Intervista ad Anna Maria Chiuri
Intervista a Anna Maria Chiuri, mezzo–soprano di fama internazionale, che gentilmente ha voluto dialogare con noi in questo difficile momento storico.
Sig.ra Chiuri, non possiamo non partire dalla drammatica situazione attuale che coinvolge tutti noi, le nostre famiglie, le attività produttive e anche i teatri. Come pensa che si evolverà la situazione e come si potrà rilanciare il teatro lirico?
Bella domanda. In questo momento di fermo totale di ogni attività penso che ci sia bisogno di riflettere e prendere coscienza di quello che siamo. Io sono una artista, una persona che ha dato e vorrebbe continuare a dare il proprio contributo alla divulgazione dell’arte canora classica e non solo. La priorità in questo momento è la salute della collettività. Il teatro non esiste senza pubblico, fa parte dello spettacolo. Penso che quando avremo raggiunto un livello accettabile di serenità si potrà parlare anche di rilancio del teatro e dell’arte. Spero che possano esserci persone competenti capaci e “cambiate” da questa tragica esperienza. Potrebbe essere una rinascita vera e propria nel rispetto delle competenze e dei meriti. Nella storia non ci sono mai lieti fine, solo momenti di crisi che passano.
All’inizio della sua formazione lei si è perfezionata con un grandissimo maestro: Franco Corelli. Un suo ricordo, ci racconti qualcosa di lui.
Credo che un grande artista sia tale quando è anche un grande uomo ed il ricordo che io conservo per il Maestro è quello di un artista umile e sempre alla ricerca del miglioramento. Amava profondamente la musica e l’opera e ne aveva un grandissimo rispetto; non amava il protagonismo, era schivo e timido. Si metteva a servizio della sua arte con la voce e con il pensiero. Era anche un uomo pratico: un giorno arrivai a casa sua e trovai tutti gli spartiti messi in ordine per terra sul tappeto. Lo coprivano completamente. Chiesi se stesse mettendo in ordine la libreria; mi rispose che stava cercando di appiattire le onde del tappeto.
Altoatesina di origine, diplomatasi poi nelle terre di Verdi al conservatorio Boito di Parma. Crede che le sue origini possano in qualche modo avere facilitato l’accesso al repertorio tedesco da lei abitualmente frequentato?
Essere nata in Alto Adige mi ha dato alcuni vantaggi: quello di aver potuto studiare musica fin da piccola frequentando la Scuola Musicale Tedesca imparando a suonare il pianoforte, quello di far parte di due cori e quello dell’obbligo scolastico di studiare il tedesco e l’inglese fin dalle elementari. Imparare una lingua straniera fin dall’infanzia è stato un notevole vantaggio che ora mi permette di avere un’ottima pronuncia. Amo il repertorio tedesco e poterlo frequentare è per me una grande gioia.
Proprio in questi giorni lei avrebbe dovuto prendere parte alla nuova produzione dì Salomè al Teatro Alla Scala con la direzione del Maestro Riccardo Chailly e la tanto attesa regia di Michieletto. Può parlarci diquesta produzione? Erano già in corso le prove prima della chiusura attuale del Teatro? Crede che vi siano probabilità di recupero delle recite?
Salomè è un’opera bellissima che ho già interpretato più volte. Questa produzione è molto attenta al rapporto familiare dei tre protagonisti, sopratutto quello tra madre e figlia e c’è anche il ricordo di Erode Filippo, il padre di Salomè. La lettura di Chailly mi piace: precisa, molto attenta alla parola ed alla ritmica. Michieletto dà una lettura registica chiara ma anche nuova. Non voglio dire molto anche perchè l’intenzione della Scala è di poter andare finalmente in scena appena possibile, quindi voglio lasciarvi la curiosità di poter venire ad assistere presto allo spettacolo. Abbiamo tutti bisogno di tornare a sognare.
Ritornando al repertorio tedesco, non possiamo dimenticare la sua partecipazione alla riscoperta di un titolo desueto del repertorio quale Violanta di Korngold. Ci parli di questa esperienza.
Non conoscevo Korngold se non per Die Tote Stadt. Ho scoperto un compositore davvero geniale, precoce (Violanta la compose all’età di 17 anni) e capace di atmosfere intime e melodie bellissime. L’opera Violanta è di breve durata ma è capace di dare spazio a tutta l’emozione e la tensione sentimentale di una ragazza così giovane. Cimentarmi in opere non di grande repertorio è una sfida che amo molto; avere pochi riferimenti precedenti è di grande stimolo alla ricerca interpretativa e vocale. Ho lavorato con grandi colleghi, anche loro tutti debuttanti nei loro ruoli, con Pierluigi Pizzi che ha creato atmosfere e personaggi molto ben definiti, dando così vita ad un dramma d’amore e morte veramente immortale. Pincas Steinberg, di origine ebrea come Korngold, ha diretto con grande passione; conobbe personalmente il compositore da bambino a Los Angeles quando Korngold frequentava la sua casa. La produzione è stata dedicata inoltre alla Giornata della Memoria ed il maestro Stainberg ha introdotto la prima recita con una intervista pre-rappresentazione offerta in palcoscenico direttamente al pubblico della prima. Una grande emozione.
