cantato un genere diverso ti permette forse di non essere rigido e ottuso, non mi piace pensare che la lirica sia un mondo per pochi, vorrei anzi che fosse per tutti! Sono due mondi diversi, che spesso percorrono in momenti diversi la nostra vita.
È invitata a cena da Giuseppe Verdi a Villa Sant’Agata. Quali sono le domande che gli rivolgerà?
Prima dovrei trovare il coraggio di rivolgergli la parola! Poi gli chiederei “possiamo studiare insieme almeno una delle sue opere?”
Lei è nata a Mantova, città d’arte e di buona cucina, oggi siamo a Parma, altra capitale di gastronomia e cultura: ci vuole dare la la ricetta per fare una buona cantante?
A volte mi piace pensare che il colore brunito della mia voce sia dato dal fatto che ho mangiato tante cose buone fatte dalla mia mamma! Tortellini, tortelli di zucca, lasagne ecc.. Ma in realtà per fare una buona cantante serve la voce, lo studio, la dedizione, la serietà e – penso – anche un po’ di fortuna.
Con la emergenza sanitaria vengono organizzati sempre più spettacoli all’aperto, come nel caso del Festival Verdi 2020, un limite? Un vantaggio? Cosa cambia ad esempio nel canto amplificato rispetto a quello naturale di un teatro?
Dobbiamo ringraziare tutti i festival e le fondazioni che ci hanno permesso di ripartire, abbiamo imparato a cantare amplificati e spesso senza avere un ritorno della nostra voce. Personalmente spero di poter ritornare in teatro prima possibile, perché l’acustica, lo spazio e la suggestione del teatro sono insostituibili.
Un ruolo maschile che ama e che le piacerebbe interpretare per assurdo.
Da sempre il Conte di Luna!
Quali ruoli vorrebbe interpretare in futuro?
Leonora del Trovatore, Elisabetta del Don Carlo, Vitellia della Clemenza di Tito, Norma.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
Per il momento, dopo le varie cancellazioni, il primo impegno in teatro sarà a febbraio, ma non è stato ancora annunciato, seguirà il debutto di Otello a Barcellona a marzo, Stabat mater di Rossini e debutto di Faust a marzo e maggio; Bohème a Napoli a luglio.
FOTO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’ARTISTA.