Nella sua carriera anche tanto Puccini e Verdi. Quali sono le principali affinità e le principali differenze che interessano direttamente la sua vocalità tra i due autori?
Io mi considero di formazione puramente verdiana. Ho cantato tutti i ruoli verdiani per mezzo e per contralto e sento di aver plasmato la mia vocalità su queste melodie. Naturalmente è stato necessario tempo e maturità per affrontare ogni aspetto dei personaggi e rendere giustizia al genio delle Roncole. Imparare ed esprimere il proprio mondo attraverso i personaggi di Giuseppe Verdi è una ricerca senza fine. Egli è per me il compositore piu geniale in assoluto tanto da essere ancora molto di più; il suo grande amore per la moglie, le sventure terribili di aver perso i figli, le sue eterne melodie di amore e morte ed il vino lambrusco come suo unico “eccitante” mi insegnano quanto un artista sia prima di tutto un uomo semplice. Questo è ciò che lo rende immortale. Devo ogni mio suono ai suoi personaggi travagliati di madre, di regina innamorata, di favorita del re. Da Puccini invece mi lascio felicemente usare. Ritengo che non ci siano vere e proprie protagoniste mezzosoprano nelle opere del grande maestro, piuttosto dei personaggi che amplificano con la loro presenza e vocalità la drammaticità caratteriale della vera protagonista pucciniana che è senza dubbio il soprano. Frugola enfatizza, attraverso la sua felicità di donna amata e serena accanto al proprio uomo, l’infelicita’ totale di Giorgetta. La Zia Principessa, con la sua solitudine senza amore, illumina il cielo di eterno amore di Suor Angelica. Zita, zitella e vecchia, eleva Lauretta amata e donna nuova.
L’opera e il teatro di regia. Da anni si è affermato in maniera sempre più diffusa la cosiddetta regia moderna, specialmente nel repertorio tedesco. Qual è il suo pensiero in merito? Esistono opere che sono legate solo a regie tradizionali o meglio si adattano a regie moderne?
Ogni opera lirica è nella sua partitura perfettamente compiuta. Come esistono interpreti capaci di portare alla luce i sentimenti e le passioni dei personaggi, così ci sono registi capaci di creare le giuste atmosfere rimanendo fedeli alle tradizioni. A volte però riescono anche a ricollocare gli argomenti in spazi e tempi diversi dagli originali. Non sto cercando di essere politically correct, personalmente non ho avuto esperienze particolarmente spiacevoli. Ciò che però considero nocivo per il teatro d’opera sono le regie che hanno bisogno di essere spiegate: il pubblico non ha il tempo delle prove per comprendere il perchè di certe scelte, ma ha diritto di intuire immediatamente ciò che l’autore voleva comunicare, senza essere confuso.
Quali sono i ruoli che le piacerebbe debuttare? Ha mai pensato anche ad altri ruoli di altre vocalità che ritiene particolarmente affascinanti?
Mi piacerebbe molto interpretare il ruolo di Dalila, l’ho fatta in forma di concerto, mai in palcoscenico. Waltraute, Venus, Kundry e Brangäne sono i ruoli wagneriani che mi mancano. Die Amme in Die Frau ohne Schatten di Strauss, Der Komponist in Arianna a Nasso, Giovanna d’Arco di Tchaikovskjy, Charlotte in Wether di Massenet; ma a parte questo elenco mi piacerà esplorare ogni ruolo che la mia voce mi permetterà di affrontare.Se fossi tenore vorrei essere un interprete mozartiano: Tamino, Belmonte del Ratto dal Serraglio, Don Ottavio, Idomeneo.Come baritono sarei verdiano; come basso amerei cantare Oroveso, Zaccaria, Filippo II ma anche Grinbald nel King Arthur di Purcell, Zoroastro in Orlando di Haendel, Caronte nell’Orfeo di Monteverdi ed il meraviglioso ruolo di Seneca ne L’Incoronazione di Poppea.Per il resto sono felice di essere l’antagonista del soprano; hanno bisogno di essere arginate da qualcuno no?
Per concludere dove potremmo ascoltarla prossimamente?
Bella domanda: avremo un prossimamente a breve? Io credo di sì ma ora abbiamo necessità di prenderci cura di chi soffre. Il futuro mi offre Erodiade in Scala, Aida al San Carlo di Napoli e in Arena di Verona, Una Donna in Intolleranza 1960 al Festival di Salisburgo ed al Teatro Alla Scala, Eboli in Don Carlo a Tokyo. Donne “d’azione” direi, anche troppo a volte. “Se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi ad un uomo. Se però vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi ad una donna.” Parole della Lady di Ferro, Margareth Tatcher.
